Expò: la sfida per un mondo da condividere?

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Expò 2015 in questi sei mesi ha accolto la visita di tante persone: anche io non ho potuto mancare all’evento (ero a Lecco con la famiglia), perché il tema stuzzicava e così in un giorno ho visitato la fiera. Il tutto si giocava sulla sostenibilità del pianeta tra Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati, anche se molti Paesi hanno optato per una visibilità turistica.

Questa è stata la vera sfida tra chi intendeva usare le biotecnologie per poter sfamare il mondo e chi sosteneva un giusto consumo delle risorse per sfamare il mondo. Una sfida avvincente, ma la distanza tra queste due concezioni di stili di vita è ancora abissale.

Non avendo potuto visitare il padiglione ‘Italia’ per via delle sterminate code ho iniziato la visita dal padiglione del Vaticano, un po’ incuriosito anche dalla sua presentazione ed anche dall’esposizione dell’arazzo di l’arazzo di Rubens sull’Ultima cena, conservato alla Pinacoteca di Ancona, e dalle installazioni multimediali, con al centro una tavola imbandita con la rappresentazione di tutte le nazioni, che aggiungeva o toglieva il cibo secondo di come la gente usava il cibo sulla tavola, tantoché i visitatori sono stati più di 1.500.000.

Il tema del padiglione della Santa Sede era: ‘Not by bread alone – Non di solo pane’ per evidenziare soprattutto la dimensione interiore, religiosa e culturale che tocca sia la persona, sia le sue relazioni a tutti i livelli. Il nutrimento interiore è tanto necessario quanto quello che risponde ai bisogni più immediati.

Dal valore universale della condivisione e della solidarietà fino alla tutela delle risorse della Terra che non vanno sprecate o depredate, il padiglione della Santa Sede ha promosso una riflessione profonda sul concetto del ‘nutrimento’ in quattro ambiti: ‘Un giardino da custodire sulla tutela del creato’, con tutte le sue risorse, dono elargito dal Creatore a tutta l’umanità, bene che non va sprecato o depredato e distrutto;

‘Un cibo da condividere’: la pagina evangelica della moltiplicazione dei pani è stata l’immagine guida di questo ambito, in cui si sottolinea il valore universale della condivisione e della solidarietà, espresso in ambito cristiano da molteplici istituzioni che hanno attuato questo comandamento dell’amore fraterno;

‘Un pasto che educa’: l’ambito educativo è fondamentale per formare le giovani generazioni ad una cultura della relazione umana centrata sull’essenziale e non sullo spreco consumista (delle cose come delle persone); ‘Un pane che rende Dio presente nel mondo’: esiste infine una dimensione tipicamente religiosa e cristiana, ed è quella dell’Eucaristia, della mensa della Parola e del Pane di vita.

Sulla stessa linea la presenza della Caritas, che ha voluto ‘dividere per moltiplicare’ per mettere in luce le disuguaglianze che esistono nel mondo proprio su un tema cruciale come il cibo e proporre stili di vita che pongano al centro la persona. Per testimoniare la continuità con il tema generale, dopo la chiusura della kermesse milanese, Caritas continuerà a gestire il ‘Refettorio Ambrosiano’, che sarà il nuovo patrimonio della città, che è un progetto di testimonianza che ha visto le eccedenze alimentari divenire eccellenza culinaria, l’arte sposare la solidarietà.

Anche il padiglione dell’Angola ha meritato la visita, perché ha proposto un viaggio attraverso il cibo locale, per capire come i suoi prodotti sono e potranno essere utilizzati dalle future generazioni per raggiungere stili di vita più sani e sostenibili. L’Angola ha scelto di elaborare il tema con l’obiettivo di trasmettere tutta la cultura e l’anima di nazione africana attraverso la ricchezza e la diversità delle sue tradizioni culinarie: educare per innovare.

Invece i Paesi latinoamericani, specialmente Argentina e Brasile, hanno puntato il loro concept sullo sviluppo agro tecnologico,in quanto i due Paesi sono grandi produttori e quindi esportatori di prodotti primari, ma che purtroppo al loro interno hanno problemi di sottonutrizione.

Una sorpresa è stato il padiglione della Corea del Sud, che ha saputo coniugare tradizione ed innovazione, utilizzando il meglio della scienza e della tecnologia d’avanguardia nel campo del cibo, dell’ambiente e della fisiologia umana, cercando di applicare le tradizioni per risolvere le sfide con cui si sta confrontando l’intera umanità; queste tradizioni si basano sull’antica credenza coreana che la natura non sia un oggetto che deve essere conquistato dagli esseri umani, ma che deve essere compreso e trattato con rispetto.

Per quanto riguarda l’Europa il padiglione della Francia ha puntato la sua riflessione sull’aumento della produzione agricola per sfamare il mondo per permettere ai Paesi in via di sviluppo di raggiungere l’autosufficienza alimentare. Questo pensiero è stato affrontato anche dal padiglione della Svizzera, che lo ha sviluppato però in maniera originale per una seria riflessione del visitatore: le risorse alimentari sono disponibili in quantità limitata.

I generi alimentari sono stati a completa disposizione dei visitatori con un unico rifornimento: tutti hanno potuto goderne se ciascuno è stato responsabile; metafora della necessità di utilizzare le risorse in modo sostenibile. Però alla fine idee originali non ne ho viste e quelle poche provenienti dai Paesi in via di sviluppo, se non quella che per nutrire il nostro pianeta occorre un consumo equilibrato ed in condivisione.

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