Il card. Sandri in Egitto sulle orme di san Francesco e di sant’Antonio

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Nella prima settimana di marzo si è conclusa la visita del prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, card. Leonardo Sandri in Egitto con l’incontro Sua Santità Tawadros II, papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco nel ricordo dell’VIII centenario dell’incontro tra san Francesco ed il sultano.

Durante l’incontro il card. Sandri ha espresso il dolore per tutte le vittime della violenza, in particolare quelle che in questi anni all’interno della Chiesa Copta sono state provocate da attentati ed atti di terrorismo, persino all’interno delle chiese e durante le celebrazioni liturgiche; ha presentato i saluti e l’abbraccio di papa Francesco, tanto legato e colmo di stima per il Patriarca copto, e ha fatto dono della medaglia commemorativa dell’incontro di Abu Dhabi, insieme alle copie del Documento in arabo e inglese. Papa Tawadros ha sviluppato alcuni punti nel suo discorso:

la recente toccante esperienza di accoglienza dell’Arcivescovo di Milano e di 130 giovani sacerdoti ambrosiani, che hanno voluto condividere una giornata di incontro e testimonianza presso la sede patriarcale della capitale; il ricordo di quanto vissuto a Bari lo scorso 7 luglio, per iniziativa di papa Francesco, con tutti i Patriarchi cattolici e non del Medio Oriente, per pregare insieme e potersi confrontare reciprocamente in un contesto raccolto e sereno, ribadendo l’auspicio e il desiderio che una tale iniziativa non cada nel vuoto e possa essere ripetuta al più presto.

E a Damietta nella cerimonia commemorativa degli 800 anni dell’Incontro il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha osservato: “Dallo studio delle fonti sappiamo che per parte francescana il racconto dell’incontro forse si caratterizzò per un certo stile agiografico, senza che questo ovviamente tolga veridicità storica all’evento. Nella storiografia musulmana invece esso passa praticamente sotto silenzio.

Questi dati ci stupiscono perchè di fatto secondo un criterio di lettura l’incontro di Damietta poté sembrare un fallimento: il Sultano non si convertì, né lo fecero le sue schiere, e praticamente non modificò gli esiti della crociata. Eppure la memoria di quel dialogo è rimasta nei secoli come una pietra angolare di un edificio sepolto dalle sabbie del deserto o dal fango delle alluvioni. Forze terribili della natura, ma quella pietra non è stata scalfita, perchè essa era stata suscitata nel cuore di Francesco dal Signore stesso”.

Però dall’incontro germogliò un ‘prezioso frutto’: “Noi celebriamo oggi il fatto che quel seme germogliato nella terra di Egitto, proprio dall’Egitto di oggi, pur nelle sue fatiche e contraddizioni umane, come ogni altro Paese della regione e del mondo,- ha fatto sentire il profumo dei suoi fiori e ci fa sognare di poter un giorno assaggiare i suoi frutti. Negli ultimi anni, proprio qui in Egitto, più che la ripresa in senso stretto del dialogo con Al-Ahzar, è stato efficace l’incontro del suo Grande Imam con un Papa che ha scelto il nome di Francesco.

Il loro abbraccio, sbocciato al Cairo, ripetuto a Roma in Vaticano, sigillato ad Abu Dhabi, ha dovuto e dovrà ancora superare forse la ‘prova del fuoco’ delle resistenze e delle obiezioni nelle rispettive comunità, ma ci ha donato il documento sulla Fratellanza, per il quale ringraziamo Dio Onnipotente e Misericordioso”.

Quindi ha invitato alla divulgazione del documento come fonte preziosa per un dialogo rinnovato: “Come comunità cristiana ci impegniamo a conoscere e diffondere questo testo, ma soprattutto a viverlo insieme ai nostri fratelli credenti nell’Islam: come San Francesco e i Suoi frati vogliamo essere ‘sottomessi ad ogni creatura per amore di Cristo’, portare il Suo Vangelo anzitutto vivendolo più che stringendolo come una bandiera, vivendo il quotidiano martirio – cioè la testimonianza – della carità, che ci chiede di morire a noi stessi per dare la nostra vita, consegnandola senza riserve al Padre e ai Fratelli. Ringraziamo oggi i frati francescani qui presenti, siamo riconoscenti e onoriamo tutti i grandi testimoni del dialogo e dell’incontro, specialmente negli anni che sono seguiti al Concilio Vaticano II”.

Durante la missione in Egitto il card. Sandri incontrato i sacerdoti dell’Eparchia, raccontando gli ambiti dello sviluppo umano integrale, con attenzione all’infanzia attraverso la gestione di 14 asili in piccoli villaggi ove si accolgono cristiani e musulmani, l’attenzione alla promozione del lavoro attraverso il finanziamento di piccoli progetti tramite il micro-credito, la cura pastorale ed umana della realtà famigliare, l’educazione e la promozione della donna, l’aiuto alla diffusione di buone pratiche agricole nel rispetto del creato dono di Dio da tramandare incorrotto alle giovani generazioni, le attività di pastorale giovanile, di educazione catechistica, la cura della disabilità, la pastorale carceraria.

Durante il viaggio il card. Sandri ha percorso le strade di sant’Antonio e di san Francesco: “Le parole del patriarca del monachesimo orientale ridestano il nostro cuore e ci incoraggiano nel cammino: il nostro tempo non si accontenta di cristiani di tradizione e di abitudine, e lo sapete bene in queste terre ove anche di recente è stato versato il sangue di martiri che hanno reso gloria al Signore con il dono della loro vita.

La violenza cieca e la barbarie omicida hanno suscitato sdegno dentro e fuori i confini del Medio Oriente: in Occidente, ci si è resi conto di una presenza cristiana millenaria, in mezzo a voi molti fratelli e sorelle hanno deciso che si debba intraprendere una strada nuova, una consapevolezza più profonda che non sfiguri il volto di Dio e il suo santo Nome con ideologie contro l’uomo e la sua dignità donatagli con la creazione”.

Ed infine ha ricordato il valore della preghiera e del digiuno, secondo quanto è scritto negli Atti degli Apostoli: “Con la preghiera non adempiamo ad un obbligo esteriore, ma è il modo concreto e quotidiano per lasciare spazio a Dio e alla sua opera dentro la nostra vita. E’ Lui che viene prima, che si è messo in cerca della nostra vita in Gesù per salvarla, mentre tante volte nel pensare l’essere Chiesa rischiamo pur animati da buone intenzioni e buoni progetti di mettere davanti il nostro pensiero e il nostro desiderio. Nella preghiera viviamo la comunione con il Signore, e insieme rinsaldiamo i vincoli fraterni tra di noi.

Il digiuno, che rischiamo di pensare soltanto come ad una forma di ascesi materiale ed esteriore, in realtà ci educa a saper togliere ciò che non è essenziale, a ‘disboscare’ la selva dal nostro cuore dai rovi che soffocano il seme buono affinché possa germogliare e portare frutto. Proprio come insegna la grande tradizione monastica che da sant’Antonio in avanti contraddistingue la cristianità dell’Egitto. Non lasciamo che discussioni sterili possano offuscare la nostra percezione dell’essere Chiesa”.

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