Il processo va avanti nonostante il Promotore di Giustizia
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.10.2025 – Ivo Pincara] – Un altro colpo di scena nel Processo di Appello al Cardinale Angelo Becciu e altri nell’Aula nuova del Tribunale vaticano. Ed altra tegola in testa al Promotore di Giustizia Vaticano, che non ha ottenuto dalla Corte d’Appello la sospensione del processo come desiderato. Nella quarta Udienza dell’Appello sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, il Promotore di Giustizia aggiunto Roberto Zannotti ha annunciato il ricorso dell’Ufficio del Promotore di Giustizia sulla ordinanza del 25 settembre che dichiarava l’inammissibilità della impugnazione del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi e quindi chiedeva di sospendere il processo. La Corte d’Appello vaticana presieduta da Mons. Alejandro Arellano Cedillo ha rigettato la proposta dell’Ufficio del Promotore di Giustizia e ha dato quasi quattro mesi di tempo durante i quali le difese dovranno presentare, entro il 7 novembre prossimo (con possibilità di replica entro il 28 novembre), delle memorie sulle questioni pregiudiziali che hanno eccepite. Nel frattempo la Corte di Cassazione, pur non avendo alcun limite temporale, avrà maggiore tempo per esprimersi sulla istanza di ricusazione, presentata dalle stesse difese, nei confronti del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Le prossime Udienze sono calendarizzate dal 3 al 6 febbraio 2026.
Gli Avv. Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, difensore del Cardinale Giovanni Angelo Becciu hanno dichiarato: “Riteniamo assolutamente corretto il provvedimento della Corte d’Appello che ha rigettato la richiesta di sospensione proposta dall’ufficio del Promotore. Siamo certi della fondatezza del nostro appello, sia con riguardo alle questioni procedurali che a quelle relative al merito. Attendiamo serenamente la decisione della Corte di Cassazione sulla ricusazione del Promotore, così come quella relativa alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello dallo stesso presentato. A nostro avviso, la sentenza di primo grado, pur prevenendo ad un ridimensionamento delle accuse, ha dato luogo ad una condanna sganciata dalle prove, facendo ricorso ad argomentazioni fragili e inconsistenti”.
La quarta Udienza del processo di secondo grado è stata dedicata al dibattito sul ricorso presentato il giorno precedente dall’Ufficio del Promotore di Giustizia alla Cassazione vaticana contro l’ordinanza della Corte d’Appello del 25 settembre 2025, che dichiarava inammissibile l’appello alla sentenza di primo grado da parte del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, per genericità dei motivi e tardività nel deposito degli atti.
Il Promotore di Giustizia aggiunto Roberto Zannotti ha annunciato in Aula: “L’Ufficio del Promotore di Giustizia ha proposto un ricorso per Cassazione”, poiché l’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello “configuri un provvedimento abnorme”, assolutamente anomalo, al punto da porsi fuori dal sistema processuale vaticano, col rischio di bloccare il processo stesso. Zannotti ha affermato che la Corte “ha emesso un atto che non avrebbe potuto emettere in quanto non legittimata a valutare da sola l’ammissibilità dei motivi della impugnazione”. Zanotti ha aggiunto: “Nessuna norma del Codice di Procedura penale prevede che sia effettuato un vaglio su quelli che sono contenuti e forma dei motivi di impugnazione. Tutto questo può creare una situazione di stasi processuale, alla quale solo la Corte di Cassazione può porre rimedio”. Non solo: le conseguenze di questo “atto abnorme”, ha affermato Zannotti, “potrebbero ricadere sull’Ufficio del Promotore di Giustizia”, il quale, se la Cassazione dichiarasse effettivamente nulla l’ordinanza di inammissibilità, verrebbe a “perdere un grado di giudizio”. Insomma, “una reazione a corto circuito” che “comprometterebbe” la posizione del Promotore di Giustizia. In ragione di questo, Zannotti ha chiesto che il procedimento di secondo grado venisse sospeso o comunque rinviato “ad una data rispetto alla quale la Corte di Cassazione potrebbe aver già deciso sul ricorso sulla inammissibilità”.
Invece, gli avvocati delle difese hanno chiesto alla Corte di respingere il ricorso del Promotore di Giustizia, ravvisandone l’inammissibilità ai sensi degli articoli 514 e 515 del Codice di Procedura penale, e anche “l’infondatezza” e la “contraddittorietà”.
