“Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.04.2025 – Ivo Pincara] – Oggi, il quotidiano Domani fa scoppiare un’altra bomba in faccia alla già discreditata giustizia vaticana, svelando che all’ONU sono state depositate le chat in riferimento al processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, quelle segretate dal Promotore di giustizia, Alessandro Diddi, ma anche altre: «Oggi però questo giornale è in grado di svelarle tutte. Non solo le 126 depositate in Vaticano, ma molte altre depositate all’Onu: gli avvocati di Mincione le hanno ottenute proprio da Ciferri qualche mese fa, con tanto di perizia tecnica e copia forense. E le considerano dunque verissime e non modificate».

Verso la fine della cospirazione dell’inganno
e della tragica farsa giudiziaria

«Ecco le prove finalmente! “Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine. Le carte del processo depositate all’ONU. In Vaticano la lotta alla corruzione, tanto cara al Pontefice, la si è combattuta con atti corruttivi pur di condannare un innocente!» (Mario Becciu).

«Ma, se la giustizia è corrotta, allora tutto cambia! ”Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine”. Eh già, visto che se lo dicono tra di loro – nei 120 messaggi oscurati dalla “giustizia” vaticana che, anziché cercare la verità, l’ha nascosta – c’è da credergli, stavolta! Le carte del processo depositate all’ONU. Cosa non si fa, in Vaticano, per condannare un innocente! Oggi comprerei assolutamente il Domani! Per chi crede che la verità ci farà liberi [QUI]. E, proposito della Chaouqui, l’avevo detto che era un pugno nello stomaco [QUI]» (Andrea Paganini).

Comunicato del Cardinale Giovanni Angelo Becciu

La lettura dei messaggi pubblicati oggi sul quotidiano Domani non può che suscitare profondo sconcerto. Tali rivelazioni confermano quanto da me denunciato sin dall’inizio e che, in gran parte, il processo ha già dimostrato. Solo scelte discutibili adottate dal Tribunale, su sollecitazione dell’Ufficio del Promotore di Giustizia, hanno consentito a queste conversazioni di rimanere segrete.
Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine. Come si legge in uno dei messaggi riportati: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”. Una frase che, da sola, è più che eloquente.
Da questa mattina, molte persone mi stanno contattando, indignate e scandalizzate, dopo aver letto questi ulteriori messaggi. Rimane un’amarezza profonda nel constatare che individui capaci di tali nefandezze nei confronti di un Cardinale – o indifferenti di fronte a esse – continuino a ricoprire ruoli di prestigio in Vaticano.
Ho già conferito mandato ai miei avvocati, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, di intraprendere ogni azione giudiziaria necessaria per fare piena luce su condotte così sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità.
Card. Giovanni Angelo Becciu

Il lato oscuro del caso Becciu
La chat che inquieta il Vaticano
di Enrica Riera
Domani, 14 aprile 2025

«Senza Perlasca, Diddi e io ci attaccavamo e tiravamo forte». Sono giorni difficili per il Vaticano. Proprio ora che Papa Francesco è tornato a casa dal Gemelli, dove è stato ricoverato per giorni, documenti e chat inedite potrebbero portare qualche scompiglio Oltretevere. Le carte riguardano il caso del “processo del secolo” al Cardinale Angelo Becciu, e sono state depositate da Rodney Dixon, avvocato del finanziere Raffaele Mincione, in una denuncia al relatore speciale dell’Onu Margaret Satterhwaite, che gestisce l’ufficio che vaglia l’indipendenza dei giudici all’interno dei processi.

Mincione, come è noto, è finito nei guai nel 2020 a causa di un’inchiesta della magistratura della città santa, riguardante la compravendita di un palazzo a Londra e la gestione dei fondi della Segreteria di Stato, per la quale è andato alla sbarra insieme a funzionari vaticani, a Gianluigi Torzi e allo stesso Becciu. Il processo di primo grado si è concluso a dicembre 2023 con la condanna del porporato – a cui il papa aveva già tolto ogni diritto cardinalizio e l’incarico da Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato.

