Avvento a Gerusalemme: mons. Pizzaballa invita alla Chiesa domestica

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Mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ha inviato una lettera alle famiglie cristiane del luogo in questo tempo di Avvento per invitarle a vivere la speranza: “Voi siete la speranza della Chiesa. Voi siete la Chiesa domestica, dove vengono gettati i primi semi della fede, attraverso la parola e attraverso le fede vissuta ogni giorno, nonostante le difficoltà della vita, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth e di Betlemme, Gesù, Maria e Giuseppe”.

Per l’amministratore apostolico “l’Avvento è il tempo dell’attesa, l’attesa oggi dell’arrivo di Nostro Salvatore Gesù Cristo nella vita di ciascuno di noi, nelle nostre comunità ecclesiali, nelle nostre parrocchie e nella nostra diocesi. Attesa nella vigilanza e nella preghiera come ci invitano costantemente le letture bibliche di questo tempo liturgico. E’ il tempo della speranza e della conversione. L’avvento di Gesù non è possibile senza la nostra risposta attiva e personale”.

In questa lettera mons. Pizzaballa informa delle attività diocesane nel campo pastorale: “In questa occasione, vorrei tenervi informati su ciò che si fa nella diocesi in campo pastorale. Come già sapete, è stato creato un Ufficio Pastorale nella diocesi, a Gerusalemme e a Amman, per promuovere e organizzare la nostra attività pastorale, in continuazione di quanto si è fatto nel passato. E’ un’iniziativa importante.

Questo Ufficio è composto da parroci, religiosi e religiose e soprattutto da laici e coppie, provenienti da tutte le parti della diocesi. Speriamo che questo organismo contribuisca alla vitalità della nostra vita pastorale in questo periodo del cammino della nostra diocesi. Infatti, ci sono molte trasformazioni nelle nostre società e nelle nostre comunità che richiedono nuove prospettive e nuovi mezzi pastorali”.

Però il nucleo della lettera di Avvento riguarda la famiglia: “Il Consiglio si è messo al lavoro. In collaborazione con la comunità sacerdotale, l’argomento scelto per il nostro impegno pastorale in quest’anno e nei prossimi, secondo le necessità, è la famiglia. Come è noto, la famiglia è il nucleo delle nostre parrocchie, come la parrocchia è il nucleo della nostra diocesi. Lavorare per il rinnovo spirituale ed ecclesiale della famiglia vuol dire lavorare al rinnovo dell’insieme della diocesi”.

Da qui un pressante invito alla collaborazione per sviluppare nuove forme di accoglienza: “Per tutto questo, faccio appello a tutti, fedeli, parroci e famiglie, chiedendo loro di rispondere con generosità e impegno alle iniziative che saranno prese per sviluppare la pastorale familiare. La collaborazione e il contributo di tutti sono fondamentali per un lavoro del genere. Detto questo, rivolgo un saluto di cuore a tutte le famiglie cristiane della nostra diocesi.

Voi siete la speranza della Chiesa. Voi siete la Chiesa domestica, dove vengono gettati i primi semi della fede, attraverso la parola e attraverso le fede vissuta ogni giorno, nonostante le difficoltà della vita, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth e di Betlemme, Gesù, Maria e Giuseppe”.

Infine la conclusione della lettera con un augurio, affinché sia “un avvento di speranza, di gioia e di conversione interiore, nell’attesa del Natale, che è Epifania di Dio in mezzo a noi”.

E nella prima domenica di avvento mons. Pizzaballa aveva incentrato l’omelia sulla veglia: “La prima considerazione è che vegliare non è fare qualcosa di particolare, non sono gesti specifici, ma è un modo di stare nella vita, un atteggiamento del cuore: è stare nella vita sapendo che stiamo attendendo qualcuno, è vivere sapendo che da questa vita entrerà il Signore, che siamo in cammino verso una meta, che è l’incontro con Lui.

Addormentarsi, al contrario, non sarà altro che perdere questa consapevolezza, vivere come se non attendessimo nessuno: quando questo accade, l’orizzonte si chiude sul qui ed ora, e ciò che facciamo diventa il tutto, diventa tutta la nostra vita”. In questo senso l’Avvento è uno sguardo nuovo sul futuro:

“Solo con questo sguardo rivolto alla meta il cammino ha senso, ed è possibile stare nella vita in un modo nuovo: si può guardare alle cose del mondo non come ad un assoluto, che realizza tutte le aspirazioni dell’uomo; ma nemmeno, al contrario, come qualcosa di accessorio, che non ha nessun valore. Gesù, nel Vangelo, evita entrambe queste posizioni: afferma con sicurezza che il tempo è attesa di un incontro, ma dice anche che questo incontro non può avvenire se la vita non è vissuta nella vigilanza e nell’attesa.

Si può stare nel mondo in un modo nuovo, perché è vero che il compimento sta alla fine, ma è altrettanto vero che noi gustiamo già ciò in cui crediamo e verso cui camminiamo”.

Quindi il vegliare implica anche il celebrare, che è la testimonianza del mistero di Dio fatto Bambino: “Celebrare è stare nella storia tenendo desta la memoria del dono che ci fa vivere e la coscienza della meta verso cui camminiamo; ed è fare esperienza che, proprio alimentando questa coscienza, la meta si avvicina a noi e noi ad essa.

Questo modo di stare nella storia rende il cristiano un testimone. Testimone di ciò verso cui camminiamo e in cui crediamo. Testimone di un modo nuovo di stare nella storia, per cui questa vita terrena non è tutto, e si può anche perdere, pur di non perdere l’incontro con il Signore.

Il testimone è il ‘guardiano’ di cui parla Gesù: il guardiano che sta alla porta e la tiene aperta e vede, dentro e oltre il dramma della vita, il Signore che entra. Non è un caso che il primo testimone, il primo martire della Chiesa, santo Stefano, muoia dicendo che ‘vede i cieli aperti’: Stefano veglia e fa attenzione al Signore che viene, che è fedele, che abita dentro la storia, che lo attende oltre”.

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