Milano ricorda don Vittorione

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La vita che, se è coerente con la luce della rivelazione, non può essere illuminata solo da un bagliore momentaneo, per quanto straordinario. L’esistenza che non può esaurirsi nell’emozione di un momento, ma che deve farsi vocazione e speranza anche nella tribolazione e di fronte al dolore del mondo:

“Chi vede la grande luce vibra di una emozione, di un entusiasmo, di una gioia sorprendente e però vera, immeritata eppure attesa, nuova eppure da sempre necessaria. La grande luce può essere l’incontro con una povertà sconosciuta, può essere una esperienza di preghiera che diventa esperienza mistica, può essere l’incontro con una persona straordinaria. La luce che sorge e che per un istante fa vedere il mondo e la storia in un modo mai prima sperimentato può avere manifestazioni diverse, ma sempre suscita una emozione intensa”,

così si è espresso l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, a Varese nel celebrare il XXV anniversario della morte di don Vittorio Pastori (il famoso ‘don Vittorione), tracciando l’esemplarità cristiana, fondatore di due organizzazioni non governative: ‘Cooperazione e Sviluppo Ong’, nata nel 1982 e ‘Africa Mission’, sorta dieci anni prima.

Due associazioni, parte dell’unico movimento frutto dei tanti viaggi in Africa di Vittorio Pastori, ristoratore di grande successo, poi ordinato sacerdote nel 1984, legato da profonda amicizia e affinità spirituale a mons. Enrico Manfredini, vescovo di Piacenza (che lo portò appunto con sé nella città emiliana come economo) e, infine, per pochi mesi, arcivescovo di Bologna.

Dopo il suo personale ringraziamento per un ‘uomo di straordinaria generosità e intraprendenza che muove all’imitazione’, l’omelia dell’arcivescovo è un invito a sfuggire alle tenebre per aprirsi alla luce della speranza. Seguendo la pagina del Vangelo di Matteo l’arcivescovo ha affermato:

“Uomini e donne hanno talora l’impressione di abitare in regioni e ombra di morte. La terra appare desolata, tribolata, pericolosa, segnata da una malattia che non lascia speranza e mortale. Ma una luce è sorta, appare uno splendore, una gloria: questo permette di vedere la vita in un modo nuovo, splendido, glorioso.

Chi vede la grande luce vibra di un’emozione, di un entusiasmo, di una gioia sorprendente e però vera, immeritata, eppure attesa, nuova, eppure da sempre necessaria”.

Dello splendore della luce tutti possono fare esperienza, come è successo a don Vittorione: “Per alcuni la luce, così come in un istante è apparsa, in un istante scompare: è stato bello, è stato emozionante, abbiamo qualche cosa da raccontare, ma è un passato terminato. Forse rimane un ricordo, ma la vita poi continua ad abitare nella regione e nell’ombra di morte. Per altri, invece, la rivelazione sorprendente e inaspettata cambia la vita, convince ad aprire gli occhi e a guardare la realtà in un modo nuovo e a intraprendere nuovi cammini”.

Il ‘ristoratore’ missionario indica la strada: “Don Pastori ha testimoniato di aver visto una luce. La rivelazione è stato, per lui, il primo viaggio in Uganda, un episodio che si è chiuso… L’annuncio del Regno ha la potenza di trasformare la vita di convertire l’animo umano. Significa l’invito a vivere una vita nuova, a cambiare vita, a considerare la vita non come una sistemazione, ma come una vocazione, non come una carriera per conquistare un successo o un consenso, ma come un’obbedienza che conduce a salvezza”.

Ed ha consegnato alla città di Varese l’urgenza che ha sentito don Vittorione, quello di uno stile di vita coerente: “La perseveranza nel rispondere alla vocazione ha bisogno di pazienza e di speranza: la pazienza è un modo di resistere alla tribolazione, una tenacia che fa fronte, una considerazione delle tribolazioni che le ridimensiona perché si affida alla promessa.

Se siamo nella tribolazione, ma viviamo coerentemente con la luce che abbiamo ricevuto, non siamo autorizzati a lamentarci, a deprecare il tempo in cui viviamo, a formulare analisi dettate da un pessimismo che non vede vie di uscita e porta alla rassegnazione. La tribolazione produce pazienza che porta virtù, che a sua volta, genera speranza.

La nostra preghiera per don Vittorione, la nostra ammirazione per quello che ha fatto e per quello che ‘Africa Mission’ continua a fare, la riconoscenza e la documentazione su questo frammento della storia della solidarietà internazionale, non si limiti a una celebrazione, ma sia come un bagliore che dissipa la tenebra e ci permette di vedere il mondo in un mondo nuovo. Questo bagliore è rapido come un’emozione, ma noi avvertiamo in questa emozione una vocazione. E siamo decisi a portarla a compimento”.

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