Adesso i nuovi atti letti da Domani potrebbero riaprire la pista relativa a quello che, secondo gli avvocati di Mincione, potrebbe configurarsi come un possibile inquinamento delle indagini svolte dai Promotori di giustizia Alessandro Diddi e Gian Piero Milano.

La genesi

Questo giornale due anni fa aveva già svelato i retroscena che, all’epoca, hanno portato a incardinare l’inchiesta contro l’ex braccio destro di Francesco. Tutto era partito da un memoriale a firma di Alberto Perlasca, il monsignore un tempo fedelissimo di Becciu diventato poi suo grande accusatore.

Durante le udienze si è scoperto che quel memoriale non era tutto farina del suo sacco. Temi e argomenti contro Becciu «mi sono stati in effetti suggeriti da un anonimo magistrato, che poi ho scoperto essere, solo due giorni fa, Francesca Immacolata Chaouqui», ha ammesso il monsignore riferendosi alla lobbista voluta da Francesco nella Commissione per la trasparenza finanziaria Cosea nel 2013, poi condannata nel 2017 a 10 mesi per rivelazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II (anche il direttore di questo giornale è stato imputato e prosciolto).

Chaouqui è una storica “nemica” di Becciu: a lui ha sempre imputato la mancata concessione della grazia da parte del Papa. La donna è entrata in scena quando, a tirarla in ballo, è stata anche un’amica di Perlasca, la misteriosa Genoveffa Ciferri, per tutti Genevieve. Ciferri ha sostenuto che a “manovrarla”, affinché Perlasca parlasse contro Becciu, fosse stata la lobbista, a sua volta influenzata – è la tesi dei legali di Becciu – dal Promotore di giustizia Diddi e dai vertici della Gendarmeria di Stato guidata da Gianluca Gauzzi.

Diddi da parte sua ha strenuamente negato di aver avuto contatti con l’imprenditrice. E ha depositato presso il tribunale vaticano alcune chat della discordia che gli aveva inviato Ciferri subito dopo il primo interrogatorio del suo sodale Perlasca. Interrogatorio che era andato malissimo, tanto da rischiare un’accusa di falsa testimonianza. Ma sui 126 messaggi totali che gli aveva girato Ciferri (dove Chaouqui tira più volte in ballo proprio il Promotore come suo suggeritore) Diddi ne aveva omissati 119. Quest’ultimo ha aperto subito un nuovo fascicolo penale sulla corrispondenza, di cui, a oggi, si sono perse le tracce. Un fascicolo che ha però consentito a lui e al Presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, di rifiutare seccamente l’acquisizione integrale delle chat chiesta dagli avvocati difensori, per «esigenze di segretezza».

Le chat integrali

Oggi però questo giornale è in grado di svelarle tutte. Non solo le 126 depositate in Vaticano, ma molte altre depositate all’Onu: gli avvocati di Mincione le hanno ottenute proprio da Ciferri qualche mese fa, con tanto di perizia tecnica e copia forense. E le considerano dunque verissime e non modificate.

Partiamo dal 18 agosto del 2020, tredici giorni prima che Perlasca decida di attaccare Becciu con un memoriale. Mancano dieci minuti alle otto del mattino e Chaouqui pone una serie di domande a Ciferri: «Quante volte sono stati mandati questi soldi per la suora? Come giustificava Becciu l’invio a Cecilia (Marogna, ndr ) anziché a una organizzazione per liberare la suora? Domani bisogna fargli tirare fuori la vicenda dei conti personali in Svizzera e Julius bar». Temi che finiranno in effetti nel documento che darà il via all’inchiesta penale.

Ma a quella data, e cioè a indagini in corso, come fa Chaouqui a conoscere i dettagli dell’inchiesta? Tutti temi riguardanti il cardinale – dai denari girati alla diocesi di Ozieri per la cooperativa Spes fino al business della birra di famiglia – di cui la lobbista non avrebbe potuto sapere nulla. Anche Ciferri è sorpresa. «Fantastico come tu faccia a sapere queste indiscrezioni! Comunque non mi permetterò mai di chiederti come fai e con chi ti rapporti. Mi basta aver notato che sono veritiere al cento per cento».

