Si riaccende la speranza di un giusto processo per il Cardinal Becciu

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 28.05.2025 – Vik van Brantegem] – Ieri, la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato che il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, ex Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato ed ex Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, è stato ricevuto in Udienza da Papa Leone XIV. L’Udienza è andata “molto bene”, ha detto il Cardinal Becciu all’ANSA, senza rivelare i contenuti del colloquio: “Non posso dire niente altro”, ha aggiunto. Si è trattato del primo incontro formale con il nuovo Romano Pontefice dopo il Conclave, a cui il Cardinal Becciu ha rinunciato a partecipare, adeguandosi alla volontà Papa Francesco, espressa in due lettere firmate F, presentate – post mortem – dal Cardinale Pietro Parolin, dopo alcuni giorni di Congregazione Generale pre-Conclave.

Il commento – «Chi è costui?» – al post sulla mia pagina Facebook, riportando la comunicazione della Sala Stampa della Santa Sede sull’Udienza concessa da Papa Leone XIV al Cardinal Becciu [QUI], dimostra come è necessario continuare ad informare sul “processo Becciu” nonostante tutto quello che è stato scritto negli ultimi anni, come si può verificare con gli articoli pubblicati da anni su questo Blog dell’Editore (Indice – Caso 60 SA [QUI]) e la monumentale Rassegna Stampa sul “caso Becciu” curata di Andrea Paganini [QUI]. Per capire il “caso Becciu” basterebbe anche leggere la brevissima introduzione all’opera certosina del Prof. Paganini.

Comunque, che c’è chi non conosce ancora il “processo Becciu” non desta meraviglia, visto che durante le riunioni della Congregazione Generale del Collegio Cardinalizio pre-Conclave era emerso che gran parte dei cardinali delle periferie non erano informati sul dossier (come peraltro su altre questioni scottanti della Santa Sede), influenzati dal mascariamento operato con la complicità dei media. È azzeccato proprio la battuta di Papa Leone XIV, ricevendo in Udienza i Dirigenti e i Calciatori della Squadra di Calcio del Napoli [QUI]: «Non tutto quello che leggete sulla stampa è vero!». O ricevendo in Udienza i Rappresentanti dei Media convenuti a Roma per il Conclave [QUI]: «Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana».

Visto come è necessario continuare ad informare con «una comunicazione disarmata e disarmante», per contrastare l’ignoranza e la disinformazione, nel nome della verità e della giustizia, oggi riprendiamo – facendoci aiutare dal lavoro del Prof. Paganini – degli estratti da alcuni importanti contributi recenti, preceduti dal post Facebook del vaticanista del quotidiano Avvenire, sperando che vanno letti.

