Il Sinodo: comunione ecclesiale

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Nel commemorare il 50^ anniversario dell’istituzione del Sinodo papa Francesco ha chiesto una ridefinizione dell’esercizio del primato di Pietro che possa servire all’unità delle Chiese.

Il papa ha ricordato ciò che il Concilio Vaticano II ha proclamato, e cioè che “la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando ‘dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici’ mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale”.

Papa Francesco ha sottolineaato il suo voler dare valore al Sinodo nella continuità conciliare: “che costituisce una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare. Per il Beato Paolo VI, il Sinodo dei Vescovi doveva riproporre l’immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo spirito e il metodo. Lo stesso Pontefice prospettava che l’organismo sinodale ‘col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato’.

A lui faceva eco, 20 anni più tardi, San Giovanni Paolo II, allorché affermava che ‘forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente’. Infine, nel 2006, Benedetto XVI approvava alcune variazioni all’Ordo Synodi Episcoporum, anche alla luce delle disposizioni del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, promulgati nel frattempo”.

Ha ricordato che la sinodalità è costitutiva della Chiesa in ascolto, come è stato operato per questo sinodo sulla famiglia: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare ‘è più che sentire’. E’ un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo ‘Spirito della verità’, per conoscere ciò che Egli ‘dice alle Chiese’.

Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa… La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico… In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei Vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali”.

Questa ‘funzione’ di comunione per comprendere meglio il ministero della Chiesa è intuizione di papa Paolo VI, che lo istituì come frutto del Concilio Vaticano II, tantoché nell’inaugurazione della prima assemblea dei vescovi, avvenuta il 30 settembre 1967, ricordando l’assenza imposta dal regime sovietico dei cardinali Wyszyński, arcivescovo di Varsavia, e Wojtyła, arcivescovo di Cracovia, disse:

“E voi siete finalmente rappresentanti dell’intero Corpo gerarchico della Chiesa cattolica, il quale a sua volta rappresenta Cristo Signore, unico, sommo Capo invisibile della Santa Chiesa, dal quale ogni grazia ci è largita ed ogni potestà a noi proviene. Ed in certo senso voi rappresentate, come sapete, il popolo cristiano, non quasi da lui derivi l’investitura del vostro mandato, ma perché voi, rappresentanti di Cristo presso il popolo stesso, ne conoscete i bisogni ed i desideri, e ne procurate il bene spirituale e la salvezza cristiana…

A Noi ora basti rilevare come questo nuovo organo posto al centro della Chiesa stessa sia in armonia con quello spirito di unione e di collaborazione fra la Sede Apostolica e l’Episcopato cattolico e i Superiori maggiori delle Famiglie religiose, che il Concilio ha sperimentato ed ha promosso, e come questo medesimo Synodus intenda favorire la circolazione delle conoscenze e delle esperienze riguardanti la vita della Chiesa, offrendo ai Capi dei Dicasteri della Curia Romana ed ai Rappresentanti delle varie circoscrizioni ecclesiastiche occasione di incontrarsi e di discutere su determinati temi d’interesse generale; e come esso produca in tal modo in quanti hanno responsabilità di magistero e di governo pastorale nella Chiesa di Dio uno stato di vigilanza e di operosità, qual è richiesto dalle condizioni del tempo presente”.

Ed è stato proprio papa Giovanni Paolo II, nell’omelia conclusiva del VI Sinodo dei vescovi, il 29 ottobre 1983, a sottolineare la collegialità ecclesiale: “Il Sinodo dei Vescovi, che la Chiesa ha ereditato dal Concilio Vaticano II, è veramente un grande bene. Ne siamo sempre più convinti. Ogni sessione ci conferma in questo convincimento.

Ritengo di esprimere in queste parole il pensiero comune, ma soprattutto desidero manifestare il mio proprio. Il Sinodo dei Vescovi è una manifestazione particolarmente preziosa della collegialità episcopale della Chiesa, e un suo strumento particolarmente efficace. Forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente…

Il Sinodo è, si potrebbe dire, un mezzo umile, e al tempo stesso sufficientemente efficace. Se formalmente prevale il carattere consultivo dei suoi lavori, è difficile non scorgere in quale misura queste ‘consulenze’ abbiano contemporaneamente un importante peso ecclesiale. È quindi ancor più importante che i documenti, che appaiono dopo il Sinodo, riflettano il comune pensiero dell’assemblea sinodale e del Papa che presiede ad essa d’ufficio”.

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