Con il Papa in Terra Santa

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Cinquant’anni dopo non è facile ricreare lo stesso effetto. Il viaggio di Papa Francesco in Terra Santa vuole celebrare quello di Paolo VI nel 1964. L’abbraccio con il Patriarca di Costantinopoli questa volta si trasforma in preghiera ecumenica nella Chiesa dell’Anastasis, davanti all’edicola del Santo Sepolcro. Nella Chiesa dove i cristiani celebrano la liturgia seconda divisioni orarie rigidissime tra le varie confessioni, per la prima volta il Papa di Roma, il Patriarca Armeno e quello Bizantino pregheranno insieme. Un fatto importante. Poco prima avranno firmato una ulteriore dichiarazione congiunta nella sede della Delegazione Apostolica di Gerusalemme. Ma dai tempi del viaggio di Paolo VI, che visitò Giordania, Israele e Palestina, molte cose sono cambiate. Così il viaggio di Francesco è diventato, in soli tre giorni, una corsa ad ostacoli per rispettare tutte le tappe che ormai sono obbligate per i nuovi rapporti tra gli stati. In effetti sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI prolungarono il loro soggiorno in Medio Oriente per più di una settimana. E questo anche per avere il tempo di celebrare diverse messe con i cristiani di Israele mantenendo anche gli impegni politici e interreligiosi.  Per il dialogo in effetti il Papa argentino ha scelto di far entrare nel seguito papale due suoi amici personali: il rabbino Abram Skorka, e Omar Abboud, studioso e esponente musulmano. Non saranno sul volo che porta il Papa e il seguito da Roma ad Amman, ma si uniranno al gruppo il sabato e la domenica. Nel seguito del Papa invece non sono previsti i patriarchi delle Chiese cristiane d’Oriente. Ma i patriarchi dei riti greco, maronita, caldeo, siro, copto ed armeno seguiranno comunque il viaggio del Papa.

Quattro di loro saranno di fianco al papa lungo tutto il pellegrinaggio (il patriarca maronita, caldeo, siro e copto), e gli altri due solo per una parte. E i cristiani nella terra di Gesù di problemi ne devono affrontare molti, ogni giorno.  Ad esempio appena nel marzo scorso il Consiglio degli ordinari cattolici di Terra Santa ha approvato un documento preparato dalla Commissione ʺGiustizia e Paceʺ che fa riferimento al disegno di legge del Knesset che intende stabilire una distinzione tra palestinesi cristiani e musulmani, e secondo il quale i cristiani palestinesi in Israele non sarebbero palestinese. Di conseguenza, essi dovrebbero rendere il servizio militare israeliano. C’è poi il problema delle violenze che le “primavere arabe” hanno portato in un’area sempre bollente.

Non conflitti di religione, ma conflitti politici, azioni di un terrorismo che si nasconde dietro etichette pseudo religiose, con omicidi violenti e rituali e con migliaia di famiglie che hanno ingrossato le fila dei profughi. C’è la diaspora dei cristiani e nello stesso tempo la immigrazione di lavoratori cristiani di altre parti del mondo. Ma sono solo alcuni dei temi di cui si dovrà parlare durante il viaggio del Santo Padre. La scelta di celebrare la messa nel Cenacolo ad esempio ha posto alcune difficoltà. Quell’edificio ha nel suo interno anche un luogo sacro per gli ebrei, la così detta Tomba di Davide. C’è poi il problema della sicurezza. Il Papa non ama che ce ne sia, lo sappiamo, e ha chiesto di usare un’auto non blindata. Ma in Israele certo questo non è esattamente il protocollo per un capo di stato che suscita tante emozioni. E infatti si parla di “coprifuoco” durante i giorni della visita, una misura che terrebbe la gente molto più lontana dal Papa piuttosto che la macchina panoramica blindata.

Tanto che un gruppo di cristiani della Terra Santa ha scritto al nunzio Giuseppe Lazzarotto per rivendicare il proprio diritto di poter accogliere il Papa e il Patriarca Bartolomeo I durante la loro visita. A comunicarlo è l’agenzia Fides. “Le nostre considerazioni si fanno carico delle attese di tutti i cristiani di Gerusalemme”, riferisce all‘agenzia Hania Kassassieh, cristiana ortodossa sposata con un cattolico di rito latino, tra i promotori della lettera. “Siamo consapevoli che la messa per i fedeli palestinesi sarà celebrata a Betlemme, ma crediamo che un incontro con i nostri Padri a Gerusalemme ci sarà impedito. Assistiamo al tentativo dell‘occupazione israeliana di imporre un coprifuoco nelle strade, compreso il quartiere cristiano, durante la visita. È inaccettabile che il Papa passi per i vicoli trovandoli vuoti dei fedeli. Come comunità ecclesiali locali – si legge nel messaggio – non vogliamo essere esclusi da uno storico evento religioso”.

Toni che fanno comprendere quanto esplosiva si presenti la situazione con le varie componenti del mosaico Medio Orientale che sembrano più in fibrillazione di sempre. Riuscirà Papa Francesco con la sua grande popolarità a portare equilibrio? E’ stata questa la sfida di tutti i Pontefici che hanno visitato la Terra Santa. Nel 2000 dopo la visita di Giovanni Paolo II scoppiò di nuovo la intifada, e Benedetto XVI riuscì ad essere in Israele dopo un nuovo focolaio di guerra. Del resto la strada dell’ ecumenismo e del dialogo tra le religioni passa per la Città più Santa e meno pacifica del mondo.

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