I cattolici ricostruiscono l’Europa

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“E’ più che mai urgente confrontarci sulle politiche e sulle scelte europee. Si tratta di essere e rendere le istituzioni e i governi più consapevoli dei cambiamenti che stanno modificando i nostri territori e che pongono in maniera ancora più pressante la domanda su come offrire risposte adeguate a questo tempo e ai bisogni che incontriamo”.

Così ha affermato don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, nella giornata conclusiva della Summer School, ‘Acting EurHope – Insieme per ridare speranza e futuro al progetto europeo’, promossa dall’Istituto di diritto internazionale della pace ‘Giuseppe Toniolo’ dell’Azione cattolica italiana in collaborazione con Caritas italiana, Focsiv e Missio.

Sono state cinque giornate di confronto e formazione con l’obiettivo di fornire un contributo originale all’attuale dibattito sul futuro dell’Europa e alle concrete possibilità di proseguire e rilanciare il progetto politico originario dell’Unione europea, riconoscendo sempre più la centralità della persona umana, garantendo la vitalità del sistema democratico e investendo con decisione sul piano educativo, della custodia del creato e del lavoro.

Partendo dall’intuizione di papa Francesco (‘la realtà è superiore all’idea’), il direttore di Caritas italiana ha sottolineato che “la Chiesa ha un ruolo nella costruzione della nuova Europa ed è necessaria una conversione, una rimodulazione di atteggiamenti e azioni concrete che dovrebbero mirare a rimettere la persona al centro, al primo posto, non più schiava di nessuno”.

Anche il presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Matteo Truffelli, ha sottolineato che “Siamo intimamente europei… L’Europa è più delle istituzioni e del mercato comune. E’ un processo dentro cui ci sentiamo di essere immersi. Un processo che ha generato una cultura di umanità, una cultura del diritto, della pace, del lavoro, dello sviluppo, intesa come speranza di futuro. L’Europa ha generato fattori culturali che ci tengono insieme e si radica in una cosa immateriale: la volontà di stare insieme… Siamo europei in quanto depositari di un patrimonio storico e per questo siamo chiamati a farci custodi di questo patrimonio per farlo nuovamente fruttare”.

Nell’appello finale i promotori hanno chiesto “un’Unione europea più giusta; più solidale; più democratica; più responsabile; più unita. Vogliamo un’Europa che diventi modello avanzato di multiculturalità, che sappia porsi come potenza di valori e non solo come potenza economica e commerciale sullo scenario globale, riscoprendo il vero significato della sussidiarietà come principio guida per garantire la centralità della persona, mediante l’apporto delle istituzioni locali, nazionali e sovranazionali.

Un’Europa aperta al mondo e all’uomo, ispiratrice di dialogo, integrazione e accoglienza. Un’Europa che promuova il diritto internazionale e che eserciti il suo ruolo di leadership nella governance globale. Un’Europa capace di memoria, coraggio e speranza”. Richiamando la forza profetica dei santi patroni d’Europa le organizzazioni hanno ripreso i tre aggettivi dell’Europa ‘nuova’.

Più solidale: “L’Europa sociale è un progetto ancora incompiuto ma oggi sempre più necessario. Il principio di solidarietà sul quale si fondano i trattati ha in sé potenzialità di sviluppo ancora inespresse. Le Istituzioni europee si impegnino non solo alla piena occupazione, ma anche a promuovere un equo funzionamento dei sistemi di protezione sociale.

C’è bisogno di rinnovare e armonizzare i sistemi di welfare nazionali, patrimonio identitario della cultura europea, rafforzando le competenze e le politiche europee in materia sociale. C’è bisogno di superare la logica dell’austerity, ispirata ad un modello economico liberista, con politiche inclusive ed egalitarie a favore dello sviluppo delle regioni periferiche e rurali. Un’azione congiunta per ridurre le diseguaglianze all’interno dei singoli Stati e tra Stati è il presupposto fondamentale per un vero processo di integrazione”.

Più giusta: “La giustizia e la pace hanno bisogno dell’Unione Europea, come insegnano le recenti guerre nei Balcani e nell’Europa orientale. Occorre promuovere una strategia comune di politiche attive di pace tra la gente e tra gli Stati membri. In particolare vogliamo adoperarci attivamente per realizzare reti territoriali di confronto e partecipazione, a favore di un tessuto sociale maggiormente coeso e pacificato.

Le Istituzioni europee si impegnino per salvaguardare con effettivo rigore il rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e delle donne, riconosciuti nelle carte internazionali e nei trattati europei. C’è bisogno di armonizzare e governare la redistribuzione della ricchezza prodotta, per garantire a tutti eguaglianza e pari opportunità di futuro. Occorre che venga sancito il dovere di accoglienza in ogni Stato membro quale nuova concretizzazione della visione europea sui diritti umani. L’Europa riparte se la persona umana è rimessa al centro”.

Ed infine più democratica: “Il deficit democratico presente nei trattati richiede uno sforzo ulteriore per rinsaldare e rilanciare il legame tra cittadini ed istituzioni. Auspichiamo una dimensione più democratica dell’architettura istituzionale europea, che rappresenti il comune interesse dei popoli e non il mero compromesso di interessi nazionali.

L’esercizio responsabile della cittadinanza europea ha bisogno di molteplici luoghi di partecipazione, dibattito e conoscenza sul funzionamento e la vita delle istituzioni, anche valorizzando le nuove forme di comunicazione digitale. Ci impegniamo ad attivare programmi mirati di formazione ed educazione alla cultura e al diritto europeo, coinvolgendo attivamente le istituzioni tutte e le organizzazioni della società civile”.

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