Da L’Aquila per una Chiesa in uscita

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Sabato 28 settembre la diocesi de L’Aquila ha aperto l’anno diocesano con l’incontro con don Francesco Cosentino, officiale della Congregazione per il Clero, sul tema ‘Tema: Per una Chiesa in uscita che testimonia il Vangelo’. Dopo una prima parte biblico-teologica sul verbo ‘uscire’, don Cosentino ha presentato tre grandi sfide su cui riflettere e operare un discernimento comunitario: la conversione della parrocchia in senso missionario; il secondo annuncio per coloro che si sono disaffezionati dalla fede; la testimonianza della comunione.

Analizzando il verbo sotto l’aspetto biblico don Cosentino ha affermato che il verbo è un’azione di Dio: “Una prima osservazione di natura teologica. Istintivamente, oggi pensiamo che il verbo ‘uscire’ sia da accostare alla Chiesa; in realtà, però, la Chiesa impara da Dio il verbo ‘uscire’. Non siamo noi primariamente a essere ‘in uscita’, ma uscire è invece il verbo principale di Dio, l’azione principale che Dio compie.

Propriamente questa è la grandezza della fede che noi professiamo: non abbiamo un Dio astratto, lontano, che ci comanda alcune cose dall’alto, ma abbiamo un Dio che si mescola con il Suo popolo, che ascolta il grido d’oppressione dell’umanità e scende per liberarlo, che pur essendo Dio decide di piantare la sua tenda in mezzo a Israele, che cammina con le fatiche e i travagli del popolo attraverso una colonna di fuoco e una nube luminosa, e che nella pienezza dei tempi si fa carne, volto e sangue come noi e in mezzo a noi, in Gesù Cristo”.

Dio ‘esce’ perché è innamorato dell’uomo: “Dio è un pellegrino innamorato, pro-teso verso l’umanità; Egli ‘esce’ da se stesso per venirci incontro con il dono della Sua vita; esce nel Giardino dell’Eden per cercare Adamo che si è smarrito, esce per parlare al Suo popolo rivolgendo ad Abramo il comando di ‘uscire’ dalla propria terra; esce, squarciando i cieli, per raccogliere il grido di Israele e liberarlo dalla schiavitù dell’Egitto. Infine, esce manifestandosi in Gesù Cristo Suo Figlio e guidando come Dio dell’esodo, il nostro uscire dalla morte verso la vita eterna”.

Di conseguenza anche la Chiesa è in ‘uscita’: “La Chiesa in uscita è anzitutto una Chiesa che rimette al centro il primato dell’annuncio del Vangelo. La Chiesa esiste solo per evangelizzare, non per organizzarsi in strutture e programmi astratti al fine di conquistare spazi sociali e rilevanze politiche nel mondo o, semplicemente, per garantire un culto personale verso Dio.

Viceversa, come afferma il teologo tedesco Metz, la Chiesa esiste per ricordare e trasmettere al mondo la ‘memoria pericolosa’ di Gesù di Nazareth, che ha svelato il volto del Dio dell’amore che prende parte alla storia degli uomini dalla parte dei poveri, degli esclusi e degli oppressi, annunciando la potenza del Regno di Dio; e si tratta di una forma pubblica, quindi comunitaria, di quella memoria, e non di un luogo dove ciascuno va a servirsi da solo e va a soddisfare il proprio bisogno di pregare”.

Riprendendo l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ l’officiale ha esortato ad annunciare con gioia il Vangelo: “Si tratta di uscire, allora, anche dal nostro cristianesimo abitudinario, comodo e tranquillo, per sentire in noi la passione dell’annuncio del Vangelo, che soprattutto nel nostro contesto occidentale, segnato dall’indifferenza religiosa e da un secolarismo che ha in qualche modo reso irrilevante la domanda su Dio, non può essere più appannaggio dei solo presbiteri, ma deve coinvolgere l’esistenza concreta di tutti i battezzati: dentro la comunità, ma anche fuori, nella vita civile, a servizio della polis, della politica, delle relazioni sociali, del bene comune.

Si tratta di andare incontro all’uomo del nostro tempo, ovunque egli si trovi, laddove lotta, soffre e spera, laddove sono i suoi sogni più profondi e le sue domande più vere, per far si che tutti possano incontrare Gesù e la gioia del Vangelo”.

Quindi ha delineato il ruolo della parrocchia: “Ciò che sarebbe auspicabile è una pastorale d’evangelizzazione che su alcune dimensioni dell’annuncio di fede è capace di creare sinergie; a partire da contenuti e obiettivi comuni, potrebbero essere generate iniziative e proposte per l’annuncio del Vangelo capaci di coinvolgere una zona, una vicaria o perfino l’intera diocesi, affiancandosi alla pastorale ordinaria di ogni singola parrocchia…

La parrocchia, in tal caso, non sarebbe il punto di partenza di un’attività pastorale organizzata attorno a se stessa, ma una comunità al servizio di un progetto pastorale d’insieme più grande. Tale conversione pastorale della parrocchia sarà possibile, però, solo a partire da una maggiore formazione del laicato, dalla coscienza che tutti i battezzati siamo chiamati alla missione e da una speciale attenzione alla formazione dei preti che, di fatto, siamo stati educati a lavorare in modo solitario e autoreferenziale”.

E questa prospettiva esige una nuova ‘visione’: “Ciò esige, prima di ogni cambiamento delle strategie pastorali, un cambiamento di mentalità, dal momento che siamo abituati a lavorare solo individualmente, sia preti che laici; e naturalmente, un cambiamento spirituale, che ci apra all’amore di Dio facendoci diventare attori e protagonisti della mistica dell’incontro”.

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