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All’udienza generale papa Francesco racconta il viaggio apostolico

Al termine dell’Udienza generale odierna papa Francesco ha rivolto molti appelli ed ha pregato per le vittime delle alluvioni in Europa: “In questi giorni si sono abbattute sull’Europa Centro-Orientale forti piogge torrenziali provocando vittime, dispersi e ingenti danni. In particolare Austria, Romania, Repubblica Ceca e Polonia devono far fronte ai tragici disagi provocati dalle inondazioni. Assicuro a tutti la mia vicinanza, pregando specialmente per quanti hanno perso la vita e per i loro familiari. Ringrazio e incoraggio le comunità cattoliche locali e gli altri organismi di volontariato per gli aiuti e il soccorso che stanno portando”.

Ed ha ricordato che sabato 21 settembre è la giornata mondiale dei malati di Alzheimer: “Sabato prossimo, 21 settembre, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Preghiamo affinché la scienza medica possa offrire presto prospettive di cura per questa malattia e perché si attivino sempre più opportuni interventi a sostegno dei malati e delle loro famiglie. Infine ha ricordato di pregare per i popoli in guerra:

“E poi, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace: non dimentichiamo che la guerra è una sconfitta. Non dimentichiamo la Palestina, Israele, non dimentichiamo la martoriata Ucraina, il Myanmar e tanti posti dove ci sono guerre, guerre brutte. Che il Signore dia a tutti un cuore che cerca la pace per sconfiggere la guerra che sempre è una sconfitta”.

Nell’udienza generale ha ripercorso il viaggio apostolico in Asia: “Oggi parlerò del viaggio apostolico che ho compiuto in Asia e Oceania. Si chiama viaggio apostolico perché non è un viaggio di turismo, è un viaggio per portare la Parola del Signore, per far conoscere il Signore, anche per conoscere l’anima dei popoli. E questo è molto bello”.

Ed ha ricordato il viaggio apostolico di papa san Paolo VI: “E’ stato Paolo VI, nel 1970, il primo papa a volare incontro al sole nascente, visitando a lungo Filippine e Australia ma sostando anche in diversi Paesi asiatici e nelle Isole Samoa. E quello è stato un viaggio memorabile. Perché il primo a uscire dal Vaticano è stato san Giovanni XXIII che è andato in treno ad Assisi; poi san Paolo VI ha fatto questo: un viaggio memorabile!

Anche in questo ho cercato di seguire il suo esempio, ma, con addosso qualche anno più di lui, mi sono limitato a quattro Paesi: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Orientale e Singapore. Ringrazio il Signore, che mi ha concesso di fare da vecchio Papa quello che avrei voluto fare da giovane gesuita, perché io volevo andare in missione lì!”

Questa narrazione ha dato spunto ad una riflessione sulla Chiesa: “Ma in realtà, la Chiesa è molto più grande, molto più grande di Roma e dell’Europa, molto più grande, e (mi permetto di dire) molto più viva, in quei Paesi. L’ho sperimentato in maniera emozionante incontrando quelle Comunità, ascoltando le testimonianze di preti, suore, laici, specialmente catechisti (i catechisti sono coloro che portano avanti l’evangelizzazione). Chiese che non fanno proselitismo, ma che crescono per ‘attrazione’, come diceva saggiamente Benedetto XVI”.

Quindi Chiesa di minoranza: “In Indonesia, i cristiani sono circa il 10%, e i cattolici il 3%, una minoranza. Ma quella che ho incontrato è una Chiesa vivace, dinamica, capace di vivere e trasmettere il Vangelo in quel Paese che ha una cultura molto nobile, portata ad armonizzare le diversità, e nello stesso tempo conta la più numerosa presenza di musulmani al mondo. In quel contesto, ho avuto conferma di come la compassione sia la strada su cui i cristiani possono e devono camminare per testimoniare Cristo Salvatore e nello stesso tempo incontrare le grandi tradizioni religiose e culturali. Riguardo alla compassione, non dimentichiamo le tre caratteristiche del Signore: vicinanza, misericordia e compassione. Dio è vicino, Dio è misericordioso e Dio è compassionevole. Se un cristiano non ha compassione, non serve a niente”.

