Per la Chiesa l’ambiente è un bene pubblico

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Nell’enciclica ‘Laudato si’, papa Francesco ha scritto: “Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti.

Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale”.

Prendendo spunto dall’enciclica, molti vescovi italiani hanno alzato ‘la voce’ per ribadire che il territorio è un bene comune e va conservato come un bene prezioso per i figli. In Piemonte i vescovi hanno riaffermato il proprio no alle trivelle dell’Eni nel Vercellese per la ricerca di idrocarburi, perché ‘l’uomo è parte della natura e deve imparare a rispettarla’, come ha affermato mons. Marco Arnolfo, vescovo di Vercelli e presidente della Commissione per il lavoro e l’ambiente dei vescovi piemontesi riguardo al programma di trivellazioni petrolifere che l’Eni sta proponendo proprio nel vercellese e nelle province limitrofe (dove esistono pozzi da decenni):

“Con questa nota facciamo nostre le preoccupazioni delle Commissioni della Pastorale Sociale e del lavoro, Giustizia e Pace e Custodia del Creato delle diocesi coinvolte e desideriamo esprimere il sostegno alle iniziative locali che si oppongono ai progetti suddetti. Questi progetti, infatti, oltre al rischio per la salute degli abitanti mettono a repentaglio la bellezza dell’ambiente e snaturano con conseguenze gravi la vocazione turistica, agricola, vitivinicola dei nostri territori, mettendo, di conseguenza, a rischio molti posti di lavoro.

Occorre un’assunzione di responsabilità ambientale, economica e sociale da parte di ogni cittadino, soprattutto da parte di chi si dice cristiano e/o ha responsabilità pubbliche nel prendere in seria considerazione tutte le possibili interazioni tra ricerche di nuove fonti di energia che prevedono modificazioni al patrimonio idrico e le ripercussioni sulla salute derivanti dal rischio di compromissione delle falde acquifere. Questo non solo nel territorio in questione, ma su tutto il territorio oggetto di permessi”.

Spostandoci nel Sud, si ha notizia dei vescovi pugliesi contro il progetto governativo di trivellare il mare in cerca di petrolio, lungo le coste ad alta densità turistica. Si tratta di una mobilitazione che unisce le realtà locali della politica, della società e della Chiesa. Il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli, ha commentato la protesta contro questo progetto governativo:

“Il Sud non può diventare una pattumiera con tutti questi problemi. Non si può aggiungere problema a problema. Non si vede il motivo per cui con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare, tanto più che non ci sarà nessun guadagno dal punto di vista economico… Noto come a livello ecclesiale e civile ci sia un risveglio della coscienza e il desiderio di portare il proprio contributo alla soluzione di questi problemi.

Porto un piccolo esempio: tutti i vescovi del Sud Salento, da Lecce in giù, hanno diramato un documento, letto in tutte le parrocchie e divenuto oggetto di riflessione da parte di tutto il popolo di Dio presente nel nostro territorio… La scelta non sembra quindi razionale. Questo è il punto fondamentale. Certo, non risulta comprensibile perché si debba dare addirittura a sette multinazionali il compito di portare avanti delle ricerche che non porteranno alcun vantaggio economico ma che sicuramente deturperanno il territorio.

Se si tiene conto che l’unica risorsa del Meridione e del Sud Salento è il turismo, vuol dire che si aggiunge danno a danno; se poi si pensa che abbiamo già il grave problema della Xylella ancora non risolto, non so come si possa prevedere qualcosa del genere. Poi c’è tutto il problema dell’Ilva a Taranto… Insomma il Sud non può diventare una pattumiera con tutti questi problemi. Non si può aggiungere problema a problema. Non si vede il motivo per cui con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare, tanto più che non ci sarà nessun guadagno dal punto di vista economico”.

Uguale presa di decisione contro le trivellazioni è stata presa dall’arcidiocesi di Lanciano-Ortona, come ha affermato don Carmine Miccoli, responsabile della pastorale sociale dell’Arcidiocesi: “Già in passato in più occasioni e a vari livelli la Chiesa locale ha espresso la sua viva preoccupazione riguardo al riproporsi di progetti di sfruttamento petrolifero previsti in vaste aree dei nostri territori e delle nostre coste.

In questi mesi, in particolare, sono tornati al centro dell’attenzione ‘Ombrina Mare 2’ ed ‘Elsa 2’, entrambi al largo della nostra Costa dei Trabocchi. Raccogliendo l’accorato appello di tanti che hanno a cuore la salvaguardia del Creato di cui siamo custodi, sento l’esigenza di tornare ancora una volta a far sentire la mia voce in difesa dei luoghi dove viviamo…

Auspico ancora una volta che al più presto la politica tutta, dal Parlamento nazionale fino ai Consigli comunali, realizzi la necessaria svolta per rimettere la difesa della vita umana e dell’ambiente al centro del proprio agire, perché coloro che hanno a cuore il bene comune s’impegnino a difendere questa meravigliosa terra e il nostro litorale e il nostro mare, con tutti gli uomini, le donne e gli esseri viventi che vi abitano. A tutti chiedo di impegnarsi per fermare ogni progetto, non solo petrolifero, di sfruttamento selvaggio dell’ambiente naturale”.

Ed infine in Sicilia il vescovo di Agrigento, card. Francesco Montenegro, ha rivendicato il diritto di tutti all’acqua contro il progetto dell’Assemblea Regionale Siciliana di aprire anche alla privatizzazione: “Constato la violazione di questo diritto. Mi preoccupa il fatto che non pochi hanno difficoltà ad assicurarsi la fruibilità di un bene che è di tutti, tanto da restarne completamente privi nel caso non siano in grado di pagare il dovuto.

Lo Statuto della Regione Siciliana all’art. 14 considera l’acqua come ‘bene pubblico non assoggettabile a finalità lucrative, quale patrimonio da tutelare, in quanto risorsa pubblica limitata, essenziale ed insostituibile per la vita e per la comunità, di alto valore ambientale, culturale, sociale’. Ancora, la Risoluzione approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 28 luglio 2010 rimarca che la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile e all’acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto umano, individuale e collettivo non assoggettabile a ragioni di mercato…

Papa Francesco, con forza ha ricordato che ‘l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani’. Non permettere ai poveri l’accesso all’acqua significa negare il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità”.

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