Il Papa a Strasburgo, per scuotere l’Europa

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Incompiuta, come la cattedrale di Strasburgo. Un monumento tra cielo e terra, con un orologio astrologico che da secoli segna il battere del tempo in attesa del giudizio universale secondo un meccanismo perfetto che si conclude con la benedizione di Cristo, la Cattedrale non è però stata mai terminata. Eppure è lì che Robert Schuman, alsaziano, in odore di beatificazione, pensò il progetto di Unione Europea. È lì che portò Jean Monnet, non credente, ma sensibile ai valori della pace, per costruire l’architettura dell’Europa insieme ai due leader cattolici De Gasperi e Adenauer. Ed è lì, dall’azzurro delle vetrate, che la leggenda narra sia venuta l’idea della bandiera europea. Ed è proprio questa splendida cattedrale intitolata a Notre Dame che forse rappresenta meglio di tutte il sogno europeo. Quello di un architettura bella, perfetta da vedere. Ma incompiuta.

Papa Francesco non passerà nella Cattedrale che si prepara a celebrare i mille anni dalla fondazione. Ma sarà a poca distanza, prima al Parlamento Europeo e poi al Consiglio d’Europa. Un viaggio significativo, secondo padre Patrick Daly, Segretario Generale del COMECE, che mette in luce come il Papa “prima di andare in qualunque altro Paese Europeo, si reca nelle istituzioni europee.” Un segnale, certo, che il Papa riconosce una dignità al progetto europeo. Ed è anche certo che il Papa ci tiene alle radici cristiane dell’Europa. Parlando a braccio di fronte ai vescovi europei del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, ha parlato chiaramente di una istituzione che non ha riconosciuto una delle sue radici.

Di cosa parlerà il Papa a Strasburgo? Il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz ha delineato più volte l’agenda, che spera sarà sui temi della povertà, delle periferie, del crollo demografico. Un protocollo semplice, “simile a quello utilizzato per il presidente italiano Giorgio Napolitano” dice il portavoce del Parlamento Europeo in un briefing all’ultimo minuto, quasi a voler accreditare la visione dei laici secolaristi che sostengono che il Papa è solo un capo di Stato come gli altri. Il fatto che il Papa non faccia alcun incontro pastorale (nemmeno una preghiera con i Parlamentari cattolici) aiuta a portare avanti questa idea. E allo stesso tempo, sembra che si voglia far diventare un incontro tra amici, dato che Schulz ha invitato anche Helma Schmidt, la donna (ormai ultranovantenne) che ospitò Bergoglio quando questi venne a studiare in Germania e doveva imparare il tedesco.

D’altro canto, i parlamentari cattolici europei sperano che il Papa prende le mosse da questi problemi, molto concreti: la crisi finanziaria, il problema della disoccupazione, specialmente il dramma della disoccupazione giovanile; e che da lì spicchi il volo, parli della famiglia, una istituzione completamente distrutta non solo dal bisogno economico, ma anche dall’Europa senza radici.

 

Perché i dibattiti in corso, nelle istituzioni europee, riguardano in molti casi la vita umana. Aborto tardivo, eutanasia, maternità surrogata, fecondazione in vitro sono termini ormai troppo comuni. In nome di una presunta libertà si negano tutte le libertà. Racconta Gregor Puppinck, che guida l’European Center for Law and Justice, che ormai non si riconosce nemmeno alla Chiesa la libertà di chiedere alle persone di rispettare un impegno. Come l’impegno sul matrimonio. Tanto che uno dei casi arrivati alla Corte Europea riguarda un professore di una scuola cattolica che ha ricorso contro la decisione della scuola di licenziarlo perché si era divorziato e risposato.

C’è molta attesa, da tutti i rami del Parlamento. E c’è anche un modo in cui la visita del Papa a Strasburgo può ricollegarsi idealmente al viaggio in Turchia che è programmato dal 28 al 30 novembre. Perché nell’Europa senza radici, proprio le varie confessioni cristiane possono unirsi, anche a livello politico, per lottare affinché l’Europa ritorni quel sogno umano di una pace duratura alla ricerca del bene comune.

Un sogno che resta anche nella bozza di Costituzione Europea del 2003. Non faceva riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Ma sottolineava che la bandiera europea era di 12 stelle su fondo azzurro. Sono le dodici stelle di Maria, le dodici stelle dell’Apocalisse, che si trovano sulla medaglia miracolosa che il giovane artista Arsene Heiz porta sempre con me. È a quella che lui si ispira nel proporre la bandiera europea. E quelle dodici stelle restano sempre dodici, nonostante ora gli Stati che compongono l’Europa siano 28 (e quando fu fondata erano solo 6).

Quella bandiera, quel riferimento, forse resta l’unico baluardo cui si può aggrappare l’Europa cristiana. In cerca delle sue radici, deve sempre lottare in favore dell’essere umano, ovvero in favore del progetto di Dio. Lo sottolineò Giovanni Paolo II, nel suo discorso al Consiglio d’Europa nel 1988: “Riuniti nelle famiglie, nelle città, nei popoli, gli esseri umani non soffrono invano: il cristianesimo insegna loro che la storia non è un ciclo indifferente che eternamente ricomincia, ma trova un significato nell’alleanza che Dio propone agli uomini per invitarli ad accettare liberamente il suo regno”.

Solo quando lo farà, l’Europa potrà essere veramente un progetto compiuto.

 

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