La donna nella società e nella Chiesa

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Papa Paolo VI è stato il primo pontefice a proclamare dottori della chiesa le donne: il 4 ottobre 1970 egli riconobbe questo titolo a Teresa d’Avila e a Caterina da Siena. Papa Giovanni Paolo II proclamò, il 19 ottobre 1998, Teresa di Lisieux 32º dottore della chiesa, terza donna a fregiarsi di questo titolo.

Durante il Giubileo del 2000, papa Giovanni Paolo II fece pubblica ammenda per i peccati commessi nel passato dagli ecclesiastici: tra le sette categorie di peccati menzionati, vennero anche nominati i peccati contro la dignità delle donne e delle minoranze. Inoltre, il 10 luglio 1995 inviò una lettera destinata ‘ad ogni donna’ in cui chiedeva perdono per le ingiustizie compiute verso le donne nel nome di Cristo, la violazione dei diritti femminili e per la denigrazione storica delle donne.

Papa Benedetto XVI, il 7 ottobre 2012, ha proclamato Dottore della Chiesa la monaca medievale Ildegarda di Bingen. Infine papa Francesco, in un passo dell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, ha parlato del ruolo della donna nella Chiesa, invitando i teologi a indagare il possibile ruolo della donna negli ambiti dove si prendono decisioni importanti per la Chiesa.

Ultimamente l’interesse della Chiesa per la donna vanno collocati in continuità con il Concilio Vaticano II, che alla sua conclusione inviò un messaggio alle donne, riconoscendo l’importante compito delle donne nella società: “Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora nella quale la donna acquista nella società una influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto.

E’ per questo, in un momento in cui l’umanità conosce una così grande trasformazione, che le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere”.

In linea con il Concilio Vaticano II l’assemblea del Sinodo dei Vescovi del 1971, nel capitolo III del documento sulla giustizia nel mondo ribadiva il messaggio del Concilio Vaticano II sul ruolo della donna nella Chiesa, chiedendo (fatto straordinario) una commissione di studio formata anche da donne:

“Vogliamo che le donne abbiano la propria parte di responsabilità e di partecipazione nella vita comunitaria della società e anche della Chiesa. Noi proponiamo che questo argomento venga sottoposto a profondo esame, con mezzi adeguati, per esempio ad opera di una commissione mista composta di uomini e donne, di religiosi e laici di diverse condizioni e competenze”.

Papa Paolo VI, accogliendo questa richiesta, costituisce nel 1973 una Commissione di studio sulla donna nella società e nella Chiesa, che lavora attivamente fino a gennaio 1976.

La finalità principale del lavoro della commissione, secondo le parole di papa Paolo VI durante la prima assemblea plenaria, celebrata a Roma dal 15 al 18 novembre 1973, era quello di “raccogliere, verificare, interpretare, rivedere, esprimere correttamente le idee sul ruolo della donna nella comunità moderna”, studiando il “confronto fra le aspirazioni del mondo di oggi e l’illuminante dottrina della Chiesa, la piena partecipazione della donna alla vita comunitaria della Chiesa e della società”.

La commissione lavora circa due anni e mezzo, cercando di integrare le grandi linee della visione rinnovata della società umana con la visione fedele all’insegnamento e alla tradizione della Chiesa, cosciente che questo significa approfondire la sacra Scrittura a partire da nuove categorie e con i nuovi metodi.

Papa Giovanni Paolo II ha ripreso questo studio dell’apporto della donna nella Chiesa e nella lettera pastorale ‘Mulieris dignitatem’, sulla dignità e vocazione della donna, scritta in occasione dell’anno mariano (1988), difende la specificità femminile accanto a novità antropologiche. La teologa Cettina Militello ha osservato che questa lettera è il primo documento pontificio che assume il femminile come chiave ermeneutica.

Anche papa Francesco, riprendendo la lettera pastorale di papa Giovanni Paolo II, ha riconosciuto, nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, l’apporto della donna: “Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica.

Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Perché ‘il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo’ e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali.

Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne, a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la medesima dignità, pongono alla Chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere”.

Ed alle partecipanti al congresso del Cif (Centro italiano femminile) del 2014 il papa ha ribadito: “Questi nuovi spazi e responsabilità che si sono aperti, e che auspico vivamente possano ulteriormente espandersi alla presenza e all’attività delle donne, tanto nell’ambito ecclesiale quanto in quello civile e delle professioni, non possono far dimenticare il ruolo insostituibile della donna nella famiglia.

Le doti di delicatezza, peculiare sensibilità e tenerezza, di cui è ricco l’animo femminile, rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l’irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma una realtà senza la quale la vocazione umana sarebbe irrealizzabile. E questo è importante.

Senza questi atteggiamenti, senza queste doti della donna, la vocazione umana non può essere realizzata. Se nel mondo del lavoro e nella sfera pubblica è importante l’apporto più incisivo del genio femminile, tale apporto rimane imprescindibile nell’ambito della famiglia, che per noi cristiani non è semplicemente un luogo privato, ma quella ‘Chiesa domestica’, la cui salute e prosperità è condizione per la salute e prosperità della Chiesa e della società stessa”.

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