□ Mimmo Muolo su Facebook il 28 maggio 2025 [QUI]: «IL CASO BECCIU E LE DOMANDE ANCORA SENZA RISPOSTA – L’udienza che il Papa ha concesso ieri al Cardinale Angelo Becciu è molto interessante, considerata anche la sua competenza canonistica. Al termine non c’è stata alcuna dichiarazione sui contenuti, a parte un laconico “è andata molto bene” da parte del porporato. Dichiarazione rilasciata all’Ansa. Ma è il fatto in sé che “parla”. Specie dopo la rinuncia di Becciu a entrare in Conclave (stanti due lettere firmate F, che indicavano la volontà di Francesco di escluderlo) e la dichiarazione della Congregazione Generale dei cardinali del 30 aprile scorso, che nel prendere atto della sua decisione “per il bene della Chiesa”, esprimeva “apprezzamento per il gesto da lui compiuto” ed auspicava che “gli organi di giustizia competenti possano accertare definitivamente i fatti”.
Il Cardinale Becciu, che si è sempre proclamato innocente, è stato condannato il 16 dicembre 2023 a cinque anni e sei mesi nell’ambito del maxiprocesso vaticano in cui sono stati raccolti sostanzialmente tre filoni di inchiesta, che nulla hanno a che vedere gli uni con gli altri. Il principale dei tre riguarda la complessa compravendita di un immobile a Londra, iniziata quando Becciu era Sostituto della Segreteria di Stato e conclusasi però (con le operazioni che maggiormente hanno attirato l’attenzione del Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, e del Tribunale della Città del Vaticano che ha emesso la sentenza) diverso tempo dopo la promozione di Becciu ad altro incarico.
La sentenza finora emessa è solo una sentenza di primo grado. E l’appello comincerà il prossimo 22 settembre. Proprio in vista di questa seconda parte del processo, è bene proporre alcune domande e alcuni dubbi rispetto ai quali il processo di primo grado non ha fornito tutte le risposte.
1) Perché riunire in un unico procedimento tre vicende completamente distinte tra loro? (Fondi della Segreteria di Stato inviati da Becciu per un’opera di carità alla Spes, cooperativa di Ozieri emanazione della Caritas diocesana, il cui presidente era il fratello del cardinale; vicenda del palazzo di Londra; e fondi forniti alla signora Cecilia Marogna per la liberazione di una suora rapita in Mali).
2) Perché condannare Becciu per il reato di peculato, quando è emerso con chiarezza nel corso del dibattimento che egli non si è messo in tasca un euro? Il peculato, lo ricordiamo, si configura quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio si appropria indebitamente di denaro o beni mobili che sono in suo possesso o disponibilità in virtù del suo ufficio o servizio, arricchendosi a spese dello Stato.
3) In relazione alla vicenda del Palazzo di Londra, perché il Capo dell’ufficio amministrativo, Monsignor Alberto Perlasca, dapprima indagato al pari del suo superiore Becciu e del suo sottoposto Fabrizio Tirabassi (anch’egli condannato in primo grado), è stato poi “retrocesso” a testimone dell’accusa? Eppure, fu lui a firmare senza autorizzazione (quando già Becciu non era più sostituto da vari mesi) il contratto che attribuiva al broker Torzi le mille azioni con diritto di voto che consentivano il pieno controllo dell’immobile, per riavere indietro le quali fu avviata la trattativa con lo stesso Torzi sfociata nel pagamento di 15 milioni di euro al finanziere. Si veda a tal proposito la ricostruzione degli eventi fatta dall’attuale Sostituto Pena Parra, così come riportato da Vatican News il 5 luglio 2024 [QUI].
4) Qual è il ruolo giocato nella vicenda da Francesca Immacolata Chaouqui (già condannata in Vaticano nel 2016 per i fatti della Cosea) e da Genoveffa Ciferri, amica di Perlasca, così come emerge nelle chat recentemente pubblicate dal quotidiano Il Domani, nelle quali si afferma tra l’altro: “Se si accorgono che siamo tutti d’accordo, è la fine” e si lascia intendere che vi sia stata una macchinazione ai danni del Cardinale Becciu?
5) Perché queste chat furono segretate dal Promotore di giustizia Diddi e non se ne è potuto tenere conto nel processo di primo grado?
Altre domande si potrebbero aggiungere, ma se il processo di secondo grado rispondesse anche solo a queste, si farebbe un notevole passo avanti verso la verità.

Devo, per onestà intellettuale, fare una postilla al mio stesso post. Nel formulare la domanda n. 2 relativa al peculato, non ricordavo che nelle motivazioni della sentenza il Tribunale Vaticano ha ritenuto di ascrivere a Becciu il reato in questione a prescindere dal fatto che abbia avuto un vantaggio personale. Il reato si configurerebbe automaticamente per uso improprio dei soldi, derivante sostanzialmente dal fatto di aver aderito a un fondo altamente speculativo. Detta in termini più terra terra, per aver sbagliato un investimento, ammesso e non concesso che comprare un immobile al centro di Londra sia un investimento sbagliato. Mi fermo qui. Anche perché non tocca certo a me decidere al posto dei giudici».

