Per la festa dei nonni il giudice Anzani invita a non perdere la speranza
Oggi, festività degli Angeli Custodi, è la festa dei nonni e l’Italia è il Paese in cui si vive più a lungo in Europa, ma gli anziani non se la passano bene, anche se mitigano le difficoltà trovando aiuto quando ne hanno bisogno: è emerso dal rapporto sugli ultra 64enni italiani, presentato a Roma dalla rete di sorveglianza Passi d’Argento, promossa dal ministero della Salute e coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità-CNESPS, condotta su un campione di 24.000 anziani in tuta Italia.
Il 60% degli intervistati ha difficoltà economiche e il 20% vive da solo, ma quel 51% che ha bisogno di aiuto per svolgere le attività quotidiane dichiara di riceverlo, dai familiari o dai servizi pubblici. Ben il 38% dichiara di non essere stato vaccinato contro l’influenza nell’ultima stagione. Sul fronte della salute, si sta molto meglio al Nord che al Sud, dove la percentuale degli anziani che dichiara di avere difficoltà quotidiane è doppia.
In totale, quelli che dichiarano di fare fatica a svolgere attività quotidiane come usare il telefono, prendere le medicine, fare compere, cucinare, prendersi cura della casa e altro sono in media il 37%: il 27% al Nord, il 34% al Centro e il 49% nel Sud e Isole. Le persone invece con disabilità vera e propria (ad esempio non in grado di muoversi da una stanza all’altra, lavarsi, vestirsi, mangiare) sono in media il 16% con variazioni Nord-Sud che vanno dal 12% al 22%.
Per capire meglio il mondo degli anziani abbiamo incontrato il dott. Giuseppe Anzani, giudice onorario del Tribunale di Como ed opinionista del settimanale ‘Famiglia Cristiana’: come deve vivere l’anziano questo ultimo tratto di vita per non perdere la speranza?
“Innanzitutto deve ringraziare per il dono della vita, perché se una persona è anziana, quindi ha raggiunto un’età avanzata, vuol dire che ha vissuto, cioè che ha gustato molto il dono della vita. Invece, noi che siamo abituati a contare quello che ci resta, dovremo qualche volta fermarci un attimo a gustare ed ad assaporare quello che abbiamo vissuto, perché è un patrimonio di esperienze che ha riempito la nostra vita di saggezza, di incontri, di esperienze; ed anche attraverso gli errori che possiamo aver fatto attraverso la nostra debolezza ci ha condotto comunque ad una più profonda consapevolezza del bene della vita”.
Quale apporto alla famiglia un anziano può dare?
“Soprattutto in questi tempi che alla famiglia patriarcale si è sostituita la famiglia nucleare, in cui ognuno pensa principalmente al proprio piccolo nucleo, l’anziano la tradizione dell’amore ‘circolare’ della famiglia. Oggi tanti nonni sono i più vicini educatori dei nipoti di quanto non lo siano i genitori. Tanti fanno questo servizio in cui tramandano i saperi e le virtù di una civiltà che si propaga attraverso le generazioni”.
E come è percepita dall’anziano questa crisi economica?
“Con un po’ di paura! In Italia ci sono tanti pensionati che hanno poche risorse e non hanno una prospettiva di sviluppo di crescita o di speranza, che può essere nei giovani pur nelle loro difficoltà. Gli anziani sanno che vivono in una stagione che sta tramontando e, quindi, con la crisi sono un po’ in difficoltà ed hanno la tendenza a rinchiudersi. Vorrei però esortarli a non perdere questa virtù della speranza, altrimenti si finisce per diventare avari di sé. L’avarizia è un sentimento di paura, che non sviluppa la gioia della vita”.
Economicamente è più fortunato un anziano oppure un giovane, oggi?
“Qui c’è una cosa strana e bizzarra. In genere per i lavoratori dipendenti ci sono gli scatti di anzianità, cioè si parte da uno stipendio basso e man mano che cresce l’età, aumenta. Trovo questo sistema molto bizzarro, perché i problemi principali ci sono quando uno è giovane. Spesso quando uno ha concluso il suo ciclo lavorativo ed ha realizzato i suoi sogni, non ha più bisogno di tante quantità di risorse. Sarebbe meglio invertire questa piramide e dare più risorse ai giovani”.
L’Italia sarà un Paese di anziani sempre più soli: come invertire questa tendenza?
“Questo è un problema serio. In Europa la famiglia italiana è quella che fa meno figli: 1,3 per ogni donna, mentre per conservare la stabilità della popolazione occorrerebbero 2,1 figli per ogni donna. Inoltre prolungandosi la vita (questa è una buona notizia)cresce il numero degli anziani, mentre si assottigliano i giovani. Oggi c’è una proporzione molto sbilanciata. Cosa si potrebbe fare per invertire questa tendenza demografica? Secondo me, dando molto più soccorso alla famiglia: soccorso politico, soccorso culturale ed anche soccorso economico. In altri Paesi, come la Francia per esempio, ci sono benefici fiscali, previdenziali, socio assistenziali che favoriscono un più sereno sviluppo della famiglia ed un modo più tranquillo di affrontare il suo avvenire”.