Incontro Studi Acli ad Arezzo: giustizia e pace, germi di una nuova società

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‘Giustizia e Pace si baceranno. Ridurre le disuguaglianze per animare la democrazia’: è il titolo dell’Incontro nazionale di studi delle Acli in programma ad Arezzo dal 17 al 19 settembre, come ha spiegato Roberto Rossini, responsabile Ufficio Studi Acli nazionali:

“L’Incontro di studi 2015 si concentra sulla giustizia sociale, perché osserviamo la forte crescita delle disuguaglianze che rompono la coesione sociale e pongono in stallo la democrazia che regola il nostro convivere. Sulla base dell’esortazione all’impegno ed all’assunzione di responsabilità nel mondo attuale, che Papa Francesco ha rivolto alle Acli nell’udienza del 23 maggio scorso per il 70^ dell’Associazione, crediamo che, per gettare delle fondamenta di giustizia, il nostro primo compito è riscoprirci popolo, appartenenti ad un comune destino.

Dobbiamo passare dal ‘non mi riguarda’ al ‘mi preoccupo dell’altro’. Per questo è essenziale il ruolo politico e non solo esecutivo, dei corpi intermedi, che sono in grado di essere collante tra le persone”.

Il titolo, ‘Giustizia e Pace si baceranno’, tratto dal salmo 84, descrive l’avvento del mondo nuovo dove giustizia e pace si baciano, e poco prima amore e verità s’incontrano. Emerge una festa del vivere pacifico che nasce dal superamento delle ingiustizie, del vivere nella concordia che si realizza quando la verità non è offuscata da ideologie o menzogne.

Il programma prevede l’intervento di studiosi, testimoni della società civile, del mondo politico ed ecclesiale. Ci saranno spazi di studio e altri di dibattito, momenti di spettacolo e altri di preghiera. Nel manifesto di presentazione le Acli sottolineano che la diseguaglianza è una realtà da sconfiggere: “La disuguaglianza che cresce tra gli uomini e le donne del nostro tempo è insopportabile.

Se per pochi la qualità della vita offre opportunità di benessere inimmaginabili, molti altri combattono, anche tra loro, per raggiungere una condizione umana appena dignitosa. Nel mondo questo squilibrio, originato da sistemi economici ingiusti e processi politici insensibili, è aggravato da derive neoliberiste, terrorismo internazionale, finanza priva di etica, disastri ambientali, conflitti disumani.

C’è una continua dispersione sociale che impoverisce la nostra coscienza di popolo e mina le basi per una reale partecipazione democratica dei cittadini. I più deboli sono i primi a pagarne le conseguenze. L’ingiustizia sociale toglie il respiro alla pace e soffoca la comunità. Ridurre le disuguaglianze è un compito arduo, alto, possibile e che ci riguarda, se desideriamo un mondo più giusto e se immaginiamo uno sviluppo umano sostenibile, rispettoso del creato e pacificato nelle sue relazioni.

La crescita della disuguaglianza ha dimensioni mondiali e nazionali: nell’area Ocse il 10% più ricco della popolazione guadagna circa 10 volte di più del 10% più povero, quando solo pochi decenni fa il rapporto era di poco superiore a 7. Oxfam sostiene che il reddito dell’1% dei più ricchi del mondo ammonta a 110.000.000.000.000 di dollari, ovvero 65 volte il totale della ricchezza della metà della popolazione più povera”.

Durante il seminario si analizzeranno i generatori di questa diseguaglianza, dovuta all’illegalità, che frena la libera iniziativa di singoli e di organizzazioni; l’individualismo valoriale, che porta a uno sterile narcisismo e a preferire la competizione alla cooperazione; l’abitudine ai compromessi, che alimenta omertà e assuefazione alle ingiustizie e a favoritismi;

la debolezza del rapporto democratico tra cittadini e loro rappresentanti, che conduce a derive populiste o, ai nostri tempi, a scorciatoie digitali; la speculazione finanziaria selvaggia, che nella sua avidità desertifica l’economia; la progressiva riduzione della spesa per le politiche sociali, che porta all’isolamento delle persone in difficoltà.

A questi generatori le Acli vogliono proporre tre ‘rivoluzioni’. Sentirsi popolo: “Questi generatori di ingiustizia sono come forze centrifughe che emarginano ed escludono socialmente soprattutto i giovani, gli immigrati, le donne, le famiglie, i lavoratori meno tutelati.

D’altra parte quando rincorriamo i nostri interessi per garantirci la sopravvivenza o per conservare posizioni di privilegio, quando escludiamo a priori il diverso, quando adoriamo il denaro, quando non ci sentiamo più responsabili dell’altro, allora viene meno il nostro patto civico e avvertiamo la paura di essere non-popolo”.

Essere educativi: “Lo sviluppo integrale della persona si realizza attraverso il perseguimento del bene di tutti e di ciascuno e nel rispetto pieno della dignità umana, dal concepimento alla morte naturale. Tale sviluppo passa anche attraverso le dimensioni sociali e politiche.

Sono dimensioni che non possono trascurare il protagonismo di ognuno, che anima la democrazia e che si nutre del dovere di partecipare alla vita sociale. La partecipazione è un atteggiamento da trasmettere alle generazioni future attraverso l’esempio e la testimonianza, aprendo spazi di solidarietà ai giovani in cui essi possano esprimersi e verificarsi come cittadini liberi e responsabili”.

Il terzo passo è la rivoluzione economica: “E’ allora necessario un nuovo pensiero sull’economia. Dobbiamo riscoprire la sua naturale vocazione e riscoprire il suo nome, ovvero la dimensione dell’abitare la casa dell’uomo secondo la ‘giusta misura’. Vogliamo un’economia che serva e non essere servi di un’economia tirannica.

L’economia è uno strumento per le persone, nasce per creare ‘le regole della casa’, per prestare attenzione a tutti gli abitanti della ‘casa’, in considerazione delle differenze peculiari di ognuno. Per ridurre le disuguaglianze riteniamo essenziale un modello che riduca le iniquità e non le riproduca: un sistema in grado di redistribuire le risorse”.

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