□ Nico Spuntoni su Il Tempo del 28 maggio 2025 [QUI]: «Il Papa incontra Becciu. Il cardinale escluso verso la riabilitazione. Leone XIV vuole metter fine al malcontento nella Curia per il trattamento del porporato sardo estromesso dal Conclave – Più di un decennio dopo da allora, sono stati in qualche modo i due protagonisti del Conclave: uno non entrando in Sistina nonostante l’età anagrafica glielo consentisse, l’altro invece uscendone vestito di bianco. (…) Sicuramente l’esigenza di rimettere ordine nel caos normativo di questi anni è stata una delle richieste più frequenti sollevate nel pre-Conclave. (…) Peraltro il Direttore Matteo Bruni non ha spiegato perché Becciu sia stato incluso tra i “non elettori” già da prima del 2023».

□ Franca Giansoldati su Il Messaggero del 28 maggio 2025 [QUI]: «Il caso Becciu è sul tavolo di Leone XIV, a settembre l’appello ma stavolta il diritto canonico sarà rispettato – In aula in diversi intervennero per far notare che negli ultimi anni in Vaticano si era assistito ad una «fase giustizialista» (usarono proprio questa parola) e che il diritto canonico era stato sovente messo in un cantuccio. Davanti ai documenti papali fino a quel momento segreti (quello siglato a marzo e un secondo datato 2023) tirati fuori dal Cardinale Pietro Parolin, Becciu prese atto della volontà papale a non partecipare all’elezione. In quel frangente l’atmosfera era piuttosto tesa e per non spaccare ulteriormente l’assemblea scelse di fare un passo indietro rispettando i voleri di Francesco. Condannato l’anno scorso per peculato e truffa in un processo che attende ancora il giudizio di secondo grado (previsto per settembre), Becciu non ha mai smesso di professare in ogni sede la sua innocenza, ribadendo la sua estraneità da ogni coinvolgimento nello scandalo della disastrosa vendita delle quote del Palazzo di Sloane Avenue, avvenuti quanto lui ormai non era già più Sostituto ma era al Dicastero dei Santi. In una recente intervista al Messaggero il Cardinale Giuseppe Versaldi, uno dei diversi porporati che durante il Conclave difese il diritto di Becciu a partecipare al voto nella Sistina dicendo che non era stato l’unico ad aver preso la parola per affrontare la grande questione del “diritto naturale della difesa”, una chiara allusione al giusto processo e alla mole di messaggi whatsapp che furono “occultati alle difese”. Questione non da poco perché in quella corposa documentazione – pubblicata integralmente dal Domani – si delineano i contorni di una specie di congiura in piena regola ordita per incastrare il cardinale sardo (cosa che Becciu ha sempre evocato: “contro di me ordito un complotto”). (…) Probabilmente l’aspetto più significativo di questa nuova fase della Chiesa riguarda la presenza di un Papa esperto di diritto canonico, con alle spalle una robusta esperienza accademica e gestionale all’interno dell’ordine Agostiniano, avendo diretto per ben 12 anni questo ordine religioso. Un cardinale elettore, dietro anonimato, ieri suggeriva al Messaggero che la rigorosa formazione accademica di Leone XIV terrà ben distinto il suo ruolo di legislatore supremo da quello di giudice supremo, lasciando sempre la parola agli organi competenti ma con una attenzione particolare all’applicazione rigorosa e piena del diritto canonico».

□ Salvatore Izzo su Il Faro di Roma del 27 maggio 2025 [QUI]: «Il Cardinale Becciu ricevuto da Leone XIV. Un incontro che testimonia come il nuovo Papa non intenda farsi condizionare da calunnie e complotti contro il porporato – L’udienza rappresenta certamente un segnale di particolare rilevanza, considerando la travagliata vicenda giudiziaria e mediatica che ha coinvolto il porporato sardo, che ha subito una pesante condanna dal Tribunale Vaticano pur non avendo commesso alcun reato ed essendo invece stata provata la sua innocenza da ultimo anche da intercettazioni telefoniche che hanno individuato un complotto ai suoi danni. Nessuna comunicazione ufficiale è stata diffusa sul contenuto del colloquio di oggi, ma alcune fonti parlano di una volontà del Papa di “ascolto e prossimità” nei confronti del cardinale Becciu, ed è evidente che Leone XIV non intende farsi condizionare dalla campagna mediatica contro il porporato sardo che a causa di questa, pur non essendovi tenuto, ha rinunciato a partecipare al Conclave con un gesto di grande umiltà e amore alla Chiesa cui il nuovo Papa è sembrato voler rispondere oggi con un gesto di apertura che, al di là dei risvolti giuridici, appare carico di significato umano ed ecclesiale».

