Mons. Santoro: la Quaresima è una fede piena di gioia

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Commozione, vita quotidiana, servizio: questi sono i tre punti cardine del messaggio per la Quaresima che l’arcivescovo della diocesi di Taranto, mons. Filippo Santoro, ha indirizzato alla comunità ionica, ricordando che questo tempo è pieno di gioia:

“Cominciamo la Quaresima con l’entusiasmo di chi sa che il Signore può fare cose grandi per coloro che decidono di seguirlo; il mio pensiero corre all’esperienza del Giubileo straordinario della Misericordia che abbiamo concluso nell’autunno scorso. Penso a quella spinta in avanti del Papa che ci invita ad uscire, a mostrare il volto della Misericordia. Penso a quella porta giubilare che abbiamo indicato come sempre aperta.

Colgo l’invito della Provvidenza che, nelle vicende del mondo che vuole barricarsi, chiede invece alla famiglia del Signore di elevare l’annuncio dell’accoglienza, di essere profeti coraggiosi di colui che di sé stesso ha detto: ero nudo, ero forestiero, ero affamato, ero assetato, ero in carcere… Tanti purtroppo vivono una fede emozionale. Questo tipo di passione non ha nulla a che vedere con la passione di Cristo che non è un vuoto sentimento, ma abbraccia anche il sacrificio, il dolore, come testimonianza dell’amore vero”.

La gioia cristiana non è ‘emozionale’, ma infonde speranza: “E’ un tempo questo in cui siamo chiamati a comunicare speranza, a dare a tutte le croci una via, la via crucis che porta alla luce della risurrezione. Invito a verificare in tutte le comunità parrocchiali se la porta della misericordia, che abbiamo invitato a scorgere nel confessionale e in tutte le opere stesse della misericordia, sia rimasta aperta come ci insegna il Signore”.

Ed ecco il secondo momento; quello di vivere la misericordia nella vita quotidiana: “In questo tempo propizio riprendiamo le parole-frutto del Giubileo, che tracciano il nostro cammino diocesano e che cito in gran parte dall’omelia d’inizio del nuovo anno pastorale… Nel tempo della conversione è necessario ripensare la propria giornata a partire dal rapporto con Dio e dare il giusto spazio all’ascolto della sua Parola. Siamo chiamati a riscoprire quello che noi chiamiamo pane quotidiano”.

L’ascolto della Parola di Dio e l’eucarestia sono ‘pane essenziale’ per la vita quotidiana: “E’ il pane essenziale, quello di cui abbiamo bisogno nella giornata, un pane diverso dagli altri pani perché sigla una rapporto di fiducia e di provvidenza con chi ce lo dona. Saper ricevere questo pane vuol dire vivere bene il Vangelo; vuol dire un rapporto che cresce giorno per giorno, attraverso una frequentazione quotidiana appunto, non episodica, non straordinaria, ma duratura.

E’ il pane che alimenta il nostro quotidiano: i rapporti familiari, il nostro impegno nel lavoro, il nostro impegno sociale. La fede con semplicità e naturalezza irriga il quotidiano e per far questo abbiamo bisogno nelle nostre comunità di riscoprire una vita feriale che talvolta perdiamo di vista”.

Da questi punti scaturisce il terzo punto focale, il servizio, con un riferimento diretto alla vita politica e sociale della città: “Il nostro territorio diocesano ci interpella su tanti fronti. Abbiamo sicuramente un dovere di servizio verso la verità, nel senso che dobbiamo lavorare sempre per le coscienze, lasciandoci provocare e cercando di dire sempre una parola di speranza.

Penso infatti a questi anni in cui tanto si è detto sul diritto alla vita, alla salute, all’ambiente pulito. Aldilà delle possibili considerazioni sociologiche, la Chiesa diocesana vuole mettere in campo concretamente quello che può a servizio dei più poveri. Palazzo Santacroce ormai sta per vedere la sua apertura come centro di accoglienza notturno per i senza fissa dimora.

Vi sono adesioni di tanti volontari, giovani e meno giovani hanno dato la loro disponibilità per il servizio in questo luogo. E’ mio desiderio che questa opera che la diocesi gestirà sia, in un certo qual senso, dal punto di vista simbolico, intesa come segno per la comunità civile: si può salvare veramente qualcuno solo quando lo si ama, altrimenti proliferano solo i buoni propositi e le belle parole. Avere cura dei poveri vuol dire amarli”.

La lettera si conclude con il monito a non rassegnarsi, ma a coltivare le ‘passioni del cuore’: “Nutro la felice ambizione che Taranto non si rassegni solo ad essere lo specchio di un Paese che ogni giorno offre orizzonti di incertezza, ma che da sé, spinta dalle sue stesse emergenze pagate a caro prezzo, diventi un modello di rinascita.

La Quaresima è il tempo in cui le tante passioni del cuore degli uomini, incontrano la Passione di Dio per l’umanità… Sulla croce il Figlio di Dio attira tutti con una Passione che ha come apice il perdono per i carnefici e la tenerezza per coloro che soffrono per lui”.

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