In Guatemala beatificati due martiri per la giustizia e i diritti dei contadini

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Sabato 27 ottobre a Morales, in Guatemala, sono stati beatificati dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, card. Giovanni Angelo Becciu, il missionario francescano italiano Tullio Maruzzo e il catechista indigeno Luis Obdulio Arroyo Navarro, nel contesto del 50^ anniversario dell’erezione del vicariato apostolico guatemalteco di Izabal; i due nuovi beati rappresentano il frutto maturo di quella Chiesa che in Guatemala negli ultimi decenni del XX secolo soffrì una dolorosa persecuzione da parte del regime militare al potere.

La promozione umana dei contadini attuata dalla Chiesa cattolica nell’orizzonte dell’evangelizzazione, malvista dai ricchi latifondisti conniventi con il potere, fu il capo di accusa che scatenò la violenza contro preti, religiosi e catechisti, tacciati di essere rivoltosi comunisti. Padre Tullio, al secolo Marcello, nacque a Lapio, comune di Arcugnano, in diocesi di Vicenza, il 23 luglio 1929.

Il campo della sua azione pastorale furono le parrocchie di Puerto Barrios (1960-1963), Entre Rios – Abacá (1963-1968) e Morales (1968-1980), nella giurisdizione del vicariato apostolico di Izabal. Accoglieva tutti e ricordava senza difficoltà i nomi dei suoi parrocchiani. Fu benemerito nel curare la formazione dei catechisti zonali, i ‘delegados de la Palabra’, e si interessò affinché le numerose comunità di base avessero ciascuna un proprio oratorio.

Luis Obdulio Arroyo Navarro fu il suo fedele compagno nell’opera di evangelizzazione e nell’ora dell’estremo sacrificio. Era nato a Quiriguá il 21 giugno 1950. All’età di 26 anni aderì al terz’ordine francescano, divenendo anche catechista. Nel desiderio di progredire sempre più nel cammino di fede partecipò al movimento dei Cursillos de cristiandad, che padre Maruzzo aveva introdotto nella parrocchia di Quiriguá. Mite e servizievole, volentieri fungeva gratuitamente da autista per la comunità cristiana parrocchiale, prestandosi a lavori manuali nei quali era particolarmente capace.

L’azione apostolica della Chiesa di Izabal in quegli anni non si limitava alla sola amministrazione dei sacramenti e alle opere caritative. La sofferenza dei poveri contadini che venivano espropriati delle terre da loro stessi bonificate, per l’avidità di pochi latifondisti, era divenuta infatti per molti sacerdoti, religiosi e catechisti un’emergenza nell’opera di evangelizzazione. Attraverso la predicazione e il rapporto personale padre Tullio si prodigò per illuminare le coscienze e riaffermare con chiarezza i diritti della giustizia secondo i dettami evangelici.

Pur senza pronunciamenti diretti, né aperte condanne, la sua azione pastorale assunse il valore di una denuncia profetica e coraggiosa dei soprusi dei potenti. Di conseguenza fu giudicato un sovversivo e fu diffidato di svolgere l’azione pastorale nei villaggi. Mentre era parroco a Morales subì pure un attentato allorché nottetempo fu lanciato un ordigno contro la canonica.

Per tutelarne il più possibile l’incolumità i superiori agli inizi del 1980 lo trasferirono a Quiriguá. Il 1^ luglio 1981 p. Tullio si recò a presenziare l’ultreya, la riunione periodica dei Cursillos de cristiandad, nella località di Los Amates e Luis Obdulio si offrì di accompagnarlo come autista. Sulla via del ritorno la vettura nella quale viaggiavano fu bloccata presso una piantagione di banane. Fatti scendere a forza, vennero uccisi a colpi di pistola, restando esanimi alla destra e alla sinistra dell’auto.

Nell’omelia il card. Becciu ha ricordato le beatitudini dei due beati: “Uno era sacerdote e religioso francescano, dei frati minori, e l’altro fedele laico catechista, eppure li accomunava essenziali tratti di spiritualità: lo stile di vita semplice e lieto, proprio di chi è povero in spirito; l’ardente zelo per il Vangelo, che sostiene gli operatori di pace; la premurosa cura dei poveri e la coraggiosa difesa degli ultimi, che contraddistinguono gli uomini di buona volontà. Erano tratti che costituiscono per noi un messaggio ancora attuale”.

Dopo aver ricordato la loro ‘storia’ il prefetto della Congregazione dei Santi ha tratteggiato il messaggio da loro lasciato alla comunità guatemalteca: “In primo luogo, viene spontaneo, in questo mese di ottobre dedicato alle missioni, rivolgere un pensiero grato e commosso a tutti i missionari e le missionarie che sull’esempio del p. Maruzzo hanno lasciato la propria patria e offerto la vita per annunciare il Vangelo di Gesù.

In secondo luogo, nel martirio dei due nostri fratelli trova conferma la profezia di Tertulliano: il sangue dei martiri è seme di nuova vita! Già poco tempo dopo la morte del p. Tullio e di Luis Obdulio i fedeli di Quiriguá, di Los Amates, di Morales, ne scorgevano i frutti: il risveglio cristiano della comunità, la perseveranza nelle prove, l’unità e la migliore organizzazione dei gruppi parrocchiali; nuove vocazioni sacerdotali e religiose”.

Ed ha concluso l’omelia, sollecitando i fedeli a seguire la strada dei due nuovi beati: “In questo momento della vostra storia siete impegnati, sotto la guida dei vostri Vescovi, a realizzare un profondo rinnovamento spirituale delle vostre parrocchie, voluto dai vostri Vescovi.

Ricordatevi che non vi è cambiamento di strutture senza la conversione dei cuori e una parrocchia non è vera parrocchia se non diviene luogo di incontro fraterno fra tutti i suoi membri. Essa deve essere ‘casa e scuola della comunione’, ove ognuno può fare esperienza concreta dell’amore reciproco ed essere segno visibile del Regno che è già tra noi.

Non perdete mai di vista l’ideale per il quale hanno dato la propria vita il Beato padre Tullio e il Beato Luis Obdulio: mostrare il volto di una Chiesa segno di speranza e ricca dell’amore di Dio che abbraccia tutti, ma soprattutto gli scartati e gli oppressi. Invochiamo la loro intercessione, affinché il loro martirio favorisca in tutti il coraggio della testimonianza cristiana, la coerenza della vita e la donazione senza limiti verso gli altri”.

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