□ Francesco Peloso su Domani del 27 maggio 2025 [QUI]: «Speranza Becciu: il Papa vuole studiare le carte del processo – Il pontefice ha quindi manifestato in tal modo una volontà chiara di ascoltare le ragioni di Becciu. Anche perché vuole scongiurare l’idea, diffusasi nell’opinione pubblica, che il Vaticano sia il luogo dove vengono violati i diritti della difesa. Per questo si prenderà il tempo che serve per studiarsi con cura le carte processuali».

□ Nico Spuntoni su La Nuova Bussola Quotidiana del 26 maggio 2025 [QUI]: «Tra le righe di Leone XIV la svolta sul diritto vaticano – Come ha detto l’ex radicale Giuseppe Rippa, si è verificata una “italianizzazione della struttura giudiziaria vaticana” che ha partorito il pasticcio del processo al Cardinale Angelo Becciu e che tra le sue implicazioni ha avuto anche un crescente ruolo della componente mediatica. (…) nella mente di Leone XIV sono ancora fresche le lamentele fatte dai cardinali durante le Congregazioni Generali ed in particolare gli strascichi poco edificanti del caso Becciu. I cardinali stranieri che poco sapevano della vicenda, arrivati a Roma con qualche pregiudizio, sono infine rimasti scandalizzati dalla modalità con cui il loro confratello sardo è stato “liquidato”. Non ci sono logiche di appartenenza dietro a quest’insofferenza se si pensa che uno dei più indignati per il trattamento riservato a Becciu è stato un giovane cardinale ultra-bergogliano, autore dell’intervento più progressista durante il pre-Conclave. Che la questione non sia stata irrilevante lo si è visto anche dal responso della Sistina».

