A Vilnius il papa invita ad essere speranza contro le dittature

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La seconda giornata di papa Francesco si è conclusa con un saluto ai fedeli dal palazzo della Nunziatura a Vilnius: “Ringrazio per la vostra vicinanza, qui. E grazie della vostra gioia! Oggi sono stato a Kaunas. Domani parto per la Lettonia. Ringrazio tanto per la vostra accoglienza, la calorosa accoglienza. E adesso vi invito a pregare insieme la Madonna”.

Nella giornata conclusiva papa Francesco ha visitato il museo ‘delle occupazioni e delle lotte per la libertà’, commentando il grido di Cristo sulla croce: “Nel tuo grido, Signore, trova eco il grido dell’innocente che si unisce alla tua voce e si leva verso il cielo. E’ il Venerdì Santo del dolore e dell’amarezza, della desolazione e dell’impotenza, della crudeltà e del non senso che ha vissuto questo popolo lituano di fronte all’ambizione sfrenata che indurisce e acceca il cuore.

In questo luogo della memoria, ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ci mantenga svegli. Che il tuo grido, Signore, ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito…

Signore, che la Lituania sia faro di speranza. Sia terra della memoria operosa che rinnova gli impegni contro ogni ingiustizia. Che promuova creativi sforzi nella difesa dei diritti di tutte le persone, specialmente dei più indifesi e vulnerabili. E che sia maestra nel riconciliare e armonizzare le diversità”.

La giornata si era aperta con la celebrazione eucaristica nel parco Santakos, ricordando il richiamo di Gesù alla passione: “La vita cristiana attraversa sempre momenti di croce, e talvolta sembrano interminabili. Le generazioni passate avranno avuto impresso a fuoco il tempo dell’occupazione, l’angoscia di quelli che venivano deportati, l’incertezza per quelli che non tornavano, la vergogna della delazione, del tradimento.

Il Libro della Sapienza ci parla del giusto perseguitato, che subisce oltraggi e tormenti per il solo fatto di essere buono. Quanti di voi potrebbero raccontare in prima persona, o nella storia di qualche parente, questo stesso passo che abbiamo letto. Quanti di voi hanno visto anche vacillare la loro fede perché non è apparso Dio per difendervi; perché il fatto di rimanere fedeli non è bastato perché Egli intervenisse nella vostra storia.

Kaunas conosce questa realtà; la Lituania intera lo può testimoniare con un brivido al solo nominare la Siberia, o i ghetti di Vilnius e di Kaunas, tra gli altri; e può dire all’unisono con l’apostolo Giacomo, nel brano della sua Lettera che abbiamo ascoltato: bramano, uccidono, invidiano, combattono e fanno guerra”.

Ed ha invitato a non dimenticare l’accoglienza alle minoranze etniche: “Là, nella città di Vilnius, è toccato al fiume Vilnia offrire le sue acque e perdere il nome rispetto al Neris; qui, è lo stesso Neris che perde il nome offrendo le sue acque al Nemunas. Di questo si tratta: di essere una Chiesa ‘in uscita’, di non aver paura di uscire e spenderci anche quando sembra che ci dissolviamo, di perderci dietro i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali.

Ma sapendo che quell’uscire comporterà anche in certi casi un fermare il passo, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada.

A volte bisognerà comportarsi come il padre del figlio prodigo, che rimane sulla porta aspettando il suo ritorno, per aprirgli appena arriva; oppure come i discepoli, che devono imparare che, quando si accoglie un piccolo, è lo stesso Gesù che si accoglie…

Per questo, e perché come comunità ci sentiamo veramente e intimamente solidali con l’umanità, di questa città e di tutta la Lituania, e con la sua storia, vogliamo donare la vita nel servizio e nella gioia, e così far sapere a tutti che Gesù Cristo è la nostra unica speranza”.

Quindi nell’angelus ha ricordato la distruzione del ghetto di Vilnius: “Settantacinque anni fa, questa Nazione assisteva alla definitiva distruzione del Ghetto di Vilnius; così culminava l’annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima. Come si legge nel Libro della Sapienza, il popolo ebreo passò attraverso oltraggi e tormenti.

Facciamo memoria di quei tempi, e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena… Qui in Lituania c’è una collina delle croci, dove migliaia di persone, lungo i secoli, hanno piantato il segno della croce.

Vi invito, mentre preghiamo l’Angelus, a chiedere a Maria che ci aiuti a piantare la croce del nostro servizio, della nostra dedizione lì dove hanno bisogno di noi, sulla collina dove abitano gli ultimi, dove si richiede la delicata attenzione agli esclusi, alle minoranze, per allontanare dai nostri ambienti e dalle nostre culture la possibilità di annientare l’altro, di emarginare, di continuare a scartare chi ci dà fastidio e disturba le nostre comodità”.

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