Papa Francesco: antenne sensibili

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Per il quinto anno il papa ha rivolto gli auguri natalizi alla curia romana, sottolineando il grande dono al mondo del Natale: “Il Natale è la festa della fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo per ridonare all’uomo la sua dignità filiale, perduta a causa del peccato e della disobbedienza. Il Natale è la festa della fede nei cuori che si trasformano in mangiatoia per ricevere Lui, nelle anime che permettono a Dio di far germogliare dal tronco della loro povertà il virgulto di speranza, di carità e di fede”.

Negli anni precedenti il papa aveva rivolto un discorso ‘ad intra’, mentre quest’anno è ‘ad extra’, cioè il rapporto che la Curia ha con le Nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese Orientali: “L’universalità del servizio della Curia, dunque, proviene e scaturisce dalla cattolicità del Ministero petrino. Una Curia chiusa in sé stessa tradirebbe l’obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell’autoreferenzialità, condannandosi all’autodistruzione.

La Curia, ex natura, è progettata ad extra in quanto e finché legata al Ministero petrino, al servizio della Parola e dell’annuncio della Buona Novella: il Dio Emmanuele, che nasce tra gli uomini, che si fa uomo per mostrare a ogni uomo la sua vicinanza viscerale, il suo amore senza limiti e il suo desiderio divino che tutti gli uomini siano salvi e arrivino a godere della beatitudine celeste; il Dio che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi; il Dio che non è venuto per essere servito ma per servire; il Dio che ha costituito la Chiesa per essere nel mondo, ma non del mondo, e per essere strumento di salvezza e di servizio”.

Quindi il papa ha invitato a non perdere la gioia del Vangelo: “E’ opportuno, allora, tornando all’immagine del corpo, evidenziare che questi ‘sensi istituzionali’, cui potremmo in qualche modo paragonare i Dicasteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità: nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi”.

Poi il papa ha invitato ad essere “antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori… L’immagine dell’antenna rimanda altresì all’altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di ‘principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione’.

Con tale recettività, che è più importante dell’aspetto precettivo, i Dicasteri della Curia romana entrano generosamente in quel processo di ascolto e di sinodalità di cui ho già parlato”. Un altro punto sottolineato riguarda il rapporto con le Nazioni: “L’unico interesse della Diplomazia Vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale.

La Santa Sede quindi è presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le Nazioni di buona volontà e per ribadire sempre l’importanza di custodire la nostra casa comune da ogni egoismo distruttivo; per affermare che le guerre portano solo morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni”.

Ha anche sottolineato il rapporto tra la Curia e le Chiese particolari: “La Curia romana, dunque, ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma, da cui attinge autorità, ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel mondo intero, per il cui bene opera e agisce… Le visite ad limina Apostolorum, in questo senso, rappresentano una grande opportunità di incontro, di dialogo e reciproco arricchimento.

Ecco perché ho preferito, incontrando i Vescovi, avere un dialogo di reciproco ascolto, libero, riservato, sincero che va oltre gli schemi protocollari e l’abituale scambio di discorsi e di raccomandazioni. E’ importante anche il dialogo tra i Vescovi e i diversi Dicasteri. Quest’anno, riprendendo le visite ad limina, dopo l’anno del Giubileo, i Vescovi mi hanno confidato che sono stati ben accolti e ascoltati da tutti i Dicasteri. Questo mi rallegra tanto, e ringrazio i Capi Dicastero qui presenti”.

Non poteva mancare un riferimento al prossimo Sinodo dedicato ai giovani: “Chiamare la Curia, i Vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione alle persone dei giovani, non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale”.

Inoltre il papa ha chiesto di potenziare il dialogo con le Chiese Orientali: “Il rapporto tra Roma e l’Oriente è di reciproco arricchimento spirituale e liturgico. In realtà, la Chiesa di Roma non sarebbe davvero cattolica senza le inestimabili ricchezze delle Chiese Orientali e senza la testimonianza eroica di tanti nostri fratelli e sorelle orientali che purificano la Chiesa accettando il martirio e offrendo la loro vita per non negare Cristo”.

In prospettiva un riguardo speciale al dialogo ecumenico: “Ci sono pure degli spazi nei quali la Chiesa Cattolica, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è particolarmente impegnata. Fra questi l’unità dei cristiani che ‘è un’esigenza essenziale della nostra fede, un’esigenza che sgorga dall’intimo del nostro essere credenti in Gesù Cristo’. Si tratta sì di un ‘cammino’ ma, come più volte è stato ripetuto anche dai miei Predecessori, è un cammino irreversibile e non in retromarcia”.

Ed anche con le altre fedi monoteiste: “ Gli incontri avvenuti con le autorità religiose, nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova”. Infine, porgendo gli auguri di Natale, papa Francesco ha sottolineato il valore della fede: “come ho iniziato questo nostro incontro parlando del Natale come festa della fede, vorrei concluderlo evidenziando che il Natale ci ricorda però che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere;

una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta. In realtà, una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili”.

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