Il papa ai giovani: nel Sinodo una buona vendemmia

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“La fede è vita: è vivere l’amore di Dio che ci ha cambiato l’esistenza. La fede è questione di incontro, non di teoria”: questo tweet di papa Francesco è la sintesi esaustiva di questo Sinodo dei vescovi sul tema ‘I giovani, la fede ed il discernimento spirituale’, che nell’Angelus ha sottolineato il valore del Sinodo:

“Uno stile sinodale che non ha come obiettivo principale la stesura di un documento, che pure è prezioso e utile. Più del documento però è importante che si diffonda un modo di essere e lavorare insieme, giovani e anziani, nell’ascolto e nel discernimento, per giungere a scelte pastorali rispondenti alla realtà”.

Prendendo spunto dalle letture domenicali il papa ha raccontato ai fedeli in piazza San Pietro il sinodo: “Questa Parola di Dio esprime bene l’esperienza che abbiamo vissuto nelle settimane del Sinodo: è stato un tempo di consolazione e di speranza, proprio attraverso il lavoro impegnativo e anche faticoso. Lo è stato anzitutto come momento di ascolto: ascoltare infatti richiede tempo, attenzione, apertura della mente e del cuore.

Ma questo impegno si trasformava ogni giorno in consolazione, soprattutto perché avevamo in mezzo a noi la presenza vivace e stimolante dei giovani, con le loro storie e i loro contributi. Attraverso le testimonianze dei Padri sinodali, la realtà multiforme delle nuove generazioni è entrata nel Sinodo, per così dire, da tutte le parti: da ogni continente e da tante diverse situazioni umane e sociali”.

Attraverso l’ascolto i padri sinodali hanno cercato di leggere i ‘segni dei tempi’, attraverso l’immagine della vendemmia: “I frutti di questo lavoro stanno già ‘fermentando’, come fa il succo dell’uva nelle botti dopo la vendemmia. Il Sinodo dei giovani è stato una buona vendemmia, e promette del buon vino. Ma vorrei dire che il primo frutto di questa Assemblea sinodale dovrebbe stare proprio nell’esempio di un metodo che si è cercato di seguire, fin dalla fase preparatoria.

Uno stile sinodale che non ha come obiettivo principale la stesura di un documento, che pure è prezioso e utile. Più del documento però è importante che si diffonda un modo di essere e lavorare insieme, giovani e anziani, nell’ascolto e nel discernimento, per giungere a scelte pastorali rispondenti alla realtà”.

E nell’omelia della celebrazione eucaristica del Sinodo il papa ha invitato i giovani ad imitare Bartimeo, il cieco nato: “Gesù ascolta il suo grido. E quando lo incontra lo lascia parlare. Non era difficile intuire che cosa avrebbe chiesto Bartimeo: è evidente che un cieco voglia avere o riavere la vista.

Ma Gesù non è sbrigativo, dà tempo all’ascolto. Ecco il primo passo per aiutare il cammino della fede: ascoltare. E’ l’apostolato dell’orecchio: ascoltare, prima di parlare. Al contrario, molti di quelli che stavano con Gesù rimproveravano Bartimeo perché tacesse. Per questi discepoli il bisognoso era un disturbo sul cammino, un imprevisto nel programma”.

Poi ha chiesto scusa ai giovani se gli adulti non li hanno ascoltati: “Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti”.

Il secondo passo è quello di accompagnamento nella fede: “Farsi prossimi è portare la novità di Dio nella vita del fratello, è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte. Chiediamoci se siamo cristiani capaci di diventare prossimi, di uscire dai nostri circoli per abbracciare quelli che ‘non sono dei nostri’ e che Dio ardentemente cerca. C’è sempre quella tentazione che ricorre tante volte nella Scrittura: lavarsi le mani”.

Il terzo passo è la testimonianza: “Non è cristiano aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù. Egli ci manda, come quei discepoli, a incoraggiare e rialzare nel suo nome. Ci manda a dire ad ognuno: ‘Dio ti chiede di lasciarti amare da Lui’.

Quante volte, invece di questo liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre ‘ricette’, le nostre ‘etichette’ nella Chiesa! Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù! Allora passiamo per una ong, per una organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore”.

Prima della conclusione della messa è stata letta la lettera che i Padri Sinodali hanno rivolto ai giovani di tutto il mondo, composta dal card. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui; da mons. Emmanuel Gobilliard, ausiliare di Lione; dall’arcivescovo di Sydney, mons. Anthony Fisher; dal vescovo di San Justo (Argentina), mons. Horacio Garcia; da frére Alois, priore della Comunità di Taizé; da Anastasia Indrawan, membro della Commissione per i Giovani della Conferenza Episcopale di Indonesia; da suor Briana Santiago e da don Michele Falabretti, responsabile della Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana:

“Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento.

Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia”.

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