E’ questa la Chiesa missionaria: “La bellezza di una Chiesa missionaria, in uscita, l’ho ritrovata in Papua Nuova Guinea, arcipelago proteso verso l’immensità dell’Oceano Pacifico. Là i diversi gruppi etnici parlano più di ottocento lingue: un ambiente ideale per lo Spirito Santo, che ama far risuonare il messaggio dell’Amore nella sin-fonia dei linguaggi. Non è uniformità, quello che fa lo Spirito Santo, è sinfonia, è armonia, Lui è il ‘patrono’, è il capo dell’armonia. Là, in modo particolare, i protagonisti sono stati e sono tuttora i missionari e i catechisti”.

Da una Chiesa missionaria può nascere un connubio tra fede e cultura, come aveva chiesto san Giovanni Paolo II nel suo viaggio: “La fede va inculturata e le culture vanno evangelizzate. Fede e cultura. Ma soprattutto io sono stato colpito dalla bellezza di quel popolo: un popolo provato ma gioioso, un popolo saggio nella sofferenza. Un popolo che non solo genera tanti bambini (c’era un mare di bambini, tanti!), ma insegna loro a sorridere. Non dimenticherò mai il sorriso dei bambini di quella patria, di quella regione. Sorridono sempre i bambini lì, e ce ne sono tanti”.

Ed infine Singapore: “Un Paese molto diverso dagli altri tre: una città-Stato, modernissima, polo economico e finanziario dell’Asia e non solo. Lì i cristiani sono una minoranza, ma formano comunque una Chiesa viva, impegnata a generare armonia e fraternità tra le diverse etnie, culture e religioni. Anche nella ricca Singapore ci sono i “piccoli”, che seguono il Vangelo e diventano sale e luce, testimoni di una speranza più grande di quella che possono garantire i guadagni economici”.

(Foto: Santa Sede)

Stefano Vecchia: il viaggio apostolico di Papa Francesco, incontro tra culture

Oggi papa Francesco inizia il viaggio apostolico per visitare quattro Paesi in due continenti (Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore) portando iniezione di fiducia e speranza alle comunità cristiane con una dozzina di discorsi, quattro omelie e quattro motti. La tappa dal 3 al 6 settembre in Indonesia è caratterizzata dal motto ‘Fede, Fraternità e Compassione’con il logo dell’immagine del papa benedicente davanti all’emblema della ‘Garuda’ dorata (aquila sacra), che richiama il tessuto ‘batik’.

Dal 6 al 9 settembre la tappa in Papua Nuova Guinea ha come motto ‘Pray’, ispirato alla domanda dei discepoli a Gesù: ‘Signore, insegnaci a pregare’ con la Croce al centro. ‘Che la vostra fede sia la vostra cultura’ è il motto della tappa in Timor Est, dal 9 all’11 settembre, con il logo che ha al centro l’immagine del papa benedicente. Infine ‘Unità. Speranza’ è il moto della tappa finale a Singapore, dall’11 al 13 settembre con una Croce stilizzata.

Quindi quattro Nazioni ed altrettante tematiche; ci facciamo spiegare questa scelta dal giornalista Stefano Vecchia, esperto delle culture asiatiche: “Questa scelta rispecchia la situazione locale e quella della Chiesa in una varietà di condizioni che l’Asia presenta. In Indonesia il motto scelto ‘Fede-Fraternità-Compassione’è perfettamente allineato con quanto prescritto dal Pancasila (‘Cinque principi’), l’ideologia di stato indonesiana finora mai tradita in un paese-arcipelago vastissimo e frammentato, di fede islamica maggioritaria ma con un ruolo dei cattolici importante e riconosciuto. In Papua Nuova Guinea, paese-cerniera fra continente asiatico ed Oceania, in cerca di progresso e sostegno ma anche realtà orgogliosa della propria identità, l’impegno di una Chiesa cattolica abbraccia un quarto della popolazione.

