Il Monastero di Sant’Antonio Abate e le benedettine camaldolesi a Roma

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Nel pomeriggio di oggi Papa Francesco si reca in visita al Monastero di Sant’Antonio Abate delle Monache Benedettine Camaldolesi. É uno dei tre ultimi appuntamenti che accompagna la chiusura dell’ Anno della Fede.

La comunità delle monache camaldolesi di Roma nasce nel XVIII secolo dall’incontro tra una giovane vedova madre di tre figli, Angela Pezza, e i monaci “cenobiti” camaldolesi di S. Gregorio al Celio. 

La narrazione dei primi passi della comunità è custodita nelle Notizie Memorabili Delle Monache Camaldolesi del Monastero di S. Antonio Abbate in Roma” compilate per commissione della Reverendissima Madre Abbadessa Donna Maria Angela di S. Filippo Apostolo nell’anno 1865. Queste “Notizie memorabili” sono a loro volta basate su una memoria redatta da un monaco di S. Gregorio al Celio con l’assistenza del figlio della fondatrice. Altre “croniste” si sono poi succedute, fino agli anni ’50 del Novecento, lasciandoci testimonianze di stile diverso. Per gli ultimi 50 anni di vita della comunità, è ancora la tradizione orale delle monache a costituire la base essenziale del racconto.

La storia della comunità è anche la storia delle sue peregrinazioni forzate per la città: sotto la pressione dei moti napoleonici prima, repubblicani poi, e infine nel clima arroventato della Roma post-unitaria, le monache camaldolesi hanno dovuto più volte smontare e ripiantare la tenda in luoghi non sempre adatti alla vita monastica.

La fisionomia della comunità sembra portare il segno di questa lunga itineranza anche oggi, quando, stabilitasi ormai sull’Aventino, ha esteso pian piano in quattro continenti una ricca rete di case dipendenti, piccole residenze monastiche ed eremitiche, priorati anche di grandi dimensioni.

A partire dal legame originario con i cenobiti camaldolesi di S. Gregorio al Celio, le monache camaldolesi di Roma hanno intrattenuto rapporti intensi tanto con le gerarchie ecclesiastiche (come i sommi pontefici, più volte ospiti della comunità, e i loro cardinali vicari per la diocesi di Roma. Tra essi anche camaldolesi come Gregorio XVI e il cardinale Placido Zurla), quanto – soprattutto nel Novecento, dopo l’insediamento all’Aventino – con il mondo benedettino, maschile e femminile.

La storia della comunità è storia di ogni monaca che ne è stata e ne è parte. Tuttavia, riconosciamo alcune figure che ne hanno segnato più eloquentemente il percorso: la madre Angela Maria Pezza, fondatrice, e la madre Gertrude del Santissimo Sacramento, abbadessa dal 1828 al 1846, la reclusa suor Nazarena Crotta (reclusa a S. Antonio dal 1945 al 1990), madre Ildegarde Ghinassi, abbadessa dal 1955 al 1993.

Come tutto il mondo monastico, anche la comunità di S. Antonio ha vissuto a partire dagli anni ’60 profonde trasformazioni e fecondi travagli. Sostenuta dall’energia e dalla lungimiranza spirituale di m. Ildegarde Ghinassi, nonché dalla fraternità di monaci camaldolesi e benedettini, ha fatto proprio lo spirito di aggiornamento del Concilio, armonizzandolo gradualmente con la tradizione millenaria della spiritualità camaldolese.

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