La triste sorte del Cardinale George Pell, vittima di una vergognosa ingiustizia australiana, ma non sola

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Continuo a ricordare che la follia che stiamo vivendo non riguarda numeri ma di persone, che dobbiamo restare umani e che non dobbiamo dimenticare, che ci sono persone che soffrono, non solo a causa del Coronavirus. Una di queste è il Cardinale Georg Pell. Voglio dare atto del coraggio dell’amico e collega Marco Tosatti, per aver ricordato che “i drammi che stiamo vivendo in questi giorni non devono farci dimenticare la triste – e scandalosa, a nostro avviso – vicenda del Cardinale George Pell, condannato per un presunto abuso sulla base della sola parola dell’accusatore, senza prove o testimonianze a favore dell’accusa, e contro testimonianze e evidenze che invece lo scagionerebbero. Pell è rinchiuso in un carcere di alta sicurezza, in attesa che l’Alta Corte di giustizia, che ha esaminato il suo caso e il suo appello si esprima, in una data che non è stata fissata. Il che, vista la situazione, potrebbe essere una buona notizia per il cardinale…”. Per Radio Roma Libera, il primo podcast cattolico italiano, Tosatti ho fatto una riflessione che condivido.

GEORGE PELL. IL RINVIO DEL VERDETTO PUÒ NON ESSERE UN MALE…
di Marco Tosatti
Stilum Curiae, 1° aprile 2020

La scorsa settimana l’Alta Corte di giustizia australiana ha esaminato il ricorso del cardinale George Pell, e si è riservata di dare una risposta, in una data che non è stata fissata. Volendo essere moderatamente ottimisti, si può dire che questo rinvio potrebbe essere un segnale a favore di Pell. In un processo così evidentemente politico, contro Pell stesso e contro la Chiesa, in un’atmosfera nei mass media e nel pubblico australiano – eccitato dai mass media – molto vicina al linciaggio, l’Alta Corte potrebbe aver avuto paura di emettere una sentenza favorevole al cardinale, scegliendo un momento meno carico di aspettative e tensioni per farlo.
In realtà ci sono quattro possibilità aperte.
La prima, la peggiore, e quella che sancirebbe un’ingiustizia massima, sarebbe la conferma della condanna in primo grado e della condanna in appello. Se questo avvenisse, si potrebbe dire che è stato commesso qualche cosa di gravissimo, nella giustizia australiana: la condanna di un uomo sulla sola base dell’accusa della sua presunta vittima, non supportata da prove o testimonianze.
La seconda opzione consiste nel concedere Pell un congedo speciale, per fare ricorso in appello in modo che la sua causa venga rivista, ribaltando la condanna e rendendogli immediatamente la libertà. Attualmente Pell è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, in cui non può celebrare la messa (il vino è proibito).
Giovedì 12 marzo l’accusa, che difendeva la condanna di Pell all’Alta Corte si è trovata più volte in seria difficoltà, di fronte alle domande pressanti dei giudici. Che cercavano di stabilire se in realtà Pell fosse stato condannato al di là di ogni ragionevole dubbio, nonostante la testimonianza incontestata di oltre 20 testimoni che hanno negato la versione dei fatti dell’accusa. E se era stata presa in considerazione la dichiarazione dell’ex assistente di Pell, mons. Charles Portelli. Portelli ha detto che Pell era sulla scalinata della cattedrale di Melbourne al momento del presunto reato, e che la sacrestia della cattedrale – dove Pell avrebbe abusato simultaneamente di due adolescenti mentre era ancora completamente vestito per la messa – era piena di gente. Fra l’altro, l’accusatore ha cambiato varie volte la data del presunto abuso: ha suggerito giorni, mesi e persino anni diversi…
All’inizio della sessione, il giudice Bell ha detto che “mentre è compito della giuria valutare la credibilità sulla base del comportamento del testimone, ci possono essere occasioni in cui le prove del testimone contengono tali incongruenze o improbabilità che si può dire di quella prova: la sua natura e qualità non sono sufficienti a sostenere una conclusione di colpevolezza secondo lo standard criminale”.
Una terza opzione potrebbe essere quella di rinviare l’esame del caso alla Corte di Appello, che aveva giudicato contro Pell, nonostante l’opposizione di uno dei giudici, Mark Weinberg, che ha scritto una memoria di oltre duecento pagine per dimostrare che non era possibile e ragionevole confermare la condanna. Se il caso fosse restituito alla Corte d’Appello di Victoria non è chiaro se sarebbe trattato dagli stessi tre giudici della sessione precedente.
Il quarto possibile risultato per Pell sarebbe che l’Alta Corte ritenesse che sia la giuria che la Corte d’Appello avessero preso decisioni “irragionevoli” contro Pell, ma ordinasse un nuovo processo completo, rimandando di fatto la battaglia legale di tre anni all’inizio. In questo caso Pell tornerebbe libero, e dovrebbe ripercorrere l’iter in tribunale…Ma questo avrebbe un punto vantaggioso: si sposterebbe l’attenzione, finalmente, sulle prove concrete, e sugli elementi che finora sono stati nascosti al grande pubblico. E intanto Pell attende, sempre in prigione…

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