L’esortazione ‘Insegnaci a pregare’ è in linea con il forte spirito comunitario locale. Timor Est è l’unica realtà orgogliosamente cattolica del continente asiatico oltre alle Filippine e da qui il motto ‘Possa la vostra fede essere la vostra cultura’. Mentre vanno sfumando i problemi lasciati dalla lunga e sanguinosa lotta per l’indipendenza e dalle tensioni interne fra gruppi etnici, religiosi e di potere, la Chiesa cattolica est-timorese continua a essere promotrice di pace, unità e progresso.

Una realtà quella della comunità cattolica che a Singapore è invece estremamente minoritaria ma presente e attiva in un contesto di benessere generalizzato dove però non mancano aree di disagio e anche di emarginazione espressi. Come espresso nel motto ‘Unità-Speranza’, la Chiesa si propone come portatrice di dialogo e di attenzione verso coloro che si trovano in difficoltà”.

Quanto è significativa la presenza dei cattolici in questi Paesi?

“ Come accennato prima, la consistenza delle comunità cattoliche varia anche di molto percentualmente nei vari paesi che saranno tappe del viaggio apostolico dal 3,1% dell’Indonesia al 97% di Timor Est, passando dal 6,2% di Singapore ed il 26% della Papua Nuova Guinea”.

Perchè il papa presta molta attenzione all’Asia?

“Un papa che proviene dal Sud del mondo ha ben presente i limiti ma anche le potenzialità di un continente che non è più sinonimo di povertà e conflitto ma che (pur tra i suoi molti volti e le sue contraddizioni) è oggi l’area più dinamica del pianeta, oltre che la più popolata. Sa anche che è un laboratorio di tensioni e di convivenza che sempre più ha dinamiche interne, proprie, meno dipendenti o influenzabile dalle tendenze globali.

Sa pure che è la culla delle maggiori religioni mondiali che su questo territorio immenso si confrontano e spesso si affiancano con esperienze di vita condivise. La Chiesa, che qui prosegue il suo lungo processo di inculturazione, ha un ruolo da giocare. Anzitutto di accompagnamento del progresso di tante nazioni, molte delle quali aperte a un ulteriore sviluppo delle comunità cattoliche forti della loro capacità di convivenza”.

E’ un viaggio con un’attenzione alla Cina?

“La Cina è sempre presente a papa Francesco, non soltanto per le questioni irrisolte e i tentativi di dialogo in corso, a partire dall’Accordo provvisorio fra Santa Sede e Repubblica popolare cinese sulla nomina dei vescovi, ma anche perché Pechino è un interlocutore ineludibile per estensione, popolazione e ruolo, con il quale è necessario mantenere aperte vie di comunicazione e cercare dove possibile un dialogo franco. Nonostante le questioni ancora aperte, in Cina le potenzialità di crescita per i cattolici sono concrete. Da qui l’aspettativa, peraltro non alimentata in Vaticano, di un messaggio rivolto alla Cina durante uno dei voli dei viaggio oppure in occasione della tappa di Singapore, città-stato con una popolazione al 75% di origine cinese”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco ha spiegato ai giornalisti l’impegno della Santa Sede per la pace

Atterrato a Fiumicino alle 19.25 di ieri, di ritorno dall’Ungheria, dove dal 28 al 30 aprile si è svolta la 41^ visita apostolica, come di consueto al termine di ogni viaggio, papa Francesco si è recato nella basilica di Santa Maria Maggiore per ringraziare la Vergine Maria del buon esito dei tre giorni che lo hanno impegnato negli incontri a Budapest.

Il Papa in Ungheria: un ponte tra cristianesimo e immigrazione

Papa Francesco in Ungheria

Dal 28 al 30 aprile 2023, Papa Francesco intraprenderà il suo 34° viaggio apostolico a Budapest, in Ungheria. Questa visita sarà un evento significativo per il dialogo ecumenico e interreligioso e per affrontare le sfide che l’Europa sta vivendo in questi tempi di crisi e cambiamento.

