Rom e Sinti: la situazione non migliora

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Nel Regina Coeli di domenica scorsa papa Francesco ha rivolto un saluto speciale ai rom ed ai sinti, che hanno celebrato la loro Giornata Internazionale: “Un saluto speciale rivolgo ai Rom e ai Sinti qui presenti, in occasione della loro Giornata Internazionale, il ‘Romanò Dives’. Auguro pace e fratellanza ai membri di questi antichi popoli, e auspico che la giornata odierna favorisca la cultura dell’incontro, con la buona volontà di conoscersi e rispettarsi reciprocamente. E’ questa la strada che porta a una vera integrazione. Cari Rom e Sinti, pregate per me e preghiamo insieme per i vostri fratelli rifugiati siriani”.

Ed in occasione di questa giornata l’ ‘Associazione 21 luglio’ ha presentato in Senato il Rapporto Annuale 2017, dal quale si evince che il giudizio degli Enti internazionali ed europei di monitoraggio sui diritti umani appare chiaro: anche nel 2017 l’Italia ha continuato ad essere il ‘Paese dei campi’, perseverando nell’utilizzo di politiche discriminatorie e segreganti nei confronti delle popolazioni rom e sinte presenti sul territorio nazionale oltre che nelle persistenti operazioni di sgombero forzato.

Secondo i dati raccolti sul campo, a fronte di un totale stimato compreso tra 120/180.000 presenze di cittadini di origine rom e sinta, sono circa 26.000 quelli in emergenza abitativa che vivono in baraccopoli formali e informali o nei centri di raccolta monoetnici, numero pari allo 0,04% della popolazione italiana.

Rispetto all’anno precedente si registra quindi una leggera flessione di presenze (nel 2016 erano 28.000 unità) dettata non da una graduale risoluzione della questione ma piuttosto dalle drammatiche condizioni di vita all’interno di questi insediamenti che hanno spinto alcuni degli abitanti, prevalentemente comunitari, a spostarsi in altri Paesi o a tornare nelle città di origine. Nonostante la diminuzione delle persone che vivono in baraccopoli e insediamenti, nel 2017 la presenza degli insediamenti formali è pressoché identica al 2016.

Secondo i dati raccolti dall’associazione 21 luglio, in Italia sono presenti ben 148 le baraccopoli formali in Italia, presenti in 87 comuni e abitati da circa 16.400 persone, e due centri di accoglienza che accolgono circa 130 individui. Anche in questo caso è utile ricordare che tra i rom e i sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che il 43% abbia la cittadinanza italiana.

Confrontando i dati degli insediamenti formali del 2017 con quelli dell’anno precedente, non si notano cambiamenti significativi. Nel 2016 gli insediamenti mappati dall’associazione erano 149: “Contrariamente a quanto si potrebbe pensare non c’è stato alcun superamento dei campi attraverso un percorso inclusivo. La contrazione numerica è dettata esclusivamente dal declassamento di alcuni insediamenti formali (divenuti informali) e dalla contestuale creazione di nuovi ‘campi’.

Sono 9.600, invece, i rom, tutti cittadini comunitari, segnalati all’interno degli insediamenti informali e micro insediamenti presenti complessivamente in 16 regioni italiane. Il 24% di questi ultimi risulta presente in quattro insediamenti, tra Borgo Mezzanone (Foggia), Scampia (Napoli), Camping River (Roma) e Germagnano esterno (Torino), mentre il 73%, circa 7.000 persone, risulta presente in 5 regioni: Campania (2.100) dove si concentrano le più grandi baraccopoli informali, Lazio (1.800), Piemonte (1.000), Puglia (1.100) e Lombardia (1.000).

Roma, invece, è la città con il maggior numero di baraccopoli formali (sono 17) e di micro insediamenti informali (circa 300)”. Inoltre dei rom e sinti residenti nelle baraccopoli formali l’associazione ha stimato che il 43% abbia la cittadinanza italiana; mentre sono 9.600 i rom originari dell’ex Jugoslavia di cui circa il 30%, pari a 3.000 unità, è a rischio apolidia.

Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti, infine, vivono nell’86% dei casi cittadini di origine rumena. A vivere sulla propria pelle le tragiche conseguenze della segregazione abitativa sono molti minori, il 55% secondo le stime di Associazione 21 luglio, con gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica e sul loro percorso educativo e scolastico.

A incidere sui livelli di scolarizzazione contribuiscono infatti in modo significativo sia le condizioni abitative sia la forte catena di vulnerabilità perpetrata dalle operazioni di sgombero forzato attuate in assenza delle garanzie procedurali previste dai diversi Comitati delle Nazioni Unite.

Nella sua costante attività di monitoraggio, Associazione 21 luglio ha registrato in tutto il 2017 un totale di 230 operazioni: 96 nel Nord Italia, 91 al Centro (di cui 33 nella città di Roma) e 43 nel Sud: “Nell’anno 2017 non sono stati segnalati elementi di discontinuità rispetto agli anni precedenti e la situazione, sia a livello nazionale che locale, appare immutata.

Continuano a riscontrarsi forti elementi di criticità dettati dalla scarsa esistenza ed incidenza di strumenti effettivi utili per l’implementazione della Strategia, da una debole volontà politica e dallo scarso livello di priorità riconosciuto nell’attuazione delle azioni previste nella stessa”.

E Roma detiene il triste primato del maggior numero di insediamenti presenti, 17 in totale di cui 6 formali e 11 cosiddetti ‘tollerati’, nonostante le aspettative create a fine 2016 con la Memoria di Giunta e il ‘Progetto di Inclusione Rom’ presentato il 31 maggio scorso dalla sindaca Raggi che aveva come obiettivo il graduale superamento dei ‘campi’ presenti all’interno della città (piano di cui Associazione 21 luglio aveva fin da subito evidenziato le fragilità) nel 2017 non è stato di fatto avviato alcun processo di inclusione.

Infine, secondo i dati dell’Osservatorio 21 luglio, nel 2017 ci sono stati 182 episodi di discorsi d’odio nei confronti di rom e sinti, di cui 51 (il 28,1% del totale) sono stati classificati di una certa gravità: “La media giornaliera di questi episodi è di 0,50 episodi al giorno, mentre se si isolano gli episodi ritenuti di una certa gravità la media giornaliera si attesta su 0,14 episodi al giorno, segnalando un ulteriore calo rispetto l’anno precedente ove la media giornaliera dei casi di una certa gravità risultava pari allo 0,16”.

Ed è il Lazio la regione che fa registrare la più alta concentrazione di episodi osservati: sono il 33% dei casi di discorsi d’odio, di cui la maggior parte registrati a Roma. Segue il Veneto, con il 16,5% degli episodi, poi l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Piemonte e la Toscana. In queste regioni si concentra l’86% dei casi osservati.

Dai dati, inoltre, emerge un aumento degli episodi tra il 2016 e il 2017 sia nella città di Milano con una variazione del 60%, che a Roma con una variazione del 42,5%. Episodi in calo in Campania dove nel 2017 si registrano soltanto tre episodi di discorsi d’odio, rispetto ai 19 del 2016.

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