Vita consacrata: intervista ad un monastero

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Nella lettera per l’anno della vita consacrata, ‘Rallegratevi’, la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha scritto: “Chi ha incontrato il Signore e lo segue con fedeltà è un messaggero della gioia dello Spirito… La persona chiamata è convocata a se stessa, cioè al suo poter essere.

Forse non è gratuito dire che la crisi della vita consacrata passa anche dall’incapacità di riconoscere tale profonda chiamata, anche in coloro che già vivono tale vocazione. Viviamo una crisi di fedeltà, intesa come consapevole adesione a una chiamata che è un percorso, un cammino dal suo misterioso inizio alla sua misteriosa fine. Forse siamo anche in una crisi di umanizzazione. Stiamo vivendo la limitatezza di una coerenza a tutto tondo, feriti dall’incapacità di condurre nel tempo la nostra vita come vocazione unitaria e cammino fedele”.

Partendo da questo postulato abbiamo incontrato le carmelitane scalze del monastero di santa Teresa di Tolentino. Santa Teresa d’Avila nel libro delle ‘Fondazioni’ ha scritto:

“So per esperienza, prescindendo da ciò che ne ho letto in molti libri, il grande vantaggio che deriva ad un’anima quando non si allontana dall’obbedienza. So che da ciò dipende il progresso nella virtù e l’acquisto graduale dell’umiltà; nell’obbedienza sta la sicurezza contro il timore di smarrire la strada del cielo, timore che è bene sia sentito da noi mortali finché dura questa vita; nell’obbedienza sta la pace così apprezzata dalle anime che desiderano piacere a Dio.

Se infatti con tutta sincerità esse si sottopongono a questa santa obbedienza e vi assoggettano l’intelletto, non volendo ascoltare altro parere che quello del proprio confessore, e se sono anime di religiosi, del proprio superiore, il demonio cessa di assalirle procurando continue cause di agitazione perché sa ormai che ne uscirà con perdita anziché con guadagno”.

Dopo 500 anni cosa dice ancora oggi santa Teresa?
“Santa Teresa si è lasciata attraversare il cuore e la vita dai problemi della Chiesa e della gente del suo tempo, ma ha attinto dal suo straordinario rapporto con Dio risposte che suonano ancora oggi attuali e feconde. Ha saputo cogliere alcune ‘costanti’ dell’animo umano, come ad esempio l’insaziabile fame d’amore, la necessità di relazioni appaganti, il bisogno di verità e di giustizia; e ha ‘incanalato’ queste domande nella preghiera e nell’impegno a costruire relazioni umane plasmate dal Vangelo”.

Qual è stata la vostra attrazione verso questa Santa?
“Ognuna di noi potrebbe dare a questa domanda una riposta diversa… e qui siamo 19! Uno degli aspetti più affascinanti della personalità di Teresa d’Avila è la sua passione per Dio e per l’uomo, inseparabilmente: l’una non elimina l’altra, anzi, la include.

C’è poi il non rinnegare nulla di ciò che è buono della nostra umanità, ma il desiderio di portarlo a pienezza nel rapporto con Cristo: cioè, la parola di Teresa non è mortificante ed è piena di sano realismo; ci dice espressamente che non dobbiamo pretendere di diventare angeli, insensibili a ciò che capita, agli affetti, alle amicizie.

Anzi! Proprio lei era sensibilissima, sapeva coltivare amicizie lungo il tempo ed era capace di far sentire i suoi interlocutori accolti, amati e desiderati. Se appare radicale nel chiedere alcune rinunce o nello stile di vita che propone alle sue figlie carmelitane scalze, lo fa sempre con uno sguardo pedagogico: è come una guida alpina che prepara dei principianti scalatori ad arrivare in vetta richiedendo loro un allenamento disciplinato, e sa che non possono caricarsi sulle spalle pesi che poi rallenterebbero il cammino.

Il magistero di santa Teresa è così, ancora oggi, profondamente autentico e liberante, attraversato da una fine psicologia e da un vibrante senso dell’umorismo”.

Come vivere la clausura in un mondo sempre più in rapida evoluzione?
“I segni materiali della clausura (come la grata, le ruote) esprimono la nostra ‘marginalità’ e la necessità di ‘filtrare’ ciò che accostiamo (relazioni, immagini, notizie etc.), ma si tratta di cose abbastanza secondarie, che possono cambiare nel tempo. Ciò che, invece, rimane, è il significato profondo della nostra vocazione, che vuole ogni giorno di rifondarsi nel Vangelo, cercando di vivere l’Amicizia con il Signore e fra di noi come servizio alla Chiesa e all’umanità”.

Cos’è per voi la preghiera?
“E’ come un prolungato abbraccio che vorrebbe portare tutti al Cuore di Dio perché solo da Lui può venire il ‘pane quotidiano’ necessario a ciascuno. Santa Teresa ha orientato tutta la nostra preghiera a beneficio degli altri e, in particolare, della Chiesa e dei suoi pastori.

Ma ci ha lasciato anche una definizione originale di preghiera come ‘un rapporto di amicizia, un frequente intrattenersi da solo a Solo con Colui dal quale sappiamo di essere amati’. E tutti abbiamo fatto esperienza di come sia esigente una relazione d’amicizia se portata avanti nel tempo con lealtà. Ma anche ben sappiamo quanta forza doni al cuore e alla vita la certezza di un amore fedele!”

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