Papa Francesco per un’Europa unita

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Papa Francesco ha concluso il viaggio apostolico in Romania e, subito dopo il suo arrivo a Roma, come d’abitudine, si è recato alla Basilica Santa Maria Maggiore per una preghiera di ringraziamento ai piedi dell’icona della Salus populi romani.

E nel consueto incontro con i giornalisti che lo hanno accompagnato nel viaggio il papa ha affidato un appello per l’Europa: “So che alcuni di voi siete credenti, altri non tanto. Ai credenti chiedo: ‘pregate per l’Europa’. Ai non credenti dico: ‘esprimete il desiderio perché l’Europa torni ad essere il sogno dei padri fondatori’”.

Rispondendo alle domande papa Francesco ha sottolineato che chi emigra lo fa per necessità: “Prima di tutto, questo mi fa pensare all’amore della famiglia, perché distaccarsi in due, in tre non è una cosa bella. C’è sempre la nostalgia di ritrovarsi. Ma distaccarsi perché non manchi niente alla famiglia è un atto d’amore.

Nella Messa di ieri abbiamo sentito l’ultima petizione di quella signora che lavorava all’estero per aiutare la famiglia. Sempre un distacco così è doloroso. Ma perché se ne vanno? Non per fare turismo, per necessità. Necessità. E tante volte, non è perché il Paese non trovi… Tante volte sono risultati di una politica mondiale che incide su questo. So che è la storia del tuo Paese, dopo la caduta del comunismo…

Poi tante tante imprese straniere hanno chiuso per aprire all’estero per guadagnare di più. Chiudere oggi un’impresa è lasciare gente sulla strada. E anche questa è un’ingiustizia mondiale, generale, di mancanza di solidarietà. E’ una sofferenza. Come lottare? Cercando di aprire fonti di lavoro. Non è facile; non è facile nella situazione mondiale attuale delle finanze, dell’economia”.

Quindi ha sottolineato l’ingiustizia verso chi è costretto a migrare per mantenere la famiglia: “Ma pensate che voi avete un livello di nascite impressionante: qui non si vede l’inverno demografico che vediamo in Europa. E’ un’ingiustizia non potere avere fonti di lavoro per tanti giovani.

E per questo auguro che si risolva questa situazione che non dipende soltanto dalla Romania, ma dall’ordine mondiale finanziario, da questa società del consumismo, dell’avere di più, del guadagnare di più… E tanta gente rimane lì, sola. Non so, questa è la mia risposta: un appello alla solidarietà mondiale in questo momento in cui la Romania ha la presidenza dell’Unione Europea, guardarla un po’”.

Poi ha risposto ad una domanda che chiedeva il significato di un cammino in comune: “In genere, io direi, il rapporto della mano tesa, quando ci sono dei conflitti. Oggi un Paese in sviluppo con un alto livello di nascite come voi, con questo futuro, non può permettersi il lusso di avere nemici dentro. Si deve fare un processo di avvicinamento, sempre: tra le diverse etnie, le diverse confessioni religiose, soprattutto le due cristiane…

Questa è la prima cosa: sempre la mano tesa, l’ascolto dell’altro. Con l’Ortodossia: voi avete un grande Patriarca, un uomo di grande cuore e un grande studioso. Conosce la mistica dei Padri del deserto, la mistica spirituale, ha studiato in Germania… E’ anche un uomo di preghiera. E’ facile avvicinarsi a Daniel, è facile, perché io lo sento fratello e noi abbiamo parlato come fratelli…

Camminare insieme, e questo è già unità dei cristiani. Ma non aspettare che i teologi si mettano d’accordo per arrivare all’Eucaristia. L’Eucaristia si fa tutti i giorni con la preghiera, con la memoria del sangue dei nostri martiri, con le opere di carità e anche volendosi bene”.

Infine ha risposto ad una domanda sull’Europa: “Tutti siamo responsabili dell’Unione Europea, tutti. E questa circolazione della presidenza non è un gesto di cortesia come ballare il minuetto: tocca a te, tocca a te. No. E’ un simbolo della responsabilità che ognuno dei Paesi ha nei riguardi dell’Europa. Se l’Europa non guarda bene le sfide future, l’Europa appassirà. Mi sono permesso di dire, a Strasburgo, che sento che l’Europa sta cessando di essere la ‘madre Europa’ e sta diventando la ‘nonna Europa’.

Si è invecchiata. Ha perso il desiderio di lavorare insieme. Forse, di nascosto, qualcuno si può fare la domanda: ‘Ma non sarà questa la fine di un’avventura di 70 anni?’ Bisogna riprendere lo spirito dei Padri fondatori: riprendere questo. L’Europa ha bisogno di sé stessa, di essere sé stessa, della propria identità, della propria unità, e superare con questo, con tante cose che la buona politica offre, superare le divisioni e le frontiere.

Stiamo vedendo delle frontiere, in Europa: questo non fa bene. Nemmeno frontiere culturali, non fanno bene. E’ vero che ogni Paese ha la propria cultura e deve custodirla, ma con lo spirito del poliedro: c’è una globalizzazione dove si rispettano le culture di tutti, ma tutti uniti.

Ma per favore, l’Europa non si lasci vincere dal pessimismo o dalle ideologie, perché l’Europa, in questo momento, è attaccata non con cannoni o bombe, ma con ideologie: ideologie che non sono europee, che vengono da fuori o nascono in gruppetti europei, ma non sono grandi.

Pensate all’Europa, divisa e belligerante, del ’14 e del ’32-’33 fino al ’39, quando è scoppiata la guerra: ma non torniamo a questo, per favore! Impariamo dalla storia. Non cadiamo nella stessa buca”.

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