Papa Francesco: la carità è strumento dell’amore di Dio

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Ricevendo i partecipanti alla Assemblea Generale di Caritas Internationalis papa Francesco ha evidenziato che la carità non è un reparto logistico della Chiesa secondo la decisione di san Giovanni Paolo II: “Infatti, san Giovanni Paolo II volle conferire a Caritas Internationalis la personalità giuridica canonica pubblica, chiamandovi a condividere la missione stessa della Chiesa nel servizio della carità”.

E si è soffermato su tre punti fondamentali, quali carità, sviluppo integrale e comunione: “Considerata la missione che la Caritas è chiamata a svolgere nella Chiesa, è importante tornare sempre a riflettere assieme sul significato della stessa parola carità. La carità non è una sterile prestazione oppure un semplice obolo da devolvere per mettere a tacere la nostra coscienza. Quello che non dobbiamo mai dimenticare è che la carità ha la sua origine e la sua essenza in Dio stesso; la carità è l’abbraccio di Dio nostro Padre ad ogni uomo, in modo particolare agli ultimi e ai sofferenti, i quali occupano nel suo cuore un posto preferenziale”.

Quindi la carità è lo strumento dell’amore di Dio: “Se guardassimo alla carità come a una prestazione, la Chiesa diventerebbe un’agenzia umanitaria e il servizio della carità un suo ‘reparto logistico’. Ma la Chiesa non è nulla di tutto questo, è qualcosa di diverso e di molto più grande: è, in Cristo, il segno e lo strumento dell’amore di Dio per l’umanità e per tutto il creato, nostra casa comune”.

Quindi la carità è necessaria per lo sviluppo integrale dell’uomo: “Nel servizio della carità è in gioco la visione dell’uomo, la quale non può ridursi a un solo aspetto ma coinvolge tutto l’essere umano in quanto figlio di Dio, creato a sua immagine. I poveri sono anzitutto persone, e nei loro volti si cela quello di Cristo stesso.

Essi sono sua carne, segni del suo corpo crocifisso, e noi abbiamo il dovere di raggiungerli anche nelle periferie più estreme e nei sotterranei della storia con la delicatezza e la tenerezza della Madre Chiesa. Dobbiamo puntare alla promozione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini affinché siano autori e protagonisti del proprio progresso”.

Ed infine la comunione: “La terza parola è comunione, che è centrale nella Chiesa, definisce la sua essenza. La comunione ecclesiale nasce dall’incontro con il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che, mediante l’annuncio della Chiesa, raggiunge gli uomini e crea comunione con Lui stesso e con il Padre e lo Spirito Santo”.

La comunione sostiene la carità, come afferma il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: “E’ la comunione in Cristo e nella Chiesa che anima, accompagna, sostiene il servizio della carità sia nelle comunità stesse sia nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo. In questo modo, la diakonia della carità diventa strumento visibile di comunione nella Chiesa. Per questo, come Confederazione siete accompagnati dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ringrazio per il lavoro che svolge ordinariamente e, in particolare, per il sostegno alla missione ecclesiale di Caritas Internationalis.

Ho detto che siete accompagnati: non siete ‘sotto’. Riprendendo questi tre aspetti fondamentali per vivere nella Caritas, ossia la carità, lo sviluppo integrale e la comunione, vorrei esortarvi a viverli con stile di povertà, di gratuità e di umiltà”.

Il papa ha invitato a vivere la carità anche nei rapporti interpersonali: Non si può vivere la carità senza avere relazioni interpersonali con i poveri: vivere con i poveri e per i poveri. I poveri non sono numeri ma persone. Perché vivendo con i poveri impariamo a praticare la carità con lo spirito di povertà, impariamo che la carità è condivisione. In realtà, non solo la carità che non arriva alla tasca risulta una falsa carità, ma la carità che non coinvolge il cuore, l’anima e tutto il nostro essere è un’idea di carità ancora non realizzata”.

Concludendo l’incontro ha invitato a stare a non cadere in una carità ipocrita: “Occorre essere sempre attenti a non cadere nella tentazione di vivere una carità ipocrita o ingannatrice, una carità identificata con l’elemosina, con la beneficienza, oppure come ‘pillola calmante’ per le nostre inquiete coscienze. Ecco perché si deve evitare di assimilare l’operato della carità con l’efficacia filantropica o con l’efficienza pianificatrice oppure con l’esagerata ed effervescente organizzazione”.

Infatti la carità è una virtù: “Essendo la carità la più ambita delle virtù alla quale l’uomo possa aspirare per poter imitare Dio, risulta scandaloso vedere operatori di carità che la trasformano in business: parlano tanto della carità ma vivono nel lusso o nella dissipazione oppure organizzano Forum sulla carità sprecando inutilmente tanto denaro.

Fa molto male constatare che alcuni operatori di carità si trasformano in funzionari e burocrati. Ecco perché vorrei ribadire che la carità non è un’idea o un pio sentimento, ma è l’incontro esperienziale con Cristo; è il voler vivere con il cuore di Dio che non ci chiede di avere verso i poveri un generico amore, affetto, solidarietà, ecc., ma di incontrare in loro Lui stesso, con lo stile di povertà”.

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