2017: anno record nella lotta al crimine di ecoreati

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Con il Rapporto ‘Ecomafia 2018’ Legambiente ha certificato che nel 2017 sono state 538 le ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali con un incremento del 139,5% rispetto al 2016.

Un risultato importante sul fronte repressivo frutto sia di una più ampia applicazione della legge 68, come emerge dai dati forniti dal ministero della Giustizia (158 arresti, per i delitti di inquinamento ambientale, disastro e omessa bonifica, con ben 614 procedimenti penali avviati, contro i 265 dell’anno precedente) sia per il balzo in avanti dell’attività delle forze dell’ordine contro i trafficanti di rifiuti: 76 inchieste per traffico organizzato (erano 32 nel 2016), 177 arresti, 992 trafficanti denunciati e 4.400.000 tonnellate di rifiuti sequestrati (otto volte di più rispetto alle 556.000 tonnellate del 2016).

A completare il quadro, un fatturato dell’ecomafia che sale ad € 14.100.000.000, una crescita del 9,4%, dovuta soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale. I numeri sono stati spiegati dal presidente di Legambiente, Stefano Ciafani:

“I numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia dimostrano i passi da gigante fatti grazie alla nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese. La lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica, così come delle organizzazioni sociali, economiche e politiche, dove ognuno deve fare la sua parte, responsabilmente.

Contiamo sul contributo del ministro dell’ambiente Sergio Costa e sulla costruzione di maggioranze trasversali per approvare altre leggi ambientali di iniziativa parlamentare come avvenuto nella scorsa legislatura. Noi lavoreremo perché tutto questo avvenga nel più breve tempo possibile, continuando il nostro lavoro di lobbying per rendere ancora più efficace la tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese sane e rispettose della legge”.

Il rapporto ha messo in evidenza alcuni temi importanti ed ha fornito una fotografia dell’illegalità ambientale: “La sempre più efficace e diffusa applicazione della legge 68 e l’impennata delle inchieste sui traffici illegali di rifiuti sono anche all’origine dell’incremento registrato nel 2017 degli illeciti ambientali, che sono 30.692 (+18,6% per cento rispetto all’anno precedente, per una media di 84 al giorno, più o meno 3,5 ogni ora), del numero di persone denunciata (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%).

Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684)”.

Il 2017 è stato l’anno del rilancio delle inchieste contro i trafficanti di rifiuti e nel settore si concentra la percentuale più alta di illeciti: il 24% è più di quanto contestato per i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8%), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%).

In crescita anche le tonnellate di rifiuti sequestrate dalle forze dell’ordine nell’ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2017 – 31 maggio 2018) nell’ambito di 54 inchieste (in cui è stato possibile ottenere il dato, su un totale di 94) sono state più di 4.500.000 di tonnellate.

Inoltre è stato l’anno record per lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose: 20; mentre i comuni attualmente commissariati dopo lo scioglimento sono 44 (ci sono anche alcuni sciolti nel 2016 e prorogati). Il lavoro delle forze dell’ordine nel 2017 ha portato alla luce 3.908 infrazioni sul fronte ‘ciclo illegale del cemento’, una media di 10,7 ogni 24 ore, e alla denuncia di 4.977 persone.

Un dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente, ma che testimonia come l’edilizia, e quindi anche quella in nero, abbia ricominciato a lavorare. Il 46,2% dei reati si concentra nelle quattro cosiddette regioni a tradizionale presenza mafiosa, ossia Campania, Sicilia, Puglia e Calabria.

Infine sono in crescita i reati nel settore agroalimentare, che toccano quota 37.000; e più di 6.000 persone denunciate per reati contro la biodiversità, quasi 17 al giorno, e 7.000 le infrazioni (19 al giorno +18% rispetto al 2016). Le regioni a tradizionale presenza mafiosa totalizzano il 43% dei reati. La Sicilia è in testa per numero di illeciti (1.177 pari al 16,8% del totale nazionale), seguita dalla Puglia (946 reati), dal Lazio (727) e dalla Liguria per la prima volta in quarta posizione (569), prima della Calabria (496) e della Campania (430).

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