Da Firenze il nuovo umanesimo cristiano

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Nella presentazione del testo del V^ Convegno nazionale ecclesiale, che si svolge dal 9 al 13 novembre a Firenze, l’arcivescovo di Torino, card. Cesare Nosiglia, presidente del comitato preparatorio, ha scritto: “Lo sguardo amorevole è quello che ha fatto scaturire le esperienze e le proposte arrivate da tutta Italia, e che riflettono la realtà di una Chiesa in cammino (‘in uscita’, come chiede il Papa)… Obiettivo di questa traccia è continuare un dialogo e un cammino, stimolando la consapevolezza ecclesiale, e cercare insieme vie nuove per affrontare le sfide coltivando la pienezza della nostra umanità, più che formulare teorie umanistiche astratte o offrire programmi e schemi pastorali precostituiti”.

E negli incontri svoltisi in questi mesi nelle diocesi italiane il card. Nosiglia ha ricordato di fronte alla crisi antropologica sta il messaggio della fede cristiana, che porta i credenti a rispondere con la proposta di un umanesimo cristiano capace di dialogare con il mondo:

“Da qui scaturisce il primo compito che la Chiesa oggi è chiamata non solo a svolgere, ma a manifestare, nel senso che la gente deve vedere in concreto che è ciò che primariamente la interessa: la comunicazione della fede in Gesù Cristo, ritenendone destinatari tutti gli uomini, nessuno escluso, credenti e non…

Niente è più decisivo dell’annuncio di Cristo morto e risorto, niente è più specifico e originale e proprio della Chiesa di questo: in ogni ambiente di vita e di lavoro, in ogni situazione, il kerigma e la proposta della Parola di Dio sono decisivi per fondare ogni altro discorso sui valori e sull’etica dei comportamenti.

Nessuna realtà, nessuna persona è impenetrabile al Vangelo, perché in esso si trova la risposta e la proposta alternativa, vera e piena a tutte le più profonde aspirazioni del cuore di ogni persona; la Parola di Dio è luce e guida che penetra nel tessuto dell’esistenza concreta degli affetti, del lavoro e del tempo libero, della sofferenza, dell’educazione e della cittadinanza, per purificarla, assumerla e orientarla verso il suo vero fine, che va oltre la realtà storica e appella al ‘di più’ del suo compimento nel Regno di Dio”.

Quindi per il vescovo di Torino il convegno fiorentino serve alla Chiesa per seguire la via tracciata dall’enciclica ‘Gaudium et Spes’: “Occorre pertanto sviluppare un sapiente ed equilibrato discernimento, sotto la guida dello Spirito del Signore, sugli avvenimenti, le esigenze e le aspirazioni degli uomini che sono proprie del resto anche dei cristiani, per scoprire in essi i veri segni della presenza o del disegno di Dio…

I processi di formazione, catechesi, omelia, predicazione… debbono essere ripensati a partire da questa prospettiva che unisce insieme annuncio di Gesù Cristo, cultura e comunicazione. Bisogna ammettere che spesso la separazione tra fede e vita, cultura e vita, fa parte anche proprio dei nostri itinerari formativi, che non tengono conto di sostenere questa cesura nella concreta esistenza del cristiano, per cui i nodi del vissuto familiare, sociale, lavorativo, culturale… non entrano in gioco, restano fuori, assenti.

A questo non può non aggiungersi come decisivo lo sforzo di accogliere, ascoltare, accompagnare i cammini diversi delle persone alla fede e alla vita ecclesiale, superando regole standard per tutti, avvicinando la gente soprattutto nelle occasioni di vita più forti e decisive per il loro futuro, facendosi prossimi, incontrandoli dove vivono, lavorano, soffrono”.

Il vescovo di Pistoia ed assistente generale dell’Azione Cattolica, mons. Mansueto Bianchi, ha tracciato le linee delle 250 risposte giunte del questionario inviato a diocesi e gruppi ecclesiali, che sono laboratori di umanesimo cristiano che possono incidere nella società:

“Attraverso le esperienze raccontate dalle diocesi è possibile leggere, come in filigrana, la complessa realtà di vita in cui siamo immersi, il contesto in cui l’annuncio di un umanesimo rinnovato in Cristo Gesù può e deve essere lievito: il contesto degli ‘umanesimi’ vigenti e delle diverse antropologie…

Veramente riconoscere il volto di Dio manifestatosi umanamente in Cristo Gesù ci permette di capire a fondo il nostro stesso esser-uomini, con le nostre potenzialità e responsabilità. E’ in tal senso che occorre interpretare la promessa fatta dal Maestro a Pietro e, in lui, alla comunità dei suoi discepoli: ‘Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli’. Non significa dover fare i censori dell’umanità.

Al contrario, significa tentare sempre tutto il possibile per risolvere qualsiasi nodo, impegnare al massimo grado la nostra creatività per districare ogni matassa, non trovar requie prima d’aver tagliato tutti i legacci che frenano l’uomo e d’aver spezzato le catene che gli impediscono di raggiungere la sua più alta misura: quella che gli è data in Cristo Gesù”.

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