□ Geraldina Boni e Alberto Tomer su Il Riformista del 19 maggio 2025 [QUI]: «Diritto vaticano e diritto canonico: due edifici distinti, ma comunicanti. Lì si nasconde il giusto processo – I due ordinamenti menzionati rappresentano perciò due edifici distinti, ma comunicanti, essendo il diritto canonico, per la precisione, a fornire gli assi portanti su cui anche quello vaticano deve necessariamente poggiare. Questi assi, in particolare, corrispondono alla componente divina di tale diritto, rispetto ai limiti derivanti dalla quale neppure il Sommo Pontefice può considerarsi un sovrano legibus solutus. In relazione all’ordinamento vaticano, anzi, allontanarsi da tale paradigma significherebbe non solo rinunciare alle garanzie proprie dello Stato di diritto, ma piegare l’esercizio della sovranità sulla Città vaticana a una funzione estranea e deviata, finendo irreparabilmente per compromettere la ragione della sua stessa esistenza. (…) la persona del giudice, di cui è imperativo assicurare l’imparzialità e la terzietà. In questo senso, se i membri della magistratura operano ovviamente in nome del Santo Padre, non lo fanno in quanto suoi meri “delegati personali”, bensì in virtù di un ufficio autonomo e con proprie attribuzioni stabilite dal diritto. Ancora: espressamente la vigente normativa prevede che i medesimi magistrati siano soggetti soltanto alla legge, senza che in detta disciplina compaia più alcun riferimento della dipendenza gerarchica degli stessi dal Pontefice. D’altro canto, però, non per questo l’atipica architettura in parola è sottratta a rischi di cedimenti. I magistrati vaticani – per restare nel solco tracciato – non costituiscono d’altronde un ordine a sé stante, venendo nominati dallo stesso Pontefice: il quale è quindi chiamato ad autolimitarsi e a confermare le numerose tutele poste a presidio della loro posizione, a partire dalla stabilità dell’incarico, guardandosi poi dal vulnerarne la libertà di giudicare tramite interventi che possano condizionarli. Negli ultimi anni, purtroppo, non sono mancate riforme discutibili che hanno pregiudicato la “tenuta” della magistratura vaticana. Si pensi alla figura del promotore di giustizia, cui è affidata la funzione di pubblico ministero: se fino al 2021 vi era un promotore di giustizia autonomo per ogni grado di giudizio, a partire da tale data il relativo ufficio esercita le proprie funzioni nei tre gradi, con il rischio che l’intero impianto accusatorio si appiattisca sulla tesi sostenuta in prima istanza. O, in modo ancora più evidente, si considerino gli ingiustificati cambiamenti apportati nel 2023 all’assetto della Corte di Cassazione, le modifiche alla cui composizione sono state altresì accompagnate dalla previsione della decadenza dei componenti designati secondo le disposizioni previgenti, impattando sui procedimenti in corso, con buona pace del principio di precostituzione del giudice. Un esempio palmare, stavolta non “strutturale” ma tanto macroscopico nella lesione del principio di legalità da non poter essere ignorato, lo abbiamo avuto poi con quei rescritti che, nel biennio 2019-2020, sono stati concessi in via riservata al suddetto promotore di giustizia, attribuendogli poteri fino ad allora sconosciuti nell’ambito della vicenda più famigerata che abbia interessato la giustizia vaticana, di cui ci siamo occupati diffusamente nel volume Il “processo Becciu”. Un’analisi critica, recentemente edito da Marietti1820 [*]. In definitiva, dunque, se qualsiasi accusa di intrinseca inconciliabilità tra i fondamenti dello Stato della Città del Vaticano e la tutela dei princìpi del giusto processo appare, se aprioristica, pretestuosa, è altrettanto vero che spetta al sovrano cui è affidata la pienezza della potestà di governo farsi solertemente carico della responsabilità che nessuna ombra possa essere gettata sull’operato della giustizia vaticana. È, anche questa, una sfida importante con cui il “nuovo corso” appena inaugurato da Papa Leone XIV non potrà fare a meno di confrontarsi».

[*] Negli ultimi anni un’attenzione anche mediatica senza precedenti si è concentrata sulla giustizia vaticana, trovatasi alle prese con un caso dalle dimensioni altrettanto inedite per il minuscolo stato d’Oltretevere. Oltre all’identità dei suoi imputati, a catalizzare un simile interesse hanno contribuito altresì criticità macroscopiche nella gestione del processo, su cui commentatori ed esperti non hanno potuto fare a meno di interrogarsi. Quali gli effetti dei rescritti pontifici che hanno investito la vicenda processuale? Quale il rapporto tra diritto vaticano e diritto canonico? Quale l’impatto della sentenza nell’ordinamento italiano, ma anche sul piano europeo e internazionale? A tali quesiti il volume Il «processo Becciu». Un’ analisi critica (Marietti1820 2025, 260 pagine) di Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer, uscito l’11 aprile 2025, mira a fornire risposte. È l’analisi critica definitiva del processo-farsa più assurdo della storia, il processo vaticano che ha ingiustamente accusato e condannato il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, innocente, come ha anche dimostrato il dibattito in aula senza ombra di dubbio. E non chiamatelo un “errore giudiziario” ma per quello che è: un abominio giuridico e istituzionale [QUI].