Tra i motivi, come ha fatto notare l’Avv. Luigi Panella, difensore del consulente finanziario Enrico Crasso, il fatto anche che il ricorso del Promotore di Giustizia “non è stato preceduto da una riserva di impugnazione che doveva essere fatta immediatamente senza intervallo temporale”. Il Promotore di Giustizia avrebbe dovuto annunciare la sua impugnazione appena sentita la sentenza parziale del 25 settembre scorso, cosa che non ha fatto. “Erano in quattro qui e nessuno ha preso parola”.
L’Avv. Gian Domenico Caiazza, difensore del finanziere Raffaele Mincione, , ha rilevato che lo stesso Ufficio del Promotore di Giustizia nel 2022, con il processo Caloia (l’ex Presidente dello IOR) “ha chiesto ed ottenuto la inammissibilità di un atto di impugnazione per genericità dei motivi non più di tre anni fa”. Perché, ha domandato, oggi argomenta l’inammissibilità dello stesso mezzo, senza informarci di cosa accaduto nel frattempo?
Tutti gli avvocati si sono associati alla eccezione e hanno depositato una memoria in Cancelleria.
La Corte dopo una breve camera di consiglio ha stabilito che non vi sarà la sospensione del processo come chiesto dal Promotore di Giustizia, tuttavia verrà dato un ampio margine temporale (fino a febbraio 2026) per permettere alla Cassazione di esprimersi sulla ricusazione del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi.
Inoltre, tenendo conto delle “questioni pregiudiziali relative alla nullità del decreto di citazione a giudizio della sentenza e della ordinanza del 1° marzo 2022” (tra cui il mancato deposito della totalità degli atti durante l’istruttoria, i famosi omissis) e rilevata l’eccezione sulla inefficacia dei Rescripta (i provvedimenti di Papa Francesco sopraggiunti nel corso delle indagini che ampliavano i poteri del Promotore di Giustizia), la Corte ha concesso che le parti possono presentare entro il 7 novembre 2025 delle memorie illustrative in merito.
Riassume Franca Giansoldati su Il Messaggero: «Ai piani bassi del Palazzo Apostolico, subito appena dopo il Cortile della Sentinella, dove è stata ricavata l’aula nuova del tribunale vaticano è in corso un braccio di ferro strisciante tra l’Ufficio del Promotore di Giustizia e il collegio giudicante per il processo d’appello relativo alla disgraziata compravendita del palazzo di Londra. Codici procedurali alla mano, linguaggio super tecnico, interpretazioni delle norme vaticane. Per la seconda volta nell’arco di poco tempo i giudici del tribunale hanno assestato all’Ufficio del Promotore un brutto colpo. (…) Ancora una volta la Corte sta dimostrando ampia autonomia decisionale. Leone XIV davanti alle telecamere due settimane fa ha fatto sapere che “il processo deve andare avanti” e che lui “non ha intenzione di interferire” lasciando ai giudici d’appello e agli avvocati della difesa il compito di arrivare alla conclusione. L’uso del verbo “interferire” scelto dal pontefice per sottolineare che avrebbe lasciato parlare solo il Diritto Canonico, ha inevitabilmente fatto affiorare, invece, l’interventismo massiccio del pontefice precedente arrivato persino a firmare, a indagini aperte, quattro decreti (rescripta) al fine di assegnare al Promotore di Giustizia – il pm – carta bianca assoluta sull’uso di intercettazioni, di misure cautelari e di libertà nel visionare il materiale sequestrato. Si tratta di un nodo incandescente – anche da un punto di vista canonico – sul quale i giudici al processo d’Appello dovranno affrontare al pari di un secondo problema macroscopico emerso in questi mesi e riguardante le chat omissate a suo tempo dal Promotore di Giustizia per non ben precisate questioni di riservatezza. Durante il processo di primo grado erano state secretate e tenute nascoste alle difese le conversazioni tra due donne, la lobbista Francesca Chaouqui, e Genoveffa Ciferri (l’amica del principale accusatore del Cardinal Becciu, Monsignor Perlasca), nonché un gendarme e lo stesso Promotore di Giustizia, in un intreccio vorticoso di manipolazioni e macchinazioni. In oltre tremila pagine di chat sembrerebbe affiorare un quadro piuttosto opaco al punto da far scendere in campo diversi autorevoli canonisti, come per esempio Geraldina Boni: in Vaticano non ci sarebbe stato nemmeno un giusto processo perché gli imputati non sono mai stati messi a conoscenza di questa montagna di materiale scottante».
Indice – Caso 60SA
Rassegna stampa sul “caso Becciu”
Foto di copertina: Udienza del processo al Tribunale d’Appello vaticano (Foto di Vatican Media).



























