Il Papa in preghiera sulle tombe di Redipuglia

Condividi su...

Sabato 13 settembre papa Francesco arriverà  a Redipuglia in elicottero alle ore 8.50. La messa al Sacrario militare sarà celebrata alle ore 10 per commemorare i caduti di tutti i conflitti nel centenario dello scoppio della Grande Guerra. Prima degli incontri ufficiali il Papa effettuerà una visita privata nel cimitero austroungarico di Fogliano, dove entrerà da solo per raccogliersi in preghiera davanti al monumento centrale, in cui sono stati tumulati 7.000 soldati ignoti.

Nelle ore più drammatiche del conflitto mediorientale assume ancora più risalto l’anniversario dei cento anni dall’inizio della ‘Grande Guerra’ 1914-18: una tragedia che sconvolse l’Europa con oltre 6.000.000 di vittime, ma che non fu ancora abbastanza per scongiurare un secondo conflitto e la follia dei totalitarismi che hanno segnato il Novecento.

Infatti nei mesi scorsi è risuonato forte l’appello a ‘superare l’egoismo degli Stati nazionali’ dei vescovi della  Germania che fanno memoria delle cause che hanno innescato il conflitto e contemporaneamente ricordano il comportamento coraggioso di singoli cattolici, laici, preti, cappellani militari, vescovi, che hanno cercato di diffondere uno spirito di riconciliazione in mezzo al disastro. Ma accanto a loro, dicono con altrettanto coraggio i pastori tedeschi, non si può dimenticare la connivenza di tanti vescovi e cattolici nell’affermarsi poi del nazionalsocialismo che ha condotto alla follia della Shoah e al secondo conflitto mondiale:

“La UE ha creato un ordine di pace che ha preso il posto dello scontro violento. Basterebbe guardare indietro agli orrori della guerra per essere indotti a custodire con tutte le nostre forze questo progetto così da evitare il ritorno a ogni forma di nazionalismo unilaterale”. Sulla stessa lunghezza d’onda la Conferenza episcopale d’Austria, sede d’innesco della Grande Guerra, che già a metà giugno, in occasione dell’assemblea plenaria di primavera a Mariazell, avevano accostato la ‘catastrofe del 1914’ alla gravità crescente del conflitto in Siria e ai numerosi focolai di guerre nel mondo.

E in occasione della visita del Papa l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Radaelli, ha scritto una lettera, ‘Egli è la nostra Pace’, ai suoi fedeli,  pubblicata anche in sloveno e in tedesco: “E’ evidente che generici appelli alla pace, alla riconciliazione, al perdono, alla fratellanza non sono sufficienti. Come non sono utili nostalgie nazionalistiche o patriottiche, ormai fuori tempo, o posizioni ingenuamente pacifiste”.

Una Lettera, quasi un dovere di coscienza, in una terra, quella friulana che non può limitarsi a “ridurre l’anniversario a un avvenimento di solo interesse storico, culturale e persino turistico” perché altissimo è stato il tributo di sangue e sofferenze pagato dai suoi abitanti, segnando in maniera indelebile quei luoghi teatro di aspre battaglie:

“Quanto sangue è stato versato inutilmente su queste alture e lungo il nostro fiume. Sangue di giovani di eserciti di molte nazionalità, quasi tutti di fede cristiana. E l’inutile strage ha avuto una continuazione dopo un paio di decenni nella seconda guerra mondiale, altro conflitto che ha ferito profondamente e in modo indelebile il nostro territorio”.

Nella lettera il vescovo ha invitato ad approfondire i motivi non solo storicamente, ma anche sotto il profilo della Chiesa: “Che cosa pensava allora la Chiesa della guerra? Perché il magistero del papa non è stato ascoltato e i suoi sforzi per evitare il conflitto (per altro già di papa Pio X) o per chiuderlo non hanno avuto effetto? C’era una posizione comune tra i cattolici? Quanto sono stati determinanti, per stare al solo contesto italiano, fattori come la dottrina tradizionale della ‘guerra giusta’ e l’impreparazione teorica nel valutare moralmente un nuovo modo di fare la guerra, il desiderio di mostrarsi leali verso il nuovo Stato unitario italiano (costruito con accentuate caratteristiche anti-cattoliche), l’impegno di essere comunque solidali con la popolazione (si può ricordare la dedizione eroica di molti cappellani, di parroci e di vescovi che non hanno abbandonato la loro gente)?”

Esaminando la Parola di Dio, soprattutto il brano delle Beatitudini, mons. Radaelli ha sottolineato l’insegnamento della Chiesa, partendo da papa Benedetto XV: “Nella Chiesa e nella società civile è giusto che ci siano persone che assumano ruoli profetici di forte richiamo ai valori della pace, disposti a pagare anche di persona. Ma insieme ci devono essere persone che con realismo e speranza (non quindi un realismo cinico, bensì un realismo evangelico e umano), affrontino con responsabilità le scelte anche in campo militare finalizzate a garantire la pace qui e nelle situazioni di palese e prolungata ingiustizia.

Come applicare l’art. 11 della Costituzione italiana? Non tutti i modelli di difesa e neppure tutti gli armamenti sono adatti a garantire la difesa della pace per noi e per gli altri. In questo campo bisogna evitare i due estremi: dire no sempre e comunque, lasciar correre su qualunque scelta. La comunità cristiana e la comunità civile in uno stato democratico che ripudia la guerra, devono poter dire qualcosa sulle scelte della difesa e deve dirlo anzitutto chi ne ha la responsabilità…

Concludo ricordando che l’azione più decisiva per la pace è quella educativa. Anzitutto quella rivolta alle giovani generazioni, per le quali 100 anni sono quasi un’era geologica. Venendo qui a vedere i luoghi dove ragazzi poco più grandi di loro si sono uccisi in una guerra assurda (mio nonno aveva compiuto 18 anni in trincea e tanti erano giovanissimi come lui…), possono però capire che la pace non è una cosa ovvia ma va costruita giorno per giorno, allora come oggi”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50