Lo spoiler dell’interrogatorio

Monsignor Perlasca, al tempo indagato – Ciferri vuole che in ogni modo esca dall’inchiesta –, verrà interrogato dai magistrati appunto il 31 agosto 2020. Ma una decina di giorni prima Chaouqui lo annuncia a Ciferri. «Ora riceverà il biglietto di cancelleria del tribunale per la conferma scritta del colloquio del 31 alle 10. Nel testo sarà scritto come da prassi che può notiziare il suo avvocato». Chi informa di questi appuntamenti ufficiali la “papessa”? Poi il 22 agosto, in vista dell’interrogatorio, Chaouqui torna a scrivere: «Un altro focus dei magistrati per l’ipotesi di peculato riguarda la gestione delle spese della Segreteria di Stato. Sembra che molto denaro venisse speso per pagare le spese personali del cardinale e di alcuni suoi famigliari e amici, forse Monsignor Perlasca può aiutarci a ricostruire. Sono ammanchi di centinaia di migliaia di euro».

Ma come fa Chaouqui a sapere che una delle contestazioni mosse a Becciu è proprio quella di peculato, reato che verrà contestato dal Papa al cardinale solo giorni dopo?

Non solo. Nelle chat sono molti i riferimenti all’incontro tra Becciu e Perlasca al ristorante “Lo scarpone”, in zona Gianicolo. Si tratta del noto appuntamento in cui il cardinale viene registrato dal monsignore. Il 3 settembre del 2020, in preparazione della famosa cena, Ciferri scrive a Chaouqui: «Buongiorno Francesca. Scrivimi per bene quella cosa che desiderano i magistrati». «Buongiorno Genevieve, siamo a un punto molto importante, il cardinale sta artatamente cercando di crearsi un ennesimo alibi, serve una prova definitiva della sua infedeltà. Una cena costruita bene su cui far “confessare” Sua eminenza sarebbe preziosa per gli inquirenti», risponde Chaouqui. La cena effettivamente si fa, tanto che Perlasca prima di attovagliarsi avverte de visu dell’appuntamento il gendarme Stefano De Santis (è colui che ha condotto le indagini e che ha sempre negato di avere rapporti con Chaouqui, smentendo anche la possibilità che il Vaticano abbia registrato in territorio italiano la conversazione tra Becciu e Perlasca). Dopo la cena, si legge ancora nelle conversazioni, gli audio in cui Perlasca legge il memoriale con le accuse a Becciu vengono girati a Chaouqui, che poi ha ammesso di averli «fatti sentire al Papa prima del processo».

Tra un consiglio di ricette e un video di Crozza, Chaouqui davanti a Ciferri si mostra sempre informatissima su quello che accadrà. A novembre del 2020 rilancia. «Perlasca verrà prosciolto. Su questo non ci sono dubbi. Il proscioglimento non lo mettere più in dubbio. La situazione è questa e nessuno la può cambiare. Se per tranquillizzarlo vuoi parlare con Diddi o con la Gendarmeria non c’è problema», scrive a Ciferri.

Sempre nel mese di novembre di cinque anni fa la lobbista annuncia: «A brevissimo ci sarà una azione penale contro Becciu molto grave». Come fa a saperlo? E il 12 gennaio del 2021 dà anche ulteriori particolari. «Oggi sono in corso interrogatori. Domani saprò».

«Se ne sta occupando Diddi»

Ancora. «Il 25 maggio lo hanno chiamato per la convalida di una firma non sua, di un notaio che lui conosceva, affinché la riconoscesse. In quell’occasione Diddi gli ha detto: “Noi vogliamo tenerla fuori da questa storia Monsignore”. E lui è tornato a casa con le lacrime agli occhi e pieno di riconoscenza…», racconta Ciferri a Chaouqui a proposito delle volontà del Promotore che sembrerebbero dare ragione alla lobbista, che le aveva spiegato che se Perlasca avesse parlato sarebbe stato tenuto fuori dal processo.