□ Cataldo Intrieri su Il Riformista del 19 maggio 2025 [QUI]: «Vaticano, dove il “giusto processo” è impossibile. Quando il diritto si scontra con il potere assoluto – «Il Vaticano è costituito da due entità distinte, ancorché rappresentate e governate da un’unica guida politica e spirituale: la Santa Sede, faro e rappresentanza della comunità Cattolica mondiale, e lo Stato della Città del Vaticano, fazzoletto territoriale nato a seguito dell’accordo dei Patti lateranensi del 1929 per garantire, anche fisicamente, l’indipendenza effettiva della Chiesa, entrambe con proprie norme e codici. Il codice canonico racchiude il complesso di norme ispirate a princìpi religiosi che regolano l’amministrazione delle istituzioni ecclesiastiche e dei suoi rappresentanti, i codici ordinari costituiscono il corpo delle leggi civili e penali che si applicano all’interno del minuscolo Stato. Il Codice penale è un derivato dell’ultimo codice dello Stato liberale, varato dal guardasigilli Zanardelli nel 1890 ed ancora in vigore al tempo dei Patti lateranensi prima di essere sostituito da quello fascista, ed ha subìto continue modifiche ed aggiornamenti particolarmente intensificatisi nel pontificato di Papa Francesco. (…) Una legislazione “ad personam” applicata “in malam partem” solo agli imputati di un unico processo è difficilmente compatibile anche con i princìpi di uguaglianza del “diritto divino” invocati dal Promotore di giustizia e con la asserita incontestabilità dell’operato del Pontefice (Prima Sedes a nemine iudicatur) sì da autorizzare dubbi sulla sua effettiva efficacia anche presso la dottrina più accreditata, che si è spinta ad ipotizzare una sorta di vera e propria “inesistenza” degli atti. È legittimo che il giurista laico si chieda se possano convivere i meccanismi del giusto processo all’interno di un ordinamento che non contempli la divisione dei poteri ma sia organizzato sul modello di monarchia assoluta. (…) L’esperienza mostra i rischi legati a possibili se non inevitabili interferenze sugli esiti processuali delle finalità politiche dettate dal governo dell’istituzione (si pensi all’esigenza pur nobile di moralizzare e bonificare gli apparati amministrativi). E tuttavia sbaglierebbe chi volesse ridurre il confronto culturale ad un puro conflitto tra vecchio e nuovo, tra autoritarismo e liberalismo. “L’estrema ingiustizia non è legge”, diceva un secolo fa Gustav Radbruch, a sottolineare l’esigenza che diritto e morale convivano. Il punto è come. (…) Forse la risposta sta nell’invito di Cristo a separare gli strumenti di Cesare dalle finalità divine. L’art. 22 della convenzione lateranense stabilisce la facoltà della Santa Sede di delegare all’autorità giudiziaria italiana l’accertamento dei reati ancorché commessi nel suo territorio».