Papa Francesco racconta il viaggio apostolico

Concludendo l’udienza generale odierna papa Francesco ha pregato per le vittime del terremoto, che ha colpito la Siria e la Turchia, che ha provocato finora oltre 11.200 morti accertati; in Turchia sono stati estratti dalle macerie 8.574 corpi e in Siria sono stati contati almeno 2.662 morti, secondo le autorità e i medici:

Il vescovo Paul Hinder: i cristiani in Bahrein sperano di essere rafforzati dal Papa

Fino a domenica 6 novembre papa Francesco si recherà in Barhain, partecipando anche al ‘Bahrain Forum for Dialogue: East and West for Human Coexistence’ e celebrerà una messa solenne al ‘Bahrain National Stadium’ sabato 5 novembre ‘alla quale i cattolici del Bahrain e delle altre nazioni del vicariato del Nord Arabia sono invitati a partecipare’, come ha sottolineato mons. Paul Hinder, amministratore apostolico dell’Arabia Settentrionale.

Il patriarca Pizzaballa: Cipro pronta ad accogliere il papa

Nel pomeriggio di ieri papa Francesco si è recato alla basilica di Santa Maria Maggiore per pregare davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani e affidarle il prossimo suo viaggio in Cipro e Grecia. Al termine ha fatto rientro in Vaticano: lo ha reso noto la Sala stampa della Santa Sede.

Per l’occasione il patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Pierbattista Pizzaballa, ha invitato i fedeli a pregare per la visita del papa nell’isola del patrono san Barnaba: “Questa visita ha come motto di accompagnamento: ‘Esortandoci a vicenda nella fede’.

Il motto si richiama al nome dell’apostolo Barnaba, ‘figlio dell’esortazione’, e suggerisce l’importanza del conforto e dell’incoraggiamento reciproco, dimensioni essenziali per il dialogo, l’incontro e l’accoglienza, che sono i caratteri salienti della vita e della storia dell’isola, nonché dell’attuale cammino sinodale”.

Il patriarca ha richiamato il significato di questo pellegrinaggio: “Pellegrinaggio sulle orme dell’apostolo Barnaba, apostolo delle genti insieme a Paolo, padre della Chiesa di Cipro. Incontro con la realtà del Medio Oriente che fa confluire nel Mediterraneo e anche a Cipro il dramma di famiglie in fuga da guerre, povertà, lotte di potere e settarismi religiosi.

Cipro, nel suo piccolo, da un lato contiene in sé la ricchezza, lo splendore ma anche le contraddizioni e i drammi dell’intero Medio Oriente. Dall’altro lato è una finestra verso il mondo occidentale, con il quale ha sempre mantenuto relazioni vive”.

Cipro è un ponte: “E’ un ponte nel quale confluiscono e si mischiano le culture orientali e occidentali, e che porta in sé la bellezza e le ferite che la storia ci ha consegnato. Una storia che, dal tempo degli apostoli fino ad oggi, ha donato alla Chiesa testimonianze di fedeltà al Vangelo nonostante le avversità. Già all’inizio della predicazione apostolica, ad esempio, c’erano cittadini ciprioti nel piccolo gruppo che ebbe il coraggio di predicare Gesù Cristo nella vasta metropoli di Antiochia”.

Ha richiamato l’origine della fede nell’isola: “La tradizione cipriota vuole che il più antico monastero dell’isola sia lo Stavrovouni, fondato da Sant’Elena con la donazione di una reliquia del lignum Crucis. Ancora oggi troviamo la Croce nella piccola isola di Cipro così come, in maniera forse più intensa e dolorosa, la troviamo nel resto del Medio Oriente: la divisione politica e territoriale, che diventa anche divisione religiosa; il dramma di migrazioni dolorose; la crisi economica e sociale.