Infine, a luglio 2021, Ciferri chiede più volte a Chaouqui quando verranno sbloccati i conti di Perlasca. Dice anche che se ne starebbe occupando il commissario della gendarmeria De Santis che Chaouqui, a sua volta, dice di non conoscere bene. «Se ne sta occupando Diddi», risponde la lobbista. Solo qualche settimana dopo il monsignore avrà libero accesso alle sue finanze. Ciferri ringrazia.

Quando scoppia il polverone sul memoriale e le chat “omissate” da Diddi, le due continuano a scriversi. Chaouqui ammette: «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di dissecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine».

Insomma tutti messaggi che parrebbero anche dare ragione a chi ha sempre sostenuto non solo l’assenza di genuinità nell’atto di accusa di Perlasca, ma anche certi “condizionamenti” del monsignore da parte dell’accusa per il tramite della “papessa”.

Ovviamente Diddi ha sempre negato qualsiasi interlocuzione con Chaouqui, e spiegato che le accuse contro Becciu sono provate da bonifici e prove oggettive, non legate al pentimento di Perlasca. Nondimeno, gli avvocati di Mincione vogliono vederci chiaro.

Postscriptum

1. La legge fantasma del Papa. Gravi violazioni dei diritti umani in Silere non possum, 8 aprile 2025: «La Gendarmeria Vaticana sta giocando da anni a guardia e ladri e intercetta illegalmente prelati e laici all’interno della Città Stato, pedina dipendenti ed effettua illegali perquisizioni. Le leggi vengono cambiate in corso di causa, e non si tratta di un caso isolato. (…) Mentre nelle aule di giustizia italiane l’avvocato Alessandro Diddi è oggetto di scherno, persino da parte di presidenti di tribunale che arrivano ad ordinare indagini della Procura della Repubblica sul suo comportamento in aula, spesso giudicato maleducato, oltraggioso e arrogante, in Vaticano si atteggia a spavaldo. Si aggira tra le vie della Città Stato sfoggiando cravatte ridicole e accompagnato immancabilmente da qualche collaboratrice. Negli ultimi anni, l’unico vero risultato ottenuto da Alessandro Diddi è stata una collezione di flop in aula. Ha pubblicato qualche articolo su riviste giuridiche di scarso rilievo, costellati da errori grossolani in materia canonica e vaticana. Non solo: ha anche copiato un intero codice di procedura penale redatto da un giurista e un intero codice penale scritto da un vescovo, senza apportare alcun contributo originale. (…) Lo abbiamo già visto nel procedimento relativo all’immobile di Sloane Avenue, dove le norme sono state modificate in corso di causa, compromettendo ogni principio di imparzialità e giustizia. (…) Il nodo più grave, però, è che queste carenze e il clima che ne deriva generano violazioni profondissime dei diritti fondamentali. Il diritto di conoscere le leggi che regolano la vita di uno Stato è un principio irrinunciabile in qualsiasi ordinamento giuridico moderno. (…) Il Vaticano è diventato una terra franca, anche perché certi personaggi hanno imparato bene come conquistare il favore della stampa. I giornalisti, infatti, non raccontano nulla di ciò che realmente accade tra le mura leonine, ormai sedotti – e in molti casi, comprati – con piccoli privilegi: biglietti per i musei, accessi alle celebrazioni, interviste esclusive, passeggiate nei giardini vaticani e perfino fotine nella Cappella Sistina».

2. “Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto” (Horacio Verbitisky). “Se la stampa non è libera, se il discorso non è indipendente e viene ostacolato, se la mente viene incatenata o resa impotente attraverso la paura, non fa alcuna differenza sotto quale forma di governo si vive, io sono un suddito e non un cittadino” (William E. Borah).

Aggiornamento

«Quando la condanna precede il processo siamo ai livelli del lupo che si sbrana l’agnello nella favola di Fedro» (Andrea Paganini).

«Siamo solo agli inizi dell’emergere della Verità. Essa si sta facendo strada da sola a gridare in modo potente l’innocenza del cardinale contro tutto e contro tutti» (Mario Becciu).

Becciu e le chat segrete: il Vaticano nella bufera
Il cardinale: sono la prova della macchinazione contro di me
di Bruno Coletta
Italia-informa.com, 15 aprile 2025

Le rivelazioni sulle conversazioni tra Chaouqui e Ciferri scuotono il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede.

