Il Papa, Castro e gli States, una storia lunga trent’anni

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Che ora è? sembra chiedere Giovanni Paolo II appena arrivato all’ aereoporto de l’ Habana nel 1998 a Fidel Castro. É una della foto più significative di quel viaggio, storico e irripetibile che arrivava dieci anni dopo un altro viaggio, quello del cardinale Etchegaray a nome del Papa. In quel viaggio si era deciso che il Papa visitasse la “perla dei Caraibi”. L’aveva definita così proprio Giovanni Paolo II salutandola a distanza nel 1984 dalla costa del Portorico. Nel 1996 Castro viene ricevuto in Vaticano, e poi arriva l’ora di intraprendere nuovi cammini, l’ora per un popolo di riprendere il fluire della storia. Dal 21 al 26 gennaio del 1998 Giovanni Paolo II è a Cuba, invitato da Fidel Castro in persona, chiede più libertà di religione, parla del “vento dello Spirito che soffia dove vuole”, celebra la messa nella Piazza della Rivoluzione e vicino a Jose Martì e Che Guevara un milione di cubani vedono una grande immagine di Cristo. Il papa è andato con la chiara intenzione di chiedere una nuova era per la Chiesa a Cuba. Grazie a quel viaggio arriveranno i frati francescani e le suore di Santa Brigida ad aprire nuove case e conventi, e si festeggerà per la prima volta il Natale. E Wojtyla non va solo a condannare il regima castrista. Condanna il “ neoliberalismo capitalista che subordina la persona umana e condiziona lo sviluppo dei popoli alle forze cieche del mercato.” Condanna l’ embargo degli Stati Uniti, incorona la Virgen del Cobre simbolo della storia di un popolo che deve “vincere l’isolamento ed aprirsi al mondo.”

La visita è un evento talmente eccezionale per l’isola che perfino il fotografo della rivoluzione, del Che, Korda fotografa passo passo tutti gli eventi e raccoglie immagini ed emozioni in un libro che segna una svolta nella sua carriera. A Cuba, Giovanni Paolo II vuole soprattutto infondere coraggio ad una Chiesa perseguitata per più di trent’anni, ma sa che il suo progetto, eminentemente pastorale, ha anche riflessi politici; d’altronde, la politica può essere importante nell’aiutare (o contrastare) una vera promozione umana.

Nel 2008 qual viaggio viene ricordato con un altro viaggio. Non è il Papa ad andare, ma il suo infaticabile segretario di stato, Tarcisio Bertone. Quindici giorni di visite e colloqui. Tra cui quallo con il successore di Fidel. “Raul misura tutte le parole come prova a fare il Segretario di Stato”.  Il numero due del Vaticano è il primo rappresentante straniero ad incontrare il successore di Fidel Castro, il fratello Raul. “Sembra che si possano aprire porte, perché Raul conosce bene le difficoltà del popolo, le mancanze, le aspirazioni” ha detto il cardinale Bertone prima dell’ incontro ufficiale. Il neo presidente e il porporato suggellano così un patto non scritto di collaborazione tra Stato e Chiesa nell’isola caraibica. Dopo una settimana di visite, messe, inaugurazioni e incontri per celebrare la vista di Giovanni Paolo II dieci anni prima, un intero pomeriggio il cardinale lo dedica ai politici.

In un incontro con la stampa il cardinale aveva parlato di solidarietà e collaborazione tra Stato e Chiesa dopo il colloquio con il ministro degli esteri Felipe Perez Roque. Il cubano ha detto che “la volontà del governo di continuare a lavorare ed ampliare anche la comunicazione fluida e cordiale tra Stato e Chiesa cubana, per creare le condizioni necessarie a portare avanti il compito della Chiesa” “Con le autorità cubane- risponde Bertone- abbiamo anche esaminato questioni concrete, abbiamo avuto convergenze di punti di vista, anche su temi internazionali, e parlato di giustizia e di aiuto ai poveri”. Qualche richiesta di clemenza per i detenuti ? La Chiesa “non chiede amnistie ma gesti che conducano alla riconciliazione” risponde il cardinale. Ai diplomatici accreditati a Cuba, il Segretario di Stato vaticano dice che “ la libertà religiosa non sarebbe integrale ed autentica se non comportasse anche una dimensione pubblica.”

Quindi uno stato che vuole rispettare questa libertà deve creare condizioni che permettano ai cittadini di adempiere i loro obblighi spirituali.Certo la situazione rimane complessa a Cuba e forse Raul tenterà di affidare alla Chiesa cattolica il compito di dirottare le aspirazioni di libertà verso la spiritualità.

Passano altri quattro anni e il secondo Papa visita Cuba. Benedetto XVI incontra il vecchio Fidel Castro che fa domande sulla liturgia e sui libri da leggere. Il Papa chiede e ottiene che a Cuba il Venerdì Santo non sia giorno di lavoro. Una Pasqua diversa per l’isola della rivoluzione marxista che riceve un Pontefice per la seconda volta in 14 anni. Benedetto XVI davanti alla Madonna della Carità del Cobre, prega per i prigionieri, i contadini, chiede il rispetto della libertà religiosa, non solo di culto, e la fine dell’embargo che strema la popolazione e arricchisce gli affaristi.

In aereo gli avevano chiesto cosa è cambiato dal viaggio di Giovanni Paolo II. Una visita che, dice Ratzinger, “ha inaugurato una strada di collaborazione e di dialogo costruttivo; una strada che è lunga e che esige pazienza, ma va avanti. Oggi è evidente che l’ideologia marxista com’era concepita, non risponde più alla realtà: così non si può più rispondere e costruire un società; devono essere trovati nuovi modelli, con pazienza e in modo costruttivo. In questo processo, che esige pazienza ma anche decisione, vogliamo aiutare in spirito di dialogo, per evitare traumi e per aiutare il cammino verso una società fraterna e giusta come la desideriamo per tutto il mondo e vogliamo collaborare in questo senso. È ovvio che la Chiesa stia sempre dalla parte della libertà: libertà della coscienza, libertà della religione. In tale senso contribuiamo, contribuiscono proprio anche semplici fedeli in questo cammino in avanti.”

Da quel 1984 sono passati trent’anni. Anni in cui la diplomazia vaticana ha lavorato sottovoce, ma con decisione per cambiare la situazione. Per porre fine all’ embargo da un lato e per difendere i diritti umani violati dall’altro. Il 17 dicembre 2014 arriva la dichiarazione di Obama e Raula Castro: si riaprono le relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba. Era ormai arrivato il momento. E i due riconoscono il lavoro della Santa Sede. Papa Francesco ha messo a posto l’ultimo tassello di un puzzle che riordina la storia. Ha mandato due lettere a due capi di stato che avevano bisogno solo di una “scusa politica” per fare quello che ormai era inevitabile. E hanno scelto il giorno del compleanno del Papa per farlo. Un bel gesto che permette loro di portare a casa due risultati: quello concreto, soprattutto economico, e quello d’immagine. Per la Santa Sede è il premio di anni di lavoro dietro le quinte, per Papa Francesco un modo insolito di festeggiare il compleanno.

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