Il card. Sandri ha celebrato i funerali del card. Sfeir

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Nella scorsa settimana il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha partecipato in Libano ai funerali di Sua Beatitudine, card. Nasrallah Boutros Sfeir, patriarca emerito di Antiochia dei Maroniti. Nell’omelia, il prefetto ha ricordato alcuni tratti del patriarca, come uomo di Dio, che in Lui ha sempre posto la sua fiducia e la sua forza, tratto che ha sempre mantenuto sia negli anni del governo patriarcale come in quelli successivi e più recenti del suo ritiro come emerito:

“La forza che viene da Dio, ottenuta tramite l’abbandono fiducioso nelle braccia della Vergine Maria, tenendo in mano la ‘catena che ci lega al cielo’, il santo rosario, come le foto lungo la strada lo ritraevano. L’uomo di Dio che è stato anche l’uomo della Chiesa, maronita anzitutto, che ha amato e servito, con paternità ferma, guidandola ed accompagnandola anche negli anni difficili della guerra e dell’occupazione siriana, mostrandosi così anche l’uomo del Libano, di cui ha sempre difeso l’integrità e l’indipendenza, vivendo e promuovendo il dialogo tra le componenti della società, a livello ecumenico, interreligioso e sociale. Ma tutte queste tappe sono state vissute mantenendo una grande umiltà, la stessa che lo ha portato un giorno a riconoscere di non avere più le forze necessarie per guidare il Patriarcato, decidendo ben prima che qualcuno potesse chiedergliele, di presentare la sua rinuncia al governo Patriarcale nelle mani del Santo Padre Benedetto XVI”.

Il card. Sandri ha concluso la breve riflessione ricordando che il suo episcopato è passato anche attraverso la preghiera del card. Sfeir, che nell’ottobre del 1997 fu presente all’ordinazione episcopale di mons. Sandri nominato Nunzio Apostolico in Venezuela, imponendogli le mani prima della preghiera consacratoria. Al termine del rito, la bara è stata sollevata dai sacerdoti, che l’hanno innalzata mentre veniva cantato il canto che è utilizzato per l’intronizzazione del nuovo patriarca, e così è stata accompagnata alla sepoltura nella cripta della sede patriarcale di Bkerke.

Nel telegramma alle autorità papa Francesco lo ha definito ‘uomo libero’: “Uomo libero e coraggioso, il card. Sfeir ha esercitato la sua missione in un contesto travagliato ed è stato artigiano determinante di unione, di pace e di riconciliazione. Ardente difensore della sovranità e dell’indipendenza del suo Paese, resterà una grande figura della storia del Libano. Chiedo al Padre misericordioso di accogliere nella sua dimora di pace e di luce questo pastore saggio e impegnato che ha saputo manifestare l’amore di Dio al popolo che gli era stato affidato”.

Il card. Sfeir, eletto patriarca nel 1986, durante gli anni della guerra e dell’occupazione, fu creato cardinale da san Giovanni Paolo II nel 1994; ed in occasione dei ‘novendiali’ in suffragio di san Giovanni Paolo II, disse:

“La sua sollecitudine era per tutta la Chiesa, quella dell’Occidente come quella dell’Oriente, Chiesa radicata in ogni terra ed edificata sotto ogni cielo. Ma con occhio di riguardo Egli ha guardato alle Chiese d’Oriente non in piena comunione con la Chiesa Cattolica, al fine di consolidare rapporti di autentica fraternità.

All’inizio di ogni anno, l’amato Pontefice offriva le sue direttive per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità ha trovato totale disponibilità, incoraggiamento e sostegno. Dall’inizio del ministero petrino, Egli ha intrapreso una serie di viaggi, che gli hanno consentito di aprirsi, con estrema semplicità ed affezione, a tutti i suoi fratelli. Mantenendo l’apertura del suo predecessore, il papa Paolo VI, che incontrò il Patriarca Ecumenico Athénagoras a Gerusalemme, Giovanni Paolo II ha offerto in più occasioni ospitalità in Vaticano a diversi Patriarcati Ortodossi ed ha ricambiato le visite nelle rispettive Sedi”.

Ed aveva tracciato alcune linee fondamentali di san Giovanni Paolo II per la pace in Medio Oriente: “Ha seguito da vicino e con paterna sollecitudine, le difficoltà che le nostre Chiese dovevano affrontare in un contesto geografico e storico tra i più complessi. Le visite che si sono susseguite in Libano, Siria, Egitto, Palestina, Israele, in Turchia e Grecia, ma anche in India e in diversi Paesi dell’Est Europeo, hanno manifestato apertamente il peso delle sue preoccupazioni e il desiderio di vedere queste Chiese prosperare nella fede e conservare le loro antiche tradizioni, come Chiese Madri…

Le sue coraggiose prese di posizione in favore della pace nel Golfo Arabico e nell’Iraq non possono essere dimenticate in questo nostro accorato saluto al Papa della Pace, anche se Egli ha esperimentato il vivo rammarico di non potere seguire le orme di Abramo in terra mesopotamica”.

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