La Chiesa di fronte agli abusi sessuali

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‘La responsabilità dei vescovi nei casi di abuso sessuale sui minori nella Chiesa’: è questo il tema più rilevante al centro del summit internazionale sullo scandalo pedofilia che si svolgerà in Vaticano dal 21 al 24 febbraio con la partecipazione di tutti i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo.

Da alcuni anni il sito ufficiale della Santa Sede ha un pagina riservata alla questione degli abusi dove si raccolgono testi e documenti dei Pontefici, e il sito della Commissione offre diverso materiale, come la lettera ai partecipanti all’incontro vaticano, allegando un questionario:

“In assenza di una risposta comprensiva e comune, non solo non riusciremo a portare guarigione alle vittime sopravvissute, ma anche la credibilità stessa della Chiesa di continuare la missione di Cristo sarà a rischio in tutto il mondo. Il primo passo deve essere il riconoscimento della verità di ciò che è accaduto. Per questa ragione esortiamo tutti i presidenti delle conferenze episcopali ad avvicinarsi e a visitare le vittime sopravvissute di abusi da parte di esponenti del clero nei vostri rispettivi paesi prima dell’incontro a Roma, per conoscere di prima mano la sofferenza che hanno sopportato”.

Il comitato organizzatore ha richiamato la lettera al popolo di Dio, scritta da papa Francesco nello scorso agosto: “E’ imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione.

Al tempo stesso, la penitenza e la preghiera ci aiuteranno a sensibilizzare i nostri occhi e il nostro cuore dinanzi alla sofferenza degli altri e a vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi mali. Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili.

Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie. Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza”.

E nel 2016 sempre papa Francesco ha emanato il motu proprio ‘Come una madre amorevole’, in cui ha deliberato nuove norme per combattere questi scandali: “Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli, ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi: si tratta di un compito che Cristo stesso affida a tutta la Comunità cristiana nel suo insieme.

Consapevole di ciò, la Chiesa dedica una cura vigilante alla protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili. Tale compito di protezione e di cura spetta alla Chiesa tutta, ma è specialmente attraverso i suoi Pastori che esso deve essere esercitato. Pertanto i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che hanno la responsabilità di una Chiesa particolare, devono impiegare una particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate”.

Anche in un’omelia nella cappella di santa Marta nel 2014 sottolineava: “I peccati di abuso sessuale contro minori da parte di membri del clero hanno un effetto dirompente sulla fede e la speranza in Dio. Alcuni si sono aggrappati alla fede, mentre per altri il tradimento e l’abbandono hanno eroso la loro fede in Dio. La vostra presenza qui parla del miracolo della speranza che ha il sopravvento sulla più profonda oscurità.

Senza dubbio, è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e cercare la grazia della riconciliazione. Davanti a Dio e al suo popolo sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini di abuso sessuale commessi da membri del clero nei vostri confronti e umilmente chiedo perdono”.

Ma anche papa Benedetto XVI durante il suo pontificato ha combattuto la battaglia, come dimostra la lettera al popolo irlandese nel 2010, rivolgendo dure parole ai sacerdoti abusatori: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti.

Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa”.

Addirittura nel 2002 papa Giovanni Paolo II chiese ai vescovi americani una particolare attenzione sui casi di abuso sessuale: “Gli abusi sui giovani sono un grave sintomo di una crisi che colpisce non solo la Chiesa, ma anche la società nel suo insieme. E’ una crisi della moralità sessuale dalle radici profonde, crisi persino dei rapporti umani, e le sue vittime principali sono la famiglia e i giovani.

Affrontando il problema degli abusi con chiarezza e determinazione, la Chiesa aiuterà la società a comprendere e a far fronte alla crisi esistente al suo interno. Deve essere assolutamente chiaro ai fedeli cattolici e più in generale alla società, che i Vescovi e i Superiori si preoccupano soprattutto del bene spirituale delle anime.

La gente deve sapere che nel sacerdozio e nella vita religiosa non c’è posto per chi potrebbe far del male ai giovani. Deve sapere che i Vescovi e i sacerdoti sono totalmente impegnati a favore della pienezza della verità cattolica nelle questioni riguardanti la moralità sessuale, verità fondamentale sia per il rinnovamento del sacerdozio e dell’episcopato sia per il rinnovamento del matrimonio e della vita familiare”.

Risalendo nel tempo nel 1962 fu pubblicato il documento ‘Crimen sollicitationis’, redatto dal card. Alfredo Ottaviani e approvato da papa Giovanni XXIII, in cui si stabiliva la procedura da seguire secondo il diritto canonico nelle cause di ‘sollicitatio ad turpia’, cioè quando un sacerdote o vescovo) era accusato di usare il sacramento della confessione per fare avances sessuali.

Quindi il titolo terzo del documento stabiliva le pene da comminare al colpevole: sospensione a divinis e dichiarazione di inabilità al ministero ecclesiastico, privazione di tutti i benefici, dignità, voce attiva e passiva, e inabilità agli stessi, dimissione dallo stato clericale nei casi più gravi. Sempre nel titolo terzo sono indicate anche le circostanze aggravanti:

il numero e la condizione delle persone provocate, specialmente se minorenni e consacrati a Dio con i voti religiosi; la forma della provocazione, specialmente se unita a insegnamento falso o a falso misticismo; la turpitudine degli atti commessi; la reiterazione; la recidività dopo l’ammonizione; la speciale malizia del provocante.

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