S. Giovanni Bosco: coltivare l’arte di ascoltare

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Nel 2011 il rettor maggiore dei Salesiani, don Pascual Chavez, scriveva una preghiera a don Bosco affidandogli i giovani: “Padre e Maestro della gioventù, san Giovanni Bosco, docile ai doni dello Spirito e aperto alle realtà del tuo tempo sei stato per i giovani, soprattutto per i piccoli e i poveri, segno dell’amore e della predilezione di Dio. Sii nostra guida nel cammino di amicizia con il Signore Gesù, in modo che scopriamo in Lui e nel suo Vangelo il senso della nostra vita e la fonte della vera felicità”.

E dopo alcuni anni, in occasione del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani, nella ‘Strenna 2018’ (‘Signore, dammi di quest’acqua’), il rettor maggior, don Angel Fernandez Artime, rivolge una preghiera a don Bosco per proteggere i giovani:

“Che la nostra Madre ci conceda la grazia di essere mediazione autentica della parola del Signore, che risuona, non sempre in modo immediatamente comprensibile, nel cuore di ogni giovane, nei matrimoni, nelle famiglie, in tutti coloro che sono in ricerca. Invocando la Mediazione dell’Ausiliatrice presso il suo Figlio e la protezione di Don Bosco e di tutti i membri della nostra Famiglia, che sono già sulla strada della santità, vi saluto e vi auguro ogni bene”.

Infatti la pedagogia di don Bosco consisteva nell’ascoltare i giovani per capirli. Tre erano i cardini del metodo educativo di don Bosco: ragione, religione, amorevolezza. Ne ‘Il Sistema Preventivo nella educazione della Gioventù’ (1877) egli condannava il sistema ‘repressivo’, in quanto occorreva insegnare ai giovani di amarsi:

“Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d’uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti…

Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni”.

Di contro il sistema ‘preventivo’ è basato sulla ragione: “Diverso, e direi, opposto è il sistema preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi”.

Infatti il rettor maggiore dei Salesiani in questa Strenna ha invitato gli educatori a coltivare l’arte dell’ascolto: “Vi posso testimoniare che, nelle centinaia di incontri avuti in questi quasi quattro anni con i giovani dei cinque continenti, ho maturato la certezza che nelle case e nelle opere guidate dai gruppi della Famiglia salesiana ci sono migliaia e migliaia di giovani buoni, aperti alla vita, desiderosi di formarsi, di imparare; giovani in ricerca.

Molti di loro hanno un grande cuore, generoso, e che desiderano servire gli altri, fare qualcosa per gli altri, aiutare, donarsi. Sono giovani che chiedono il nostro aiuto per continuare a crescere e a maturare nella loro fede. Altri che non lo chiedono esplicitamente, ma che sentono un grande bisogno di un incontro personale e di essere ascoltati”.

Riprendendo il brano evangelico della Samaritana invita a seguire l’esempio di don Bosco: “L’ascolto deve condurci a comprendere in modo adeguato il bisogno dei giovani di oggi, e, qualche volta, il bisogno dei loro genitori, o quello delle persone con le quali siamo in contatto nell’ambiente pastorale.

Di fatto, il più delle volte, i giovani o i loro genitori, o entrambi, non si avvicinano a noi in cerca di accompagnamento. Al contrario, spesso sono spinti da qualche necessità, da dubbi, problemi, urgenze, difficoltà, conflitti, tensioni, decisioni da prendere, situazioni problematiche da affrontare….

Non c’è dubbio che il linguaggio che usiamo oggi per riferirci all’ascolto (al discernimento e all’accompagnamento), presenta differenze sostanziali rispetto al contesto culturale e religioso di Don Bosco. Tuttavia trovo molto bella la seguente testimonianza che ci fa capire come i suoi ragazzi e altre persone si sentissero accolti e ascoltati da lui:

‘Nonostante le sue molte e gravi occupazioni, era sempre pronto ad accogliere in sua camera, con un cuore di padre, quei giovani che gli chiedevano un’udienza particolare. Anzi voleva che lo trattassero con grande familiarità e non si lagnava mai dell’indiscrezione colla quale era da essi talora importunato… Lasciava a ciascuno piena libertà di far domande, esporre gravami, difese, scuse…

Li riceveva con lo stesso rispetto col quale trattava i grande signori. Li invitava a sedere sul sofà, stando egli seduto al tavolino, e li ascoltava colla maggior attenzione come se le cose da loro esposte fossero tutte molto importanti’”.

Ed in conclusione della lettera invita a seguire il metodo preventivo del Santo dei giovani: “Parlare di Don Bosco come educatore significa mettere in evidenza ed essere consapevoli dello stretto rapporto esistente tra la sua missione educativa e l’accompagnamento spirituale dei giovani, e del significato che ciò riveste per la loro formazione…

Don Bosco è un evangelizzatore-educatore che si preoccupa, con grande intuizione, di creare un ambiente educativo attraente, ricco di proposte educative e di rapporti umani; Don Bosco non rinuncia mai a fare, gradualmente, passi concreti nella formazione cristiana dei suoi ragazzi.

Don Bosco è per noi il geniale accompagnatore dei suoi ragazzi, perché non si limita al dialogo personale, o alla celebrazione del sacramento della riconciliazione (chiamato in quel tempo solamente confessione), ma vede tutto in rapporto e unito agli altri elementi dell’azione educativa e alla vita quotidiana nei suoi diversi momenti.

Nello stile di Don Bosco l’accompagnante e l’accompagnato non si limitano ad incontrarsi in base ad un’agenda puntuale nel giorno o nell’ora stabiliti, ma condividono quotidianamente ambienti, spazi di ricreazione, momenti di lavoro, di preghiera, di allegria”.

Infine ha proposto di ‘utilizzare’ la spiritualità di don Bosco, capace di favorire ‘una visione unitaria della vita’: “E’ un tratto che dovrebbe essere connaturale alla nostra spiritualità salesiana della ‘unione con Dio’, che abbiamo ricevuto come patrimonio spirituale da don Bosco…

Don Bosco, grande maestro nello spirito per i giovani, visse con loro una spiritualità che era, in primo luogo, educativa e li aiutava a vivere in modo naturale un cammino che li conduceva a una maturità spirituale per la quale ‘la presenza di Dio diviene così ‘naturale’ come il respirare, dormire o pensare. E’ un dinamismo che non si riferisce solo all’aspetto ‘religioso’ ma che interessa tutta la vita’…

Nel nostro stile salesiano quando parliamo di accompagnamento non ci riferiamo solo al dialogo individuale, ma ad una realtà molto più ampia e ricca, che aiuta la persona, in modo particolare il giovane, a interiorizzare i valori e le esperienze vissute. Tra queste hanno una grande importanza quelle di servizio agli altri e di solidarietà in favore dei più bisognosi.

Come avveniva già con Don Bosco, l’accompagnamento parte da un ambiente educativo nel quale si favoriscono l’interiorizzazione delle proposte e la crescita personale e vocazionale”.

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