Dal Meeting di Rimini un invito alla scoperta delle radici costituzionali

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Papa Francesco, nel messaggio inviato attraverso il segretario di Stato, card. Pietro Parolin, al meeting dell’Amicizia fra i popoli che si è aperto venerdì scorso a Rimini, ha scritto che il titolo scelto è coraggioso: “Di fronte alle minacce alla pace e alla sicurezza dei popoli e delle nazioni, siamo chiamati a prendere coscienza che è innanzitutto un’insicurezza esistenziale che ci fa avere paura dell’altro, come se fosse un nostro antagonista che ci toglie spazio vitale e oltrepassa i confini che ci siamo costruiti.

Di fronte al cambiamento d’epoca in cui tutti siamo coinvolti, chi può pensare di salvarsi da solo e con le proprie forze? E’ la presunzione che sta all’origine di ogni conflitto tra gli uomini. Sull’esempio del Signore Gesù, il cristiano coltiva sempre un pensiero aperto verso l’altro, chiunque egli sia, perché non considera alcuna persona come perduta definitivamente…

C’è una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e soprattutto di testimoniare: dialogo. Scopriremo che aprirci agli altri non impoverisce il nostro sguardo, ma ci rende più ricchi perché ci fa riconoscere la verità dell’altro, l’importanza della sua esperienza e il retroterra di quello che dice, anche quando si nasconde dietro atteggiamenti e scelte che non condividiamo.

Un vero incontro implica la chiarezza della propria identità, ma al tempo stesso la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro per cogliere, al di sotto della superficie, ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca veramente. In questo modo può iniziare quel dialogo che fa avanzare nel cammino verso nuove sintesi che arricchiscono l’uno e l’altro. Questa è la sfida davanti alla quale si trovano tutti gli uomini di buona volontà”.

Parole chiare e precise che il popolo del meeting ha accolto con grande entusiasmo; lo stesso riservato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo discorso, che ha aperto il meeting, ha messo in evidenza il valore della convivenza umana, senza prima rivolgendo un saluto ai volontari: “Siete una risorsa preziosa per la nostra società, nel ringraziarvi voglio inviare tutti i giovani a mettersi in azione per una passione, per un ideale. La Repubblica è giovane e ha attraversato e superato tante prove impegnative. Per andare avanti ha bisogno dell’attitudine dei giovani a diventare protagonisti della propria storia. Questo fattore vale di più di qualsiasi indice di borsa”.

Parlando della Repubblica italiana ha detto che anche essa è giovane, incoraggiando i giovani a mettersi in gioco: “A voi giovani presenti e a quanti altri, con il loro generoso servizio volontario, rendono possibili queste giornate di incontro e di dialogo a Rimini, voglio dire che siete una risorsa preziosa per la nostra società. Sono qui anzitutto per ringraziarvi.

E per incoraggiare, insieme a voi, tutti i giovani che sono disposti a mettersi in gioco per una speranza, per una passione, per una buona causa. La Repubblica italiana ha appena compiuto 70 anni. Anch’essa è giovane. I tempi biologici sono più lunghi per le istituzioni. Ha già affrontato e superato prove impegnative. Per diventare più forte ha bisogno di rinnovato entusiasmo, di fraternità, di curiosità per l’altro, di voglia di futuro, del coraggio di misurarsi con le nuove sfide che abbiamo di fronte”.

Parlando ai giovani si è rivolto soprattutto agli adulti, citando il libro della Sapienza: “La nostra società sta invecchiando e ci sono rischi oggettivi che le potenzialità dei giovani vengano compresse. Dobbiamo scongiurare questo pericolo che minaccia la nostra, come altre, società. Anche per questo, in un tempo di cambiamenti epocali come il nostro, è necessario prestare attenzione e dar spazio alla visione dei giovani.

Senza farci vincere dalle paure. Dalle paure antiche e da quelle inedite. Attenti a non cadere nell’errore di ritenere nuove false soluzioni già vissute e fallite nel breve Novecento. Non ci difenderemo alzando muri verso l’esterno, o creando barriere divisorie al nostro interno. Al contrario… Nel Libro della Sapienza viene ricordato che i figli dei giusti si impegnarono al rispetto di una regola: condividere allo stesso modo successi e pericoli. Dovremmo tener conto, nel nostro Paese, di questa sapienza antica”.

