Il papa nei paesi del terremoto incoraggia ad avere speranza

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A due giorni dal suo rientro dal viaggio apostolico in Georgia e Azerbaigian, a sorpresa papa Francesco si è recato nelle zone colpite dal terremoto dello scorso 24 agosto, visitando Amatrice, accompagnato dal vescovo della diocesi di Rieti, mons. Domenico Pompili; Pescara del Tronto ed Arquata del Tronto, accompagnato dal vescovo della diocesi di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole; e San Pellegrino di Norcia, accompagnato dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo:

“Desidero portare la consolazione del Signore Gesù, con la carezza e l’abbraccio di tutta la Chiesa a quanti sono stati colpiti dal terremoto…Ho aspettato a venire perchè non volevo dare fastidio, ho sentito il bisogno di essere qui e di starvi vicino. Vi offro vicinanza e preghiera, e vi sono vicino. C’è sempre un futuro. Ci sono tanti cari che ci hanno lasciato; preghiamo tutti insieme per loro. Guardiamo sempre avanti… Saluto tutti voi. Sono stato vicino a voi e mi sento molto vicino in questo momento di tristezza e prego per voi e chiedo al Signore che dia la forza di andare avanti. E adesso vi invito a pregare tutti insieme l’Ave Maria”.

E nella messa di suffragio per i morti del terremoto mons. Domenico Pompili aveva preso spunto da una frase di Qoelet per invitare gli abitanti di Amatrice a non perdere la speranza: “Qoelet è uno di noi. Non fa sconti alla realtà, ne vede i limiti, presagisce le disillusioni degli uomini, paventa il peggio. Gli resta però un soffio di vita che lo costringe a reagire. In questo interminabile mese che ci lasciamo alle spalle mi sono chiesto spesso che cosa ci direbbero quelli che non sono più tra noi.

Non ho trovato una risposta puntuale, se non immaginaria. Ho percepito però un grido che sale dalle tante, troppe, vittime di questo evento catastrofico: non siate superficiali! Non separate mai la giovinezza dalla vecchiaia, l’istante dall’eternità, l’energia dal senso: in altre parole la vita dalla morte”. La domanda che il vescovo reatino si è sentito rivolgere dalla gente è stata: ‘Ce la faremo?’

A tale domanda il vescovo ha risposto con il vangelo di san Luca, sottolineando occorre camminare ‘rasoterra senza smettere di guardare in alto’: “Sì, anche noi stiamo per essere consegnati nelle mani degli uomini. Più concretamente, nelle mani delle istituzioni che ci hanno assicurato che questi luoghi torneranno a vivere come e meglio di prima. Ma anche nelle mani di chi dovrà tradurre questo impegno senza lasciarsi fuorviare da altri interessi.

E soprattutto nelle nostre mani che non possono restare inerti o nostalgiche, ma debbono ritrovare l’energia e la voglia di ricostruire insieme. Soltanto così il soffio vitale che c’è in ognuno di noi tornerà a far risplendere il sole su questa terra. Ne sono un presagio i nostri ragazzi e i nostri bambini, ancorché intontiti e paurosi”. Anche mons. D’Ercole, con il crocifisso ‘salvato’ con le proprie mani, ha ripreso le domande esistenziali di Qoelet:

“Consolare significa suscitare la speranza in chi si sente travolto dalla fatica della vita; ad esempio, qui, in chi con il terremoto ha perso tutto. Ma come? Tutti abbiamo bisogno di speranze, per piccole che siano, per continuare il nostro cammino quotidiano fatto di tante incertezze. E’ indispensabile però una grande speranza, e questa grande speranza non può essere che Dio, il quale ci propone e dona quel che da soli sarebbe impossibile raggiungere”.

Il vescovo di Ascoli Piceno, che aveva vissuto anche il terremoto de L’Aquila, ha sottolineato che il dolore obbliga a guardare la realtà con gli occhi della verità, perché l’imprevisto non si può eliminare, ma Dio assicura al popolo la protezione: “Il modo migliore per onorare la memoria delle vittime del terremoto, è proprio quello di lasciarci abbracciare dall’amore di Dio, testimoniato dalla solidarietà concreta degli uomini.

Avviene allora il miracolo che tutti sogniamo, il miracolo della gioia: si può essere felici anche quando si soffre, purché si riesca a dare un senso a quel che si vive… Dobbiamo imparare il lessico paziente dell’accoglienza e del perdono; dobbiamo volerci bene, sempre. Allora vedremo diventare realtà l’impossibile e il dolore trasformarsi in amore, il pianto in gioia”. E la Chiesa è impegnata nell’alleviare i disagi della popolazione, come ha sottolineato don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana:

“Ci siamo messi subito al servizio delle diocesi colpite, per cogliere le esigenze immediate e quelle future della gente. Com’è nel nostro stile, stiamo dando la massima attenzione alle comunità affinché, in questa prova durissima, non si disgreghino”. Infatti dopo il sisma del 24 agosto la presenza e la prossimità della Chiesa è stata immediata; Caritas Italiana è stata da subito accanto alle Caritas locali in collegamento con le delegazioni regionali.

Infatti su tutto il territorio ‘terremotato’ Caritas continua a dare risposte a bisogni immediati con attenzione specifica alle fasce più deboli, in particolare anziani e minori, e a verificare percorsi di collaborazione per venire incontro appena possibile alle necessità di strutture temporanee con finalità sociali, pastorali o per attività economico-produttive, tenendo in considerazione le esigenze degli sfollati, le indicazioni di gestione e sicurezza, le ricognizioni e le pianificazioni che i comuni e le regioni interessate stanno facendo.

L’obiettivo ultimo resta quello di accompagnare i tempi lunghi della ricostruzione materiale e spirituale, della ritessitura di relazioni e comunità, del riassorbimento dei traumi sociali e psicologici, del rilancio delle economie locali. Inoltre la Caritas sta valutando come attivare specifici ‘gemellaggi’, secondo le esperienze sperimentate in analoghe emergenze, e come avviare progetti di ricostruzione e riabilitazione socio-economica che potranno essere finanziati grazie alla generosa risposta solidale che la rete Caritas sta riscontrando da tutta Italia e anche dall’estero.

Ed è ancora possibile contribuire alla raccolta fondi di Caritas Italiana (Via Aurelia 796 – 00165 Roma), utilizzando il conto corrente postale n. 347013 o tramite altri canali, tra cui online o bonifico bancario specificando nella causale “Colletta terremoto centro Italia”. Ecco i riferimenti bancari: Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113; Banca Prossima, piazza della Libertà 13, Roma – Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474; Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013; UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119.

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