Ambrogio di Milano: un santo contemporaneo

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Il 7 dicembre, anniversario della sua ordinazione episcopale (avvenuta nel 374), la Chiesa ambrosiana celebra la solennità di sant’Ambrogio (334-397), patrono di Milano e compatrono (con San Carlo) della Diocesi. Il prof. Santiago de Apellániz, in un intervento del 2010, ha affermato:

“Gli interventi del vescovo Ambrogio nelle questioni temporali dell’epoca, così come quelli dei vescovi di oggi, mettono in evidenza il fatto che l’autonomia e l’indipendenza necessarie per l’agire della sfera politica e di quella religiosa non implicano mancanza di comunicazione o isolamento fra le stesse. Così, per esempio, il santo segnala l’esistenza di doveri religiosi propri della sfera di azione dell’autorità politica, che fanno riferimento sia alla libertà religiosa dei cittadini dell’impero sia all’onore dovuto a Dio.

Pertanto, ci sembra che per tracciare il suo dualismo politico-religioso il santo parta da una realtà accettata nella società del suo tempo: la dimensione pubblica del fatto religioso. Ciò che il vescovo aggiunge è che questa venga espressa in dualità di ambiti. Vale a dire che l’autorità politica deve riconoscere la centralità di Dio nella vita dei popoli, ma debba farlo in un modo consono alla natura e al fine che le sono propri: il servizio che deve rendere a Dio si deve esprimere nel compimento fedele della sua missione, cercando il bene comune dei cittadini con atti non religiosi, ma civili…

Possono forse essere motivo di riflessione per i responsabili della sfera politica, e anche per tutti i cittadini, il significato del carattere relativo dell’autonomia dell’autorità politica e l’irrinunciabile vincolo dell’esercizio di questa autorità con l’ordine morale, indicati dal santo”. Vediamo alcuni punti salienti del suo pensiero civile.

Nella ‘Vita di Naboth’, che prende lo spunto da una vicenda narrata nel primo libro dei Re e trattante i temi della proprietà privata, della ricchezza e della povertà, sant’Ambrogio afferma: “Fino a dove, o ricchi, estendete le vostre bestiali cupidigie? Vorrete forse finire ad abitare soltanto voi la terra, rivendicandone solo voi il possesso? La terra fu data in possesso a tutti, ricchi e poveri: perché, allora, vi arrogate il diritto di proprietà esclusiva del suolo?… Il mondo fu creato per tutti e, invece, voi pochi ricchi cercate di appropriarvene… Ma perché vi attraggono tanto le ricchezze della natura?

Il mondo è stato creato per tutti, e voi, taluni pochi ricchi, vi sforzate di riservarvelo per voi soli. E non è questione solo della proprietà della terra: fino allo stesso cielo, l’aria e il mare, tutto reclamano per il proprio uso tal uni pochi ricchi… Voi, ricchi, tutto strappate ai poveri, e non lasciate loro nulla; e ciò nondimeno, la vostra pena è maggiore della loro… I poveri, per davvero, non hanno di che vivere. E voi non usate le vostre ricchezze, né le lasciate usare agli altri. Tirate l’oro fuori delle vene dei metalli, ma poi lo nascondete nuovamente. E quante vite rinchiudete insieme con quell’oro!”.

Questo libro, così denso di educazione alla cittadinanza, è stato richiamato da papa Paolo VI al n^ 23 dell’Enciclica ‘Populorum progressio’: “Si sa con quale fermezza i Padri della Chiesa hanno precisato quale debba essere l’atteggiamento di coloro che posseggono nei confronti di coloro che sono nel bisogno: ‘Non è del tuo avere, afferma sant’Ambrogio, che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché quel che è dato in comune per l’uso di tutti è ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi’. E’ come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario”.

Nel libro ‘I doveri dei ministri’ Ambrogio sottolinea i diritti dei poveri: “La misericordia è parte della giustizia… Perché è ingiusto che colui che è completamente uguale a te, non sia aiutato dal suo simile, soprattutto in considerazione del fatto che il nostro Signore Iddio volle che questa terra fosse possesso comune di tutti gli uomini, e diede frutti a vantaggio di tutti loro; ma l’avidità divise i diritti delle proprietà…

Vi rendete conto che ci muoviamo tra molte immagini di Cristo? Dunque, attenti a non dare la sensazione che noi spogliamo queste immagini della corona che Cristo stesso ha posto su ciascuno. Facciamo in modo di non togliere niente a colui al quale dobbiamo viceversa dare. E noi, tuttavia, anziché agire così, non solo non onoriamo i poveri, ma addirittura li disonoriamo, li annientiamo, li perseguitiamo, e neppure ci rendiamo conto del fatto che, ogni volta che crediamo di poter recare loro danno, noi causiamo quelle ingiurie all’immagine di Dio. Chi si fa beffe del povero, irrita colui che il povero creò”.

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