Appello dei leader religiosi per la pace in Sud Sudan

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Il Sudan, e soprattutto il Sud Sudan, è alle prese con una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, tantochè i leader religiosi del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan (South Sudan Council of Churches, Sscc) hanno ribadito il loro impegno a non fermarsi solo alle dichiarazioni e a proporre soluzioni concrete per arrivare alla pace nel martoriato Paese africano.

Il più giovane Stato del mondo negli ultimi 27 mesi è stato teatro di una guerra civile che ha colpito gran parte dei suoi 12.000.000 di abitanti: “Il nostro Paese ha bisogno di pace. Attraverso il nostro contributo inizieremo a trasformare la storia di un conflitto in una storia di pace. Attraverso i nostri forum riuniremo le parti interessate per discutere le cause del conflitto e programmare il futuro della nostra nazione”.

Infatti, la situazione umanitaria ha provocato oltre 40.000 persone che stanno morendo di fame mentre un quarto della popolazione ha urgente bisogno di aiuti alimentari. La nazione più giovane del mondo da tre anni è martoriata da una guerra civile che ha già causato decine di migliaia di vittime e milioni di profughi, eppure il Paese africano è ricco di acqua e terreni coltivabili nonché di petrolio, come ha ricordato il segretario generale di Caritas Internationalis, Michel Roy:

“Si tratta di una guerra dimenticata. Abbiamo avuto difficoltà a reperire fondi necessari per sostenere le popolazioni. Credo che la comunità internazionale sia cosciente di questa situazione. Oggi, ci sono persone in Sud Sudan che muoiono di fame e ciò non è accettabile. Così un intero Paese è in guerra e distrutto. Non c’era molto prima, ma ora è ancora peggio. E’ davvero una situazione terribile, una delle peggiori del mondo di oggi”.

Dal 2013, il Sud Sudan è stato coinvolto in una sanguinosa guerra civile tra i sostenitori del presidente Salva Kiir, ed il suo avversario ed ex vicepresidente, Rijek Machar. Secondo le Nazioni Unite, 6 persone su 10 hanno perso un membro della famiglia in una guerra nel corso della quale sono stati commessi crimini atroci. Alcune fonti parlano di 300.000 morti. Secondo l’ultimo rapporto della Fao, che riporta i dati dei primi mesi del 2016, più di 2.800.000 persone stanno affrontando una situazione di scarsità di cibo e insicurezza alimentare.

Si tratta di un terzo della popolazione, che secondo l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), la classificazione riconosciuta a livello mondiale per stabilire la gravità di una crisi alimentare, vive una condizione ‘allarmante’. Più di 2.300.000 persone sono dovute fuggire dalle proprie case a causa delle violenze che colpiscono il Paese; almeno 762.000 persone sono registrate dall’Unhcr come richiedenti asilo e rifugiati nei paesi confinanti.

Gli scontri, l’economia in calo e gli sbalzi climatici stanno peggiorando l’impatto della crisi. A Thonyor, nel nord del paese, Medici senza frontiere ha esaminato 322 bambini di cui il 4% sono risultati gravemente malnutriti. La situazione è particolarmente preoccupante a Kak, dove il 5,6% dei 515 bambini sottoposti a screening sono gravemente malnutriti.

Inoltre l’ong ‘Porte aperte’ ha denunciato il fatto che le autorità sudanesi hanno chiuso alcuni luoghi di culto cristiani nella capitale Khartoum. La persecuzione nei confronti dei non musulmani (la popolazione islamica nel Paese è il 98%), è apparsa evidente dopo la secessione del Sud Sudan:

“Dal Nord Sudan sono stati espulsi i cristiani stranieri, compiuti raid in librerie cristiane, effettuate incursioni nei luoghi di culto con arresti e minacce di morte ai leader cristiani sud sudanesi se non avessero cooperato nella ricerca di altri cristiani e demolite le chiese adducendo il pretesto che appartenevano a cittadini del Sud fuggiti dopo la separazione dei due Stati”.

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