□ Claudio Urciuoli e Tommaso Politi su Il Riformista del 19 maggio 2025 [QUI]: «Caso Becciu: la presunta truffa, il peculato, la sentenza. La vera storia del “Processo del Secolo” – Per questo solo procedimento, Papa Francesco riconosce al Promotore di giustizia la facoltà di “adottare direttamente”, in deroga alle vigenti disposizioni, qualunque tipo di provvedimento “anche di natura cautelare”. Sulla base di tale deroga il Promotore dispone l’arresto di due indagati, eseguendone poi effettivamente solo uno (Torzi). Il Papa inoltre autorizza il Promotore, solo per questa indagine, a disporre intercettazioni e utilizzare strumenti investigativi non previsti dal codice, ad individuare “le modalità più adeguate” per acquisire e utilizzare le prove raccolte, con termini “prorogabili a seconda delle esigenze istruttorie”. Oltre ai quattro Rescripta, all’alba del processo, il Santo Padre modifica ad hoc anche la legge sull’ordinamento giudiziario, consentendo che, per la prima volta nella storia, un cardinale, Angelo Becciu, venga giudicato da un Tribunale totalmente composto da laici. (…) Pur direttamente coinvolto in ogni fase dell’investimento, con pareri e atti autorizzativi a sua firma, il Promotore vaticano decide di chiedere l’archiviazione del Capo Ufficio amministrativo della SDS, Mons. Alberto Perlasca, che da indagato diventa così il “teste della Corona”. Perlasca punta il dito contro il suo superiore gerarchico Card. Becciu e il suo sottoposto, il minutante Fabrizio Tirabassi, ma accusa anche, a vario titolo, il consulente esterno Crasso, il finanziere Mincione, il broker Torzi e i collaboratori di quest’ultimo. Proprio durante le udienze in cui viene ascoltato, si scopre però un retroscena inquietante, la cui portata attende ancora oggi di essere chiarita: le dichiarazioni del monsignore risultano infatti “ispirate” da Francesca Chaouqui, già stretta collaboratrice del Papa ai tempi di Cosea (la Commissione di riforma delle finanze vaticane), poi arrestata e condannata in Vaticano nell’inchiesta nota come Vatileaks 2. Durante le indagini, infatti, la Chaouqui rivela a Genoveffa Ciferri, amica di Mons. Perlasca, informazioni particolareggiate sull’inchiesta in corso e veicola quelle che a suo dire sono richieste provenienti direttamente dagli organi inquirenti. Migliaia di messaggi resi noti dalla Ciferri e depositati in un ricorso all’ONU da Mincione; questi atti risultano ancora formalmente secretati in Vaticano dal Promotore ed aperto un nuovo fascicolo che ancora oggi, a tre anni di distanza, giace in indagini. Spunta di recente anche un audio che proverebbe i rapporti, aventi ad oggetto il processo, tra Chaouqui e il Commissario De Santis della Gendarmeria. (…) Palesemente scorretti o assolutamente in linea coi valori di mercato? Accusa, parti civili e difese si scontrano per tutto il dibattimento sui valori finanziari (c.d. NAV) attribuiti al fondo proprietario dell’immobile. Il Tribunale ritiene però che la truffa prospettata dall’accusa non sia configurabile per ragioni giuridiche, prima ancora che legate al metodo di calcolo. Una volta sottoscritto un fondo, infatti, per tutta la sua durata (lock up period) le decisioni sul denaro investito competono al solo gestore, mentre all’investitore resta una legittima aspettativa di guadagno. Non ha dunque senso presupporre un’induzione in errore dell’investitore da parte del gestore per compiere un atto che spetta a quest’ultimo e non al primo. Questa impostazione consente al Tribunale di non statuire sulla correttezza sostanziale delle valutazioni estimative, anche se riconosce che esse erano avvenute usando un parametro consentito (investment value), ancorché favorevole al gestore. Risulta in qualche modo sposata la tesi della difesa che quello della SDS non fosse, banalmente, l’acquisto pro quota di un palazzo, bensì di un progetto di sviluppo immobiliare. D’altro canto, la correttezza delle valutazioni applicate all’investimento è stata confermata da una recente sentenza dell’Alta Corte Inglese, adita da Mincione, ancorché la stessa Corte attribuisca al gestore un deficit informativo sui criteri utilizzati. (…) Il Tribunale confuta anzitutto la tesi del Promotore – di ottima resa mediatica – secondo cui la SDS avrebbe investito l’Obolo di San Pietro, cioè le donazioni caritatevoli al Santo Padre: le risorse rinvenivano infatti da un finanziamento bancario e oltretutto le riserve della SDS risultavano costituite in maniera stratificata nel tempo. Né tantomeno pone in dubbio il potere della SDS di disporre del patrimonio affidatole. Ma c’è un ma. Sussisterebbe infatti il peculato per “uso illecito” dei fondi, in quanto il can. 1284 del codice canonico (fonte del diritto vaticano) prescrive agli amministratori di beni ecclesiastici di “attendere alle loro funzioni con la diligenza di un buon padre di famiglia”: disposizione, questa, che il Tribunale ritiene di per sé ontologicamente ostativa ad investimenti speculativi come quello nei fondi Athena. Una soluzione giuridica piuttosto sorprendente, tenuto conto delle allegazioni delle difese, rivelatrici di una lunga “tradizione” vaticana di investimenti alternativi o in hedge fund, nonché delle dichiarazioni di ben due Segretari di Stato (Bertone e Parolin), rilasciate in anni diversi alle banche investitrici, attestanti la liceità di “qualunque utilizzo” del credito concesso».