Ostensione straordinaria della Sindone di Torino nel 2020

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In occasione del prossimo 43° Incontro Internazionale della Comunità di Taizé dal 28 dicembre 2020 al 1° gennaio 2021 a Torino, a soli cinque anni dall’ultima ostensione – tra le più partecipate e vissute dai pellegrini di tutto il mondo, arrivati in oltre due milioni, la Sacra Sindone sarà nuovamente esposta. L’annuncio è stato dato dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia.

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Anche se la Chiesa non ha mai preso una posizione ufficiale e definitiva sul mistero che avvolge il Sacro Lino, i Papi hanno sempre avuto una speciale considerazione per la reliquia, a cominciare da Paolo II (1464-1471) e dal suo successore Sisto IV (1471-1484), che avevano eretto a Chambéry, a quel tempo capitale del ducato dei Savoia, una collegiata e avevano riconosciuto il titolo di Santa Cappella alla chiesa dove era custodita la Sindone. Sisto IV riconobbe che “il vero sangue e l’immagine di Gesù Cristo si vedono sulla Sindone”.

Giulio II (1503-1516) approvò nel 1506 la prima ufficiatura e Messa della Sindone, fissando al 4 maggio la festa, autorizzandone così il culto come reliquia.

Pio VII (1800-1823), visitò la Sacra Sindone il 13 novembre 1804 durante una ostensione privata in occasione del suo passaggio a Torino alla volta di Parigi per l’incoronazione di Napoleone e il 21 maggio 1815 durante una ostensione solenne quando ritornò nella capitale sabauda durante i tumultuosi “cento giorni” dell’imperatore francese.

Pio XI (1922-1939) affermò: “Non sono proprio immagini di Maria santissima, ma del Divin Figlio suo: esse vengono proprio da quell’ancor misterioso oggetto, ma certamente non di fattura umana, questo si può dir già dimostrato, che è la santa Sindone di Torino”.

Pio XII (1939-1958) affermò: “Torino custodisce come prezioso tesoro la Santa Sindone che mostra l’immagine del corpo esanime e del Divino Volto affranto di Gesù”.

Giovanni XXIII (1958-1963) da sacerdote visitò più volte la Sindone, per la prima volta il 18 maggio 1905, di ritorno da un pellegrinagio a Lourdes, Lione, Paray-le-Monial e Ars; da arcevesco il 27 settembre 1933 per l’ostensione dal 24 settembre al 15 ottobre 1933; Nunzio Apostolico a Parigi torna alla Cappella il 3 agosto 1948, il 24 maggio e il 13 ottobre 1950, il 2 settembre 1952 e per il Congresso eucaristico del 1953. Come Patriarca di Venezia riceve il 16 febbraio 1956 i “Cultores sanctae Sindonis” di varie nazioni che gli presentano una documentazione fotografica della Sindone e esclama: “Digitus Dei es hic – Qui c’è il dito di Dio”.

Paolo VI (1963-1978) incrocia più volte la Sindone ma non la vide mai. Nel 1931 ne ammira un’immagine e ne resta colpito. Nel 1939, in Segreteria di Stato, collabora a trovarle un rifugio a Montevergine (Avellino). Per l’ostensione del 1978 il 29 giugno parla di “insigne reliquia”. Nel messaggio che accompagnò l’ostensione televisiva della Sindone la sera del 23 novembre 1973 disse: “Qualunque sia il giudizio storico e scientifico che valenti studiosi vorranno esprimere circa codesta sorprendente e misteriosa reliquia, noi non possiamo esimerci dal fare voti che essa valga a condurre i visitatori non solo a un’assorta osservazione sensibile dei lineamenti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma possa altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondito e affascinante mistero». «Io guardo quel volto – conclude Paolo VI – e tutte le volte che lo guardo il cuore mi dice: è Lui. È il Signore”.

Giovanni Paolo I (1978) il 26 agosto 1978 è eletto papa nella stessa ora in cui a Torino comincia l’ostensione. Il 5 settembre con una lettera conferma “l’iniziativa pastoralmente encomiabile dell’ostensione” e auspica che “la ‘lettura’ del singolare documento possa avviare a una meditazione dei patimenti dell’Uomo dei dolori”.

Giovanni Paolo II (1978-2005), ancora cardinale si recò a Torino in occasione dell’ostensione del settembre 1978, poche settimane prima del Conclave che lo avrebbe eletto papa. Considerò la Sacra Sindone una provocazione all’intelligenza. A e la chiamò “una stupefacente testimonianza che ci parla, nel suo silenzio, in maniera meravigliosa. Finalmente ho avuto la grazia di poter vedere questa reliquia che ho sempre solo letta descritta sui libri, e da questa visita sono rimasto molto impressionato”. Nell’omelia durante la sua prima visita da pontefice alla Sindone il 13 aprile 1980, si espresse con queste parole: “Una reliquia insolita e misteriosa, singolarissimo testimone – se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati – della Pasqua, della Passione, della Morte e della Risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente”. Fu poi nuovamente davanti alla Sindone in forma privato e in pellegrinaggio ufficiale il 24 maggio 1998 e non era più in grado di pronunciare il discorsi in cui disse “Questo è un documento che sembrava aspettasse i nostri tempi”.

Benedetto XVI (2005-2013), ancora cardinale venne a Torino come pellegrino nel 1998. Commentando l’XI Stazione della Via Crucis al Colosseo del 2005 disse: “Gesù è inchiodato sulla croce. La Sindone di Torino ci permette di avere un’idea dell’incredibile crudeltà di questa procedura”. Nel suo intervento al Meeting di Rimini del 2002 disse: “Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine – la Sacra Sindone di Torino può farci immaginare tutto questo in maniera toccante. Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva sino alla fine e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza”. Il 2 maggio 2010 pregò come papa davanti al “simbolo dell’umanità oscurata del XX secolo”, “il mistero che spinge a cercare il volto di Dio” e sussurrò: “Pater noster”, contemplando il “messaggio di questa straordinaria icona”, simbolo del Sabato santo, del “nascondimento di Dio”, ma anche prefigurazione della sua resurrezione. Definì la Sindone “un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù, il quale, crocifisso verso mezzogiorno, spirò verso le tre del pomeriggio”. Però se “l’immagine impressa è quella di un morto, il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato”.

Papa Francesco (2015-) nel suo video messaggio in occasione dell’ostensione straordinaria della Sindone del 30 marzo 2013 si è soffermato sul paradosso della Sindone, testimone silenzioso eppure eloquente: “Questo Volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché l’Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazareth. Questa immagine – impressa nel telo – parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore. Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore”. In occasione della sua visita a Torino, il 21 giugno 2019 si è trattenuto a lungo in silenzio in contemplazione del Sacro Telo, che “parla al nostro cuore, ci spinge a salire il monte Calvario, a guardare la croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore”.

Foto: San Giovanni Paolo II pellegrino davanti alla Sacra Sindone a Torino, il 24 maggio 1998.

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