La terra di Cipro porta l’impronta della Croce, ma soprattutto le orme luminose della risurrezione di un amico di Gesù, Lazzaro, che la tradizione ricorda come primo vescovo dell’isola. Anche oggi troviamo partecipazione e decisione, fede intensa e appassionata, desiderio di incontro e rifiuto alla rassegnazione”.

Ed infine ha parlato delle relazioni ecumeniche: “Le relazioni ecumeniche con la Chiesa Ortodossa di Cipro sono eccellenti, con collaborazioni in diversi ambiti, incluso l’uso di chiese ortodosse per il culto cattolico, difficilmente riscontrabili altrove.

Le nostre piccole chiese, inoltre, non riescono a contenere la partecipazione dei tanti migranti e lavoratori stranieri che arricchiscono la comunità cattolica locale e rendono vivace e appassionata la vita ecclesiale, in tutte le parti dell’isola.

Vita ecclesiale che non si limita alla celebrazione dei Sacramenti, ma che si impegna anche nella carità, nell’accoglienza dei profughi (la cui presenza è proporzionalmente superiore a qualsiasi altro Paese europeo) e che opera in molte altre attività di sostegno e accoglienza e, con le sue scuole, è attiva nell’educazione di molti giovani del Paese. N

ella mia recente visita pastorale ho avuto l’occasione di incontrare e sperimentare ancora una volta l’impegno serio e costante nelle diverse realtà parrocchiali ed ecclesiali”.

Ha concluso la lettera con una preghiera a san Barnaba: “O santo Apostolo Barnaba, lodiamo Dio e Lo ringraziamo per averci dato te come Patrono e Protettore dell’isola di Cipro. Chiedi per noi a Dio che tutti, in quest’isola, dimorino sempre nella prosperità e nella concordia fraterna e che il messaggio del Vangelo, che tu hai predicato qui, porti frutti di armonia e di pacifica convivenza.

Mentre aspettiamo con gioia e gratitudine la visita di Papa Francesco a Cipro, benediciamo Dio per averci chiamato ad essere cristiani, discepoli di Gesù Cristo. Glorioso San Barnaba, sei stato un fulgido esempio di incoraggiamento, zelo ed entusiasmo nella prima comunità cristiana.

Possa la visita di Papa Francesco darci la forza di andare avanti con gioia ad amare e servire il Signore e a proclamare il nome di Cristo a tutti coloro che incontriamo, ‘consolandoci a vicenda nella fede’.

O santo Apostolo Barnaba, unisciti a noi nel lodare Dio nostro Padre, per mezzo di Gesù Cristo, morto e risorto per darci nuova vita nello Spirito Santo. Prega con noi affinché Dio protegga le nostre parrocchie, rafforzi e benedica le nostre famiglie e ci difenda da tutte le avversità. San Barnaba, prega per noi!”

Papa Francesco racconta il pellegrinaggio di speranza

Come da tradizione al termine di ogni viaggio apostolico, in Aula ‘Paolo VI’ papa Francesco ha raccontato nell’’Udienza Generale, ai fedeli le emozioni ed i punti cardine del recente incontro a Budapest e in Slovacchia, che è stato ‘è stato un pellegrinaggio di preghiera, un pellegrinaggio alle radici, un pellegrinaggio di speranza. Preghiera, radici e speranza’.

Viaggio apostolico in Iraq: l’ong ‘Un Ponte per’ illustra la situazione

Questa mattina papa Francesco è partito per il 32^ viaggio apostolico in Iraq, dopo un anno di pausa dovuta al Covid 19, a distanza di 22 anni da quel viaggio sognato da san Giovanni Paolo II ad apertura del Giubileo del 2000. Nel 1999 il Paese era già in ginocchio a causa della sanguinosa guerra contro l’Iran (1980-1988) e per le sanzioni internazionali seguite all’invasione del Kuwait e alla prima guerra del Golfo. Il numero dei cristiani in Iraq era allora più di tre volte maggiore di quello attuale.

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