Nella Repubblica Centraficana attendono il papa della pace

Condividi su...

Nell’angelus di domenica scorsa papa Francesco ha affermato che domenica 29 novembre aprirà la Porta Santa nella cattedrale di Notre Dame di Bangui, capitale della Repubblica Centraficana:

“Esprimo la mia solidarietà alla Chiesa, alle altre confessioni religiose e all’intera nazione Centrafricana, così duramente provate mentre compiono ogni sforzo per superare le divisioni e riprendere il cammino della pace. Per manifestare la vicinanza orante di tutta la Chiesa a questa Nazione così afflitta e tormentata ed esortare tutti i centroafricani ad essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione, domenica 29 novembre ho in animo di aprire la porta santa della cattedrale di Bangui, durante il Viaggio apostolico che spero di poter realizzare in quella Nazione”.

Dopo l’annuncio cresce l’attesa della popolazione della Repubblica del Centrafrica, dove domenica 13 dicembre si svolgeranno anche le elezioni presidenziali, secondo le parole dell’arcivescovo di Bangui e presidente della Conferenza episcopale centrafricana, mons. Dieudonné Nzapalainga, nell’intervista rilasciata al Tg2000:

“L’imam l’ha detto apertamente: il Papa non viene per i cristiani, viene per tutti. E anche altri imam hanno detto chiaramente che la venuta del Papa è una benedizione di Dio… La visita del Papa, qui lo dicono tutti, porterà un messaggio di speranza. Noi siamo un paese povero e l’attenzione della comunità internazionale ora è volta verso situazioni di crisi in altri luoghi. Il Papa viene a incontrare i poveri, ad attirare l’attenzione dei paesi ricchi verso i poveri, verso quelli che soffrono; e permetterà a questo popolo di porre la prima pietra per una riconciliazione tra i centrafricani”.

La Repubblica Centrafricana, dopo l’indipendenza dalla Francia nel 1960, è stato retto da governi militari fino al 1993. Poi, 10 anni di governo civile, interrotti dal colpo di Stato e dal governo di transizione del generale Bozizè, eletto presidente nelle contestate elezioni del 2005. Il Nord resta fuori del controllo e si rafforzano gruppi ribelli che portano agli scontri scoppiati nel 2012.

Purtroppo, la Repubblica Centrafricana resta uno dei Paesi più poveri della Terra: “La situazione è ancora piuttosto tesa, nel senso che gli incidenti che ci sono stati alla fine di settembre e ai primi di ottobre hanno segnato profondamente il clima, soprattutto nella capitale.

Certamente gli scontri armati sono cessati e la presidente sta cercando di trovare una via d’uscita, per il momento, incontrando tutte le parti e ascoltando quello che ciascuno ha da dire. Ma sarà un processo che, necessariamente, prenderà del tempo, e al momento ancora non si vede la soluzione. Però, intanto si è smesso di sparare, e questa già è una cosa molto positiva”.

Ed ad Aiuto alla Chiesa che Soffre mons. Cyr-Nestor Yapaupa, vescovo di Alindao, ha affermato che la Chiesa cerca di combattere la povertà e sanare le profonde ferite nel cuore della popolazione: “E’ nel nostro territorio che la Seleka ha iniziato la sua ribellione… Per il momento la loro presenza è circoscritta ad alcune aree, ma ora vari gruppi ribelli si sono uniti e sostengono di voler marciare nuovamente verso la capitale. Possiedono molte armi e sono ancora estremamente pericolosi”.

Per la Caritas occorrono più fondi per aiutare i rifugiati originari della Repubblica Centrafricana accolti negli Stati confinanti, come ha affermato mons. Robert J Vitillo, delegato presso le Nazioni Unite a Ginevra: occorre che le Ong ricevano una percentuale maggiore dei fondi resi disponibili dai donatori internazionali.

Circa 190.000 persone sono fuggite dal Centrafricana da quando, nel dicembre 2013, le milizie anti-balaka hanno investito la capitale Bangui, cacciando il governo formato dagli ex ribelli Seleka. Queste persone si sono aggiunte alle 230.000 rifugiatesi nei Paesi vicini nei mesi precedenti, portando il totale dei rifugiati provenienti dal Centrafrica a circa 425.000.

I principali Paesi di accoglienza sono Camerun, Ciad e Repubblica Democratica del Congo. In questi Stati la Caritas ha avviato programmi di formazione professionale a favore dei rifugiati oltre a fornire assistenza in campo educativo, sanitario (compresa l’erogazione di acqua potabile) e alimentare.

Inoltre migliaia di civili nella Repubblica Centroafricana sono stati uccisi in due anni di conflitto armato in quelli che un rapporto dell’Onu definisce crimini di guerra e contro l’umanità. In un documento i vescovi hanno lamentato che esistono ancora molte difficoltà da affrontare: in primo luogo la violenza, che nonostante il miglioramento delle condizioni generali di sicurezza, colpisce ancora diverse località del Paese, tra cui la stessa capitale, Bangui.

Una violenza, si denuncia nel messaggio, provocata spesso da “gruppi armati non convenzionali che continuano a reclutare giovani che drogano, utilizzandoli contro la pace, l’unità e il bene comune. Queste milizie occupano delle sezioni intere del territorio nazionale che sottomettono al terrore e al saccheggio”.

Infine i vescovi hanno denunciato che “persone accusate di stregonerie sono interrate vive sulla base di semplici denunce attraverso l’abominevole pratica della giustizia popolare. I problemi coniugali si regolano a volte a colpi di granata o di coltello. Si diffondono i crimini passionali e i regolamenti di conti. La forte circolazione di armi da fuoco ha contribuito a suscitare questa nuova cultura di violenza e di morte”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50