Citando don Giussani ha ricordato che il ‘noi’ è la democrazia: “L’altro ci conduce meglio al domani. Insieme si consente alla società di pensarsi migliore domani. Naturalmente occorre sempre fare al meglio oggi ciò che è possibile nelle condizioni date, ma al tempo stesso dobbiamo progettare insieme un futuro migliore per noi, i nostri figli e i nostri nipoti: senza questa dualità, senza questo duplice percorso, la politica diventa sterile o ingannevole.

Per spezzare la catena dell’autoreferenzialità, dell’egoismo e, in definitiva, dell’impotenza della politica, e del tessuto sociale è necessario dare il giusto valore all’altro. Dare valore al dialogo. Mettere insieme le speranze e l’amicizia. L’amicizia è una leva della storia. Anche per questo è vero che ‘tu sei un bene per me’. L’egoismo non genera riscatto civile.

Può dare a qualcuno l’illusione di farcela da solo, mentre altri soccombono in questi mesi abbiamo assistito a un’esplosione di egoismo e abbiamo visto a cosa può condurre l’egoismo senza limiti, con l’assassinio di tante donne. Atti compiuti da coloro che pensano agli altri soltanto come appendici o dipendenza di sé”.

Ed ha concluso il suo discorso evidenziando il valore della Costituzione: “Questa visione è stata impressa, con straordinaria lucidità e lungimiranza, nei principi della nostra Costituzione, contenuti nella sua prima parte. E questo resta un obiettivo della Repubblica, da perseguire nel tempo, mutamento dei costumi, dei bisogni, nell’evoluzione del sistema sociale. Il nostro Paese è segnato da faglie antiche.

A queste si sono aggiunte nuove divisioni, quelle prodotte dal naturale mutamento delle condizioni, non sempre regolato in maniera equilibrata, e quelle provocate dalla lunga crisi economica degli ultimi anni. Dobbiamo lavorare con impegno per ricomporre le ferite e rendere l’Italia più robusta, più solidale, più competitiva, più importante per la costruzione europea. La scelta repubblicana ha influito, in grande misura, sulla definizione dell’identità del Paese.

La Repubblica ci ha aiutato a ricostruire la nostra storia unitaria e a collegare, sul piano etico e culturale, il primo Risorgimento con il secondo, cioè con la Resistenza e la Liberazione. La Repubblica, con la rinascita del Paese, ha permesso di superare le cesure di questa storia travagliata, su cui, ancora pochi decenni fa, insistevano sentimenti disgiunti e che, invece, le celebrazioni del 150^ dell’unità d’Italia, così partecipate e sentite, ci hanno restituito come un percorso nazionale di crescita nella libertà e nella coscienza civile”.

La giornata ‘costituzionale’ è stato conclusa dall’incontro con Luciano Violante, che ha presentato la mostra ‘L’incontro con l’altro: genio della Repubblica. 1946-2016’. Secondo il relatore la Repubblica non è solo una forma di governo e la sua scelta viene prima della Costituzione: “Ha alle spalle una riflessione critica sul potere assoluto e in questo si distingue dalla monarchia, che ad esso è compatibile”.

Poi ha analizzato ‘le tre fasi dei 70 anni della Repubblica’. La prima fase, caratterizzata dalla prevalenza di valori repubblicani con grandi riforme sociali dal 1948 al 1978, si conclude con l’assassinio di Moro e vede da una parte una sostanziale stabilità della linea politica, pur nella variazione dei governi, e dall’altra l’inizio della strategia di stragismo di matrice di destra e del terrorismo di sinistra.

La seconda fase va dal 1978 al 1989 ed è segnata da un progressivo allontanamento dei partiti dalla vita sociale, un innalzamento della spesa pubblica nel tentativo di tenere un simile rapporto e un incremento dello spirito liberale, poi sfociato nel dilagare dei populismi in tutto l’Occidente nella terza fase. Questa, che va dal 1990 ad oggi, secondo Violante è caratterizzata soprattutto da eventi quali la fine del bipolarismo internazionale, il trattato di Maastricht, tangentopoli e il referendum sul sistema elettorale maggioritario, fino alla recente trasformazione automatica di pur legittimi desideri in diritti:

“Non è uno scherzo vivere, comporta doveri e la necessità di andare oltre il contingente e il mero principio di convenienza. Il problema è quale significato ognuno di noi dà a questa vita: dire ‘tu sei un bene per me’ non è una dimensione angelicata, ma comporta una responsabilità”. Perché, ha continuato, “è scoprire il senso della vita che ti dà la forza di andare avanti; la vita è un impegno e una responsabilità e va vissuta con impegno e responsabilità anche sul piano politico e civile”.

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