Dalla Tendopoli un invito ai giovani di essere felici

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Sabato 26 agosto si è conclusa la XXXVII Tendopoli di San Gabriele con la marcia a piedi verso Isola del Gran Sasso, dove ad accogliere i giovani e la Fiaccola della Speranza c’era il sindaco Roberto Di Marco, che ha accolto la Fiaccola passata anche tra le mani dei sindaci di Cascia, Norcia, Cittareale, Amatrice, Campotosto e Montorio. La celebrazione conclusiva è stata officiata da mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno e assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica italiana e dal vescovo di Teramo, mons. Michele Seccia.

Mons. Sigismondi, all’inizio della celebrazione eucaristica, ha salutato i giovani convenuti alla Tendopoli: “Carissimi giovani Dio ci dà i comandamenti perche vuole educare la nostra libertà. I comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla, come liberare la nostra libertà dalle nostre schiavitù. Giovanni Paolo II, in occasione dell’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, disse ai giovani a cui parlava ‘vi auguro di sperimentare uno sguardo di Cristo che ti fissa con amore’.

Cari ragazzi la tristezza è il sintomo che non siamo liberi. Dove c’è lo spirito, c’è libertà e dove c’è libertà c’è gioia. Tenere fisso lo sguardo su Gesù é un compito al quale non possiamo sottrarci mai in nessuna situazione della nostra vita. La vita cristiana scaturisce da una proposta di amore del Signore, che sceglie e fissa i tempi della chiamata e può realizzarsi solo grazie ad una risposta di amore. Forse in questi giorni, il Signore ha fissato gli occhi su di voi per sollecitare la vostra libertà a compiere l’opera sua”.

Nell’omelia il vescovo folignate ha esortato i giovani a crescere nella fede: “Si diventa adulti nella fede nel momento in cui, comprendendo che non è bello tenere per sé la propria vita, si comincia a compiere la manovra del distacco da tutto e da tutti. Si tratta di una manovra impegnativa, che se effettuata gratuitamente dilata lo spazio della libertà di amare e di lasciarsi amare. Ragazzi voi conoscete l’alfabeto dell’amore.

E’ un alfabeto fatto di segni inconfondibili e di gesti inequivocabili, che appartengono al linguaggio della preghiera. Il linguaggio della preghiera che avete parlato in questi giorni è quello dell’amore, fatto di queste lettere, di questo alfabeto: la profondità dello sguardo, il silenzio dell’ascolto, il dialogo delle lacrime, l’intensità dell’abbraccio e la dolcezza del bacio. Sono tutti ingredienti dell’amore, gli stessi ingredienti della preghiera”.

Il vescovo ha indicato la necessità di effettuare passi decisivi: “Come il primo passo nell’amore è quello dello sguardo, così è affidato agli occhi anche il primo slancio della preghiera. Pregare non significa recitare formule, ma volgere gli occhi al Signore, perdersi nell’abbraccio del suo sguardo. Il silenzio, autentico respiro dell’anima. E sappiamo bene che il silenzio è necessario tanto all’amore quanto alla preghiera. Quanti dialoghi hanno bisogno del respiro del silenzio perché le parole sono semplicemente inutili.

Nel dialogo dell’amore sono le lacrime che danno voce allo sguardo. Allo stesso modo nel silenzio della preghiera le lacrime, sia di dolore che di gioia, traducono i moti più profondi del cuore. Quando si ama una persona, le parole non bastano, occorre qualcosa di più sostanziale: sciogliersi in un abbraccio”.

Inoltre ha sottolineato la necessità di uno spazio adeguato alla preghiera: “Anche la preghiera è un riposare fra le braccia di Dio, un lasciarsi sollevare alla sua guancia. Tanto nel linguaggio della preghiera quanto in quello dell’amore l’abbraccio dello sguardo è sigillato dalla limpida purezza di un bacio. La preghiera è come un baciare e un lasciarsi baciare dal Signore, in silenzio.

Il linguaggio dell’amore è lo stesso della preghiera. L’alfabeto della preghiera ha le stesse lettere dell’amore, che risplende in tutta la sua bellezza solo quando esprime il dono della fedeltà. E anche la preghiera ha bisogno del silenzio. Il silenzio è il pane della preghiera, così come le parole sono le sue briciole. Carissimi amici, vi auguro al termine di questa esperienza di imparare a tenere lo sguardo fisso su Gesù”.

Nei giorni della Tendopoli i giovani hanno incontrato mons. Antonio Staglianò vescovo di Noto, e lo scrittore, attore, sceneggiatore e produttore Simone Riccioni, che ha vissuto anche un anno con i Salesiani dove ogni mattina portava la colazione ai barboni alla stazione Termini, il quale ha esortato i ragazzi ad essere felici. Mentre mons. Staglianò ha invitato i giovani ad uscire:

“Ragazzi dovete andare fuori dalle chiese ed esplodere di gioia. La camicia che gli ipermercati omologati ci fa indossare sta devastando le coscienze. E allora ‘alzatevi, cambiate vita, andate dietro a Gesù’. Partite proprio da qui, dal cattolicesimo convenzionale che state vivendo, che non vi converte il cuore. Fate cadere la maschera di cui parlava Pirandello.

Imparerete a vostre spese, che nel lungo tragitto della vita, incontrerete molte maschere ma pochi volti, perché il problema oggi non è conoscersi, ma riconoscersi… Dov’è carità e amore è lì che c’è Dio. Ragazzi diventate missionari, per portare il fuoco dell’amore fuori dalla chiese. Così la messa non annoierà più e si trasformerà in un’avventura di vita splendida”.

A conclusione di questa edizione il fondatore e anima della Tendopoli, p. Francesco Cordeschi, ha espresso soddisfazione per l’evento: “E’ stata una Tendopoli che segna, come Paolo, il passaggio dal vecchio al nuovo; come ha detto il vescovo di Noto, da una fede convenzionale ad una fede vissuta”.

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