La biblista Invernizzi spiega l’importanza della Parola di Dio

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Il papa, ricevendo i convegnisti partecipanti alla XLIV settimana biblica nazionale dell’Associazione Biblica Italiana sul tema: ‘Facciamo l’essere umano… Maschio e femmina’, ha detto:

“Riflettere su come siamo stati creati, formati a immagine e somiglianza del Creatore, la differenza con le altre creature e con tutto il creato è essenziale. Questo ci aiuta a capire la dignità che tutti noi abbiamo, uomini e donne, dignità che ha la sua radice nello stesso Creatore.

Mi ha sempre colpito che la nostra dignità sia appunto quella di essere figli di Dio, e nel corso della Scrittura tale relazione si manifesta nel fatto che Lui ci guida come un Padre fa con un figlio. Nel secondo racconto della creazione, appare come Dio ci abbia fatto in modo ‘artigianale’, plasmando del fango dalla terra, cioè le mani di Dio si sono compromesse con la nostra vita.

Ci ha creato non solo con la sua parola, ma anche con le sue mani e il suo soffio vitale, quasi a dire che tutto l’essere di Dio si è coinvolto nel dare vita all’essere umano”. Per capire meglio perché il tema è tanto fondamentale nello studio biblico contemporaneo abbiamo rivolto alcune domande alla biblista Laura Invernizzi, docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed autrice del libro ‘Perché mi hai inviato?’, che prende in esame la sezione di Esodo 5,1 – 7,7.

Nell’udienza papa Francesco ha affermato che riflettere sul tema dell’identità uomo/donna significa riflettere sulla nostra dignità. In quale modo?
“La declinazione della polarità uomo-donna nelle Scritture è stata oggetto delle varie sessioni di studio della Settimana biblica nazionale. Si tratta di un tema sempre attuale. Il Papa ha fatto riferimento alle prime pagine della Bibbia che, pur se non sono le più antiche, per la loro posizione condizionano la comprensione di tutto il resto ed hanno un valore fondativo. Anche Gesù, interrogato sulla relazione tra marito e moglie, vi fece riferimento (cf. Mt 19,4).

In queste pagine emerge, in forma di racconto e con il modo proprio di argomentare del racconto, il tema dell’identità dell’essere umano, declinato nella relazione della ‘duplice edizione’ dell’essere umano in quanto maschio e in quanto femmina. L’essere umano, che il papa ha definito ‘capolavoro’ della creazione, è creato a immagine di Dio (Gen 1,27); curiosamente, però, nel racconto biblico, vi è una discrepanza tra l’intenzione enunciata da Dio, ‘Facciamo l’essere umano a nostra immagine e a nostra somiglianza’ (Gen 1,26), e la sua realizzazione, ‘Dio creò l’essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò’ (Gen 1,27).

Alternando ‘creare’, un verbo che ha per soggetto esclusivamente Dio, con ‘fare’, che può avere come soggetto tanto Dio quanto l’uomo, il racconto suggerisce che creando l’essere umano maschio e femmina, Dio realizza la sua parte, donando la dignità comune e radicata in Lui dell’uomo e della donna. La sfida per l’essere umano sarà quella di vivere la differenza come Dio, riconoscendola e valorizzandola. In questo modo l’essere umano «farà» la sua parte e l’uomo e la donna potranno accedere alla propria identità solo in relazione”.

Perché la Bibbia dà molta importanza alla relazione uomo/donna?
“ La relazione uomo/donna è una delle relazioni fondamentali, che mette in luce originariamente la posta in gioco di ogni relazione con un altro/a che è simile a me ma diverso da me. Questo valore antropologico, però, nel racconto biblico diventa anche teologico a causa del legame tra ‘somiglianza’ e ‘maschio e femmina’, che emerge dal confronto di Gen 1,26 con Gen 1,27.

Il tema è delicato perché riguarda l’ ‘essere Dio’ e l’ ‘essere uomo’. La creatura umana è ‘maschio e femmina’, quindi l’identità sessuale appartiene alla creazione, ma non al Creatore, tuttavia il fatto che l’umanità sia costituita da due tipi di creature differenziate sessualmente diventa metafora fondamentale per la comprensione dell’immagine di Dio: l’umanità è una comunità, maschio e femmina, e solo in questo si riflette il volto di Dio”.

Infine ci può spiegare da cosa trae origine il libro: ‘Perché mi hai inviato?’
“Si tratta del frutto della mia ricerca dottorato. Il progetto è nato dall’interesse per il tema della relazione tra Parola divina e parole umane e dal fatto che il testo che ho studiato, Es 5,1–7,7, da questo punto di vista è paradigmatico: viene messa in evidenza la dinamica della mediazione della Parola che Dio ha consegnato a Mosè perché la trasmettesse.

Dal punto di vista letterario questo si riflette nella particolare costruzione dei dialoghi: i personaggi ripetono parole già dette da se stessi o da altri. Tra queste c’è anche la parola di Dio, che passa di bocca in bocca (anche nella bocca di chi le si oppone) e benché possa essere disprezzata, misconosciuta o travisata, resta punto di riferimento per la storia”.

In quale modo si può conoscere Dio?
“Partendo dal libro dell’Esodo, potrei dire che Dio vuole farsi conoscere e questo determina tanto il suo agire, quanto il suo astenersi dall’agire. Mosè conosce Dio nel dialogo con Lui ed impara a vedere sotto le cause seconde la ‘gran mano’ di Dio che agisce. Parola e storia sono un appello per ciascuno, una via che richiede collaborazione e affidamento”.

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