La rivoluzione della misericordia

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L’esperienza ci istruisce che i malanni della psicologia umana derivano dall’orgoglio, dall’egoismo e dall’ipocrisia. L’orgoglioso è chi ricerca disordinatamente il prestigio, il valore, l’affermazione della propria persona. L’egoista guerreggia, calunnia, distrugge e ricerca disordinatamente il proprio comodo, l’utile, l’interesse, la convenienza. In effetti, l’orgoglioso egoista rappresenta quella sorta di mafioso che uccide l’altro con le armi che tiene a sua disposizione o che gli danno i mandanti di ogni assassinio e sono quei capi che non hanno né nome né volto. Questi individui bisogna lasciarli nel loro inferno di superbia in attesa che, toccati dall’amore, si convertano al rispetto dovuto alla dignità, alla libertà, alla nobiltà di ogni persona e a tutte quelle virtù umane che sono l’espressione della stima e del riguardo per tutti.

L’altro malanno della psicologia umana è l’ipocrisia. L’ipocrita, nell’aspetto appare raffinato, meticoloso e scrupoloso; dentro, invece, ha il cuore di pietra. Fuori, elargisce ossequi con falsi sorrisi accennati; dentro ha solo il peccato, ma un peccato senza ravvedimento, senza dolore e senza sete di redenzione.

La verità ci istruisce che non si può essere veri cristiani se, nello stile di vita, non si lascia trasparire la verità del Maestro Gesù. I suoi discepoli, infatti, non sono chiamati a recitare la sua storia facendo spettacolo di se stessi, ma a tradurla all’interno del vissuto quotidiano con umiltà e verità.

L’ipocrita è il commediante della fede che interpreta il suo punto di vista personale come se fosse verità assoluta. L’ipocrisia è il cattivo sentimento per eccellenza, è un vero giudizio pervertito: si pretende di essere segni di misericordia avendo un cuore e uno sguardo senza misericordia. L’ipocrita è il fariseo che sottrae a Dio il compito di stabilire ciò che è bene da ciò che è male; Gesù, giustamente lo definisce sepolcro imbiancato e cadavere vivente. Il fariseo s’illude di mostrarsi vivo e vivace ma in realtà, avendo un cuore di pietra, è cieco, spento e senza vita.

Sappiamo che il maligno tenta sempre con la falsa umiltà che è menzogna su se stessi attraverso l’innaturalità, l’insincerità e la falsa correttezza. Soltanto l’umile è capace di realizzare la verità nell’amore con la nobiltà del cuore, l’amabilità della persona, la trasparenza della coscienza, l’intensità dell’affetto e la libertà di spirito.

La verità non provoca mai orgoglio, egoismo e ipocrisia; non induce mai a malumore, pettegolezzo, maldicenza, calunnia e vendetta. La verità è pulizia di cuore e di mente, di bocca e di sguardo. La veritas in caritate non è solo affetto ed emozione, non cerca gratificazioni o autorealizzazioni egocentriche ma è capacità di dono gratuito di se stessi. Non è spontaneità emotiva, strumentalizzazione dell’altro per realizzare se stessi ma “espropriazione della soggettività”. San Paolo, nel celebre inno della lettera ai Filippesi, canta che Gesù, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso divenendo simile agli uomini (cf 2, 5-11).

Tutto deve evolversi alla luce di Colui che, non solo crea l’uomo a sua immagine, ma esige altresì che questa immagine sia rispettata e tenuta in onore. Con la creazione e la redenzione, pensiamo seriamente in che modo Dio tiene gelosamente in onore la sua creatura?  

Fare misericordia, dunque, significa realizzare in noi l’amore divino nella verità, nell’umiltà e nella bellezza della concordia: magnifico e drammatico cammino dell’uomo pellegrino dell’Assoluto. Questa è la vera rivoluzione che redime e divinizza l’uomo!

 

 

 

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