“Modello Helsinki” ancora attuale per una pace non “a pezzi”. A Villa Nazareth ne parlano Prodi e Parolin

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Rievocare gli snodi cruciali della Conferenza di Helsinki del 1975 e attualizzarne il messaggio di pace e sicurezza in un mondo in cui sembra combattersi, come ripete spesso Papa Francesco, una guerra mondiale “a pezzi”. Sono i temi che hanno attraversato la due giorni del convegno “Il governo di un mondo multipolare”, tenutosi venerdì 20 e sabato 21 novembre a Roma, a Villa Nazareth, per ricordare il 40° anniversario della storica Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, a cui hanno partecipato, tra gli altri, il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e l’ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi.

La Conferenza di Helsinki costituì un momento di alto confronto internazionale, a cui – per la prima volta dal Congresso di Vienna del 1815 – prese parte anche la Santa Sede, che offrì, soprattutto attraverso monsignor Agostino Casaroli e monsignor Achille Silvestrini, un fondamentale contributo diplomatico e culturale sui diritti dell’uomo e sulla libertà religiosa. E proprio a Silvestrini ha voluto significativamente rendere omaggio il cardinal Parolin. “Il Cardinale – “Don Achille” per noi di Villa Nazareth – è stato uno degli operai della prima ora di quella svolta epocale, sintetizzando così quegli anni di lavorio, di incontri, di negoziato e di risultati diplomatici rilevanti: «Helsinki è stata un’intuizione di grande significato»”.

Organizzato dalla Fondazione Domenico Tardini e dalla comunità degli universitari di Villa Nazareth, il convegno ha segnato la conclusione di un percorso di riflessione e ricerca sulla Conferenza, con un prologo in un precedente seminario svoltosi a maggio, promosso dagli studenti sotto la guida del professor Vincenzo Buonomo, ordinario di diritto internazionale all’Università Lateranense. Ma innegabilmente le due giornate di novembre non potevano non tener conto del clima e degli interrogativi suscitati dopo i tragici avvenimenti di Parigi di una settimana prima e l’attentato in Mali appena compiuto, che hanno scosso le coscienze dell’opinione pubblica internazionale e sollecitato risposte e riflessioni dalle istituzioni civili e religiose e dal mondo della cultura e dell’università.

Ad aprire il convegno, a cui hanno partecipato anche gli ambasciatori di Colombia e Russia presso la Santa Sede, sono stati monsignor Claudio Maria Celli, vice presidente di Villa Nazareth, e il professor Buonomo, che ha proposto una interessante rilettura del sistema delle relazioni internazionali in un mondo “globale” dai “cambiamenti repentini”. Un mondo – ha proseguito Buonomo – “che pur avendo smarrito punti di riferimento duraturi, si ritrova alle prese con situazioni nuove e impreviste, talora di difficile soluzione”. Da qui, ha proseguito il giurista, il bivio tra l’impossibilità di “procedere a soluzioni unilaterali da un lato, e dall’altro la tendenza a riporre ogni soluzione nell’esercizio della volontà di potenza”. Come governare allora la “convivenza della famiglia umana”, in cui “trovano spazi sentimenti di contrapposizione, conflitto, odio e violenza”? Ribadendo il valore dell’unità della famiglia umana nel confronto con i singoli Stati, in una dialettica fra il “diritto all’identità” e il “diritto alla partecipazione” e con il costruire – ha concluso l’internazionalista – una nuova relazionalità fra i protagonisti della vita internazionale. Come insegna proprio la lezione della Conferenza di Helsinki, di cui il professor Rosario Sapienza, professore di diritto internazionale a Catania, ha delineato scientificamente la struttura che ha poi condotto all’attuale Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), un “modello di cooperazione ‘europea’ proiettata oltre lo Stato federale continentale”, utile anche oggi per aiutare la costruzione di un’Unione Europea ancora impantanata.

Maggiormente centrato sull’attualità, denso di riferimenti politici, esperienze e aneddoti personali è stato l’intervento del professor Romano Prodi, che ha esposto la sua opinione sugli scenari politici attuali soffermandosi in modo particolare su Cina e Russia, potenze in ascesa che nel giro di pochi anni tracceranno le nuove linee guida della politica internazionale. “Se oggi parliamo di multipolarismo è perché c’è stato un periodo in cui si parlava di governo monopolare, in cui dominava l’asse espresso dagli Usa, adesso non più in grado di reggere da soli il mondo. Oggi le “carte politiche” le dà la Russia, anche grazie agli errori fatti dagli Stati Uniti che hanno reso l’assetto della politica estera da monopolare a multipolare”. Con una assenza di peso, nello scenario internazionale: l’Europa, che “si è sempre dimostrata divisa e che anche con l’introduzione dell’euro non ha risolto la frammentazione strutturale che la caratterizza”. Sono infatti le singole nazioni  – a detta dell’ex Presidente della Commissione Ue – a condurre la politica europea ed è assente tra gli Stati aderenti una visione comune che ne possa orientare le scelte. “L’Europa fatica ad affermarsi sulla scena politica internazionale, è trascinata e non è trascinante nonostante rimanga una potenza economica al pari degli Usa”, ha concluso il professore.

