Gli auguri dell’arcivescovo di Camerino: non perdere la fiducia nel Signore

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Il neo arcivescovo di Camerino e San Severino Marche, mons. Francesco Massara, ha scritto i suoi primi auguri di Natale, invitando la popolazione del territorio, ancora ferita dai terremoti del 2016, ad avere coraggio. Nella lettera il neo arcivescovo ha ricordato che Natale è la festa di un Dio sfollato, perché ‘per amore ha avuto il coraggio di perdere la sua abitazione per venire a stare con noi’, suggerendo anche i regali giusti per queste feste: più tempo, più cuore, più affetto, più attenzione, più perdono e speranza.

Nella lettera ha precisato che trascorrerà il Natale visitando le popolazioni della diocesi, che ancora non hanno le case: “Dal profondo del mio cuore sento il bisogno di manifestare in questi giorni di festa la mia fraterna e sincera vicinanza ad ognuno di Voi. So che per tanti di Voi anche quest’anno sarà un ‘duro Natale’, perché continuate ad essere dei ‘fuori casa’. Condividete, purtroppo, questa esperienza con tanti altri vostri fratelli che, per il terremoto, ancora oggi, dopo due anni, vivono queste feste nella triste veste di sfollati”.

Però queste difficoltà possono essere superate con il coraggio che contraddistingue la popolazione camerte, invitandola a non lasciarsi ‘rubare’ Natale: “Cari miei, a voi più che scrivervi voglio innanzitutto abbracciarvi e chiedervi, senza presunzione ma con tanta umanità, di sentire, in questo gesto, l’abbraccio stesso di Dio. Nello stringervi in questo abbraccio, voglio anche con forza sussurrarvi: coraggio! non lasciatevi rubare la gioia del Natale.

Non perdete la fiducia nel Signore, non respingetelo dalla vostra vita solo perché, vinti dall’amarezza e dallo sgomento causati dalla grande sciagura personale e collettiva, avete perso la voglia e la volontà di vivere, di ricominciare, di ricostruire”.

La parola ‘coraggio’ è il leitmotiv della lettera, perché anche Dio si è trovato ‘senza casa’: “Coraggio! perché in fondo, se ci riflettiamo, Natale è la festa di un Dio che è senza casa. E vi dico questo, non soltanto perché anche Lui quando venne tra noi visse il dramma di non trovare casa, ‘perché per loro non c’era posto nell’alloggio’, ma soprattutto perché il Natale è la festa di Dio che lascia la sua Casa”.

Quindi Natale è la festa di Dio ‘sfollato’ per cercare l’uomo: “Natale è la festa di un Dio sfollato, perché per amore, ha avuto il coraggio di perdere la sua abitazione per venire a stare con noi, di venirci a cercare, di offrirci la sua compassione condividendo con noi la fragilità e la povertà della condizione umana. Il mistero dell’incarnazione è frutto di questo amore: Dio si fa carne perché gli siamo cari, gli stiamo a cuore!”

Ed infine ha chiesto ‘coraggio’ alla popolazione perché Natale sia occasione di scoprire che Dio ‘abita in mezzo a noi’: “Per questo lascia la sua Casa e viene in mezzo a noi. Fratelli terremotati, sorelle senza casa: coraggio, non siete soli! Siete in buona compagnia. Coraggio! perché anche se ci saranno meno ‘cose’ nel nostro Natale, nessuno è cosi povero da non poter regalare qualcosa agli altri.

Regaliamoci qualcosa di più prezioso a cominciare dalla famiglia, dalle amicizie, dai rapporti e dalle relazioni sociali; regaliamoci più tempo, più cuore, più affetto, più attenzione, più perdono e speranza che nasce dallo stare vicini. Regaliamoci magari anche un piccolo oggetto, una cosa semplice che valga per ciò che significa, non per quello che costa; perché in sostanza, il balsamo del Natale è soprattutto nella gioia del donare, come ci ha detto Gesù ‘c’è più gioia nel dare che nel ricevere’.

Pertanto, auguro a tutti Voi per questo Santo Natale di riconoscere il coraggio di Dio e di farvi coraggiosi operatori di bene, di misericordia, di fraternità, di accoglienza e di solidarietà. Auguro soprattutto a quanti sono provati dal male, in tutte le sue forme, di non perdere la speranza, di sentirsi amati e sostenuti da Colui che non ha temuto di svuotare sé stesso per farsi nostro servo”.

Mentre nella diocesi di Macerata mons. Nazzareno Marconi, celebrando la Santa Messa nel complesso cistercense dell’Abbadia di Fiastra, ha ambientato la nascita di Gesù in un’abitazione inagibile per ‘violazione delle norme urbanistiche: “I pastori allora chiesero in giro e venne detto loro che erano venuti anche gli ispettori del dipartimento di igiene ed avevano fatto uscire tutti, perché avendo partorito in una stalla, avevano violato le norme igieniche.

Poi la protezione animali aveva portato via l’asino ed il bue perché: l’asino non risultava vaccinato nel registro degli animali da trasporto, mentre il bue andava abbattuto avendo superato l’età prevista per gli animali da macello”.

Nel frattempo la famiglia di Gesù era ‘in attesa di giudizio’, perché non avevano rispettato la legge: “Quando chiesero dove fosse san Giuseppe, risposero che era in carcerazione preventiva in attesa di giudizio, dopo aver perso la patria potestà, perché non si era rivolto al reparto di ostetricia, ma aveva favorito una nascita a rischio. Poi era passibile del reato di: abuso della professione infermieristica, per avere prestato assistenza ad una partoriente, privo di adeguati titoli professionali.

La Madre invece era stata portata con ricovero coatto in una comunità di assistenza e cura psichiatrica. Perché non aveva voluto seguire la procedura di aborto terapeutico per motivi di disturbo mentale consigliatale a Nazareth dal Consultorio locale, quando aveva dichiarato di essere incinta, ancora vergine, per opera dello Spirito Santo”.

E del Bambin Gesù si persero le tracce ritrovando solo un biglietto: “Il Bambino infine era stato portato al reparto di neonatologia dell’ospedale di Gerusalemme, ma era misteriosamente sparito. Al suo posto era stato trovato un biglietto con questo scritto: Cari signori, ritorno in cielo, perché anche se sono onnipotente, temo di non riuscire a svolgere la mia opera di salvezza, finché non avrete trovato il modo di liberarvi da questa massa di leggi e decreti, che voi avete scritto, credendo di salvare il mondo a forza di leggi fatte per obbligare gli altri, ma senza impegnarvi davvero a diventare tutti, almeno un po’ di più, uomini di buona volontà”.

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