Il ruolo del diplomatico e la sua funzione di facilitatore dei processi di pace attraverso il dialogo sono stati al centro dell’intervento del cardinale Pietro Parolin, intervenuto nella seconda giornata dei lavori insieme agli storici Emma Fattorini e Franco Cardini e al professor Carlo Ossola, filologo e critico letterario. “All’attacco portato nel cuore di Parigi – ha esordito il Segretario di Stato con un riferimento stringente all’attualità – sembra prevalere come sola risposta la volontà di contrapporsi alla forza delle armi con gli stessi mezzi. Certo ogni Stato ha diritto alla sicurezza. Non possiamo però dimenticare che le azioni finalizzate a perseguire la sicurezza fuori dallo spazio sovrano di un Paese implicano il ricorso alle sedi decisionali presenti nella Comunità internazionale e soprattutto richiamano la diplomazia alle sue responsabilità. E’ paradossale assistere ad un allargamento delle attività terroristiche nonostante l’esistenza di una regolazione internazionale di contrasto, volontariamente decisa dagli Stati, ben strutturata e pensata anzitutto in funzione preventiva. Cosa non funziona, allora: le regole o la volontà di applicarle?”, si è chiesto il porporato. Per la Santa Sede, ha aggiunto il numero uno della diplomazia pontificia, il quadro attuale è “frutto di tendenze che hanno messo da parte la prevalenza di principi e regole comuni per far spazio ad un ritornante unilateralismo, anche se espresso attraverso decisioni collettive o strumenti dell’integrazione. Un tale orientamento, avendo come riferimento il modello di Helsinki, appare una strada senza uscita e forse anche difficile da percorrere perché potrà portare ad una “pace a pezzi”, che non basta. In questo momento, ha proseguito Parolin, “la Santa Sede si dichiara pronta ad assicurare ogni possibile contributo perché sia effettivo – riprendendo le parole di Papa Francesco all’Assemblea delle Nazioni Unite – «il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato», per evitare che l’immobilismo resti l’unica strategia e le armi la sola risposta”. E il “modello di Helsinki” può essere ancora “valido – ha detto ancora il cardinale – perché esso tende a lasciare ai singoli Stati un margine di autonomia ristretto, se non addirittura residuale, nel perseguire interessi individuali e ancor più esclusivi ed escludenti”. Sull’analisi dell’Islam, sui timori che i fatti di Parigi non riportino al cliché dello “scontro di civiltà” e sulla costruzione di una nuova identità per l’Europa, si sono invece soffermati Franco Cardini e Carlo Ossola, mentre a conclusione dei lavori sono state presentate le comunicazioni scientifiche di Giacomo Guarini, Alessandro Leopardi e Margherita Elia, giovani studiosi di Villa Nazareth, che hanno approfondito le tematiche affrontate nel convegno rispetto a contesti particolari come l’Asia, l’America Latina e i rapporti tra la diplomazia pontificia e l’Europa esaminati attraverso l’operato del cardinal Silvestrini. Fondata a Roma nel 1946 da monsignor Domenico Tardini, in seguito cardinale e Segretario di Stato di San Giovanni XXIII, Villa Nazareth è un’istituzione nata per ospitare bambini e orfani in condizioni disagiate, assicurando una formazione umana e cristiana e un regolare percorso di studi. Oggi è un collegio universitario parte della Conferenza permanente dei Collegi Universitari di Merito, con oltre 140 studenti sostenuti a Roma e in tutta Italia, a cui sono offerte numerose opportunità formative e culturali, e soggiorni all’estero. Nel 1980 è nata l’Associazione “Domenico Tardini”, divenuta Fondazione nel 1986 e dal 2004 riconosciuta di diritto pontificio, formata da ex alunni e altri amici che si impegnano a vivere “il significato cristiano dell’esistenza, il rispetto della dignità della persona, il valore della cultura”. Nel 2016 la comunità di Villa Nazareth celebrerà il suo 70° di istituzione con appuntamenti culturali e spirituali, in concomitanza con il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco.

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