Nuove rivelazioni gettano un’ombra pesante sul processo vaticano che ha visto la condanna in primo grado del cardinale Angelo Becciu per peculato e abuso d’ufficio. Il quotidiano Domani ha pubblicato una serie di chat finora tenute riservate tra Francesca Immacolata Chaouqui e Genoveffa Ciferri, interlocutrice chiave di monsignor Alberto Perlasca, il grande accusatore dell’ex sostituto della Segreteria di Stato.

Le conversazioni, rimaste fuori dal processo per scelta del Tribunale e dell’Ufficio del promotore di giustizia, suggeriscono uno scenario inquietante: interferenze sistematiche nelle indagini, regia occulta nella costruzione del memoriale di Perlasca, e contatti diretti con il procuratore vaticano Alessandro Diddi. Il tutto mentre in aula si consumava il processo più controverso della storia recente della Santa Sede.

La frase che incendia il caso: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”

È questa la riga di testo, contenuta in una delle chat e riportata da Domani, che ha fatto saltare la diga del silenzio. Una frase che secondo il cardinale Becciu “è più che eloquente”. Un’ammissione diretta, un indizio chiave – secondo la difesa – di un’indagine nata già viziata da un pregiudizio colpevolista.

Il cardinale, che si è sempre dichiarato innocente, ha reagito con parole durissime: “Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni – ha detto in una nota –: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine”.

Una regia occulta? Le chat mettono a nudo le ombre dell’inchiesta

Le conversazioni tra Chaouqui – già condannata nel caso Vatileaks – e Ciferri delineano un ruolo attivo della prima nel suggerire contenuti e orientamenti per le dichiarazioni di Perlasca. In un messaggio del 3 settembre 2020, Ciferri scrive: “Buongiorno Francesca. Scrivimi per bene quella cosa che desiderano i magistrati”. E poco dopo, a conferma della direzione presa dall’interlocutrice, aggiunge: “Fantastico come tu faccia a sapere queste indiscrezioni! Comunque non mi permetterò mai di chiederti come fai e con chi ti rapporti”.

Non è solo il contenuto a far discutere, ma anche il fatto che queste chat siano rimaste escluse dal fascicolo processuale. Una scelta che, secondo Becciu, ha impedito di smascherare per tempo quello che definisce “un complotto scientificamente orchestrato”.

Difese sul piede di guerra: “Processo falsato fin dall’inizio”

Gli avvocati di Raffaele Mincione – finanziere co-imputato con Becciu per la discussa compravendita del palazzo londinese di Sloane Avenue – parlano apertamente di “manipolazione del processo”. In un comunicato firmato da Gian Domenico Caiazza, Andrea Zappalà, Ester Molinaro e Claudio Urciuoli, si legge: “Le conversazioni emerse rivelano il coinvolgimento attivo dell’autorità giudiziaria vaticana e degli investigatori, nonché di soggetti estranei alle indagini e al processo, nella preparazione della testimonianza di monsignor Perlasca”.

Il team legale ha depositato un esposto presso le Nazioni Unite, indirizzato a Margaret Satterthwaite, relatrice speciale per l’indipendenza dei giudici. Una mossa che alza il livello dello scontro e porta il “processo vaticano” fuori dai confini della Santa Sede, nel cuore della diplomazia internazionale.

Il Vaticano tace, ma la scossa è forte

Dalla Segreteria di Stato non è arrivata, per ora, alcuna replica ufficiale. Né l’Ufficio del promotore di giustizia ha commentato le rivelazioni. Ma nei Sacri Palazzi – secondo indiscrezioni raccolte da La Croix e Il Foglio – la tensione è alle stelle. I sostenitori di Becciu parlano apertamente di “accanimento”, mentre nella Curia si teme che l’appello, fissato per il 22 settembre, si trasformi in un processo al processo.

In ambienti diplomatici si guarda con preoccupazione all’impatto internazionale di una vicenda che mette in discussione la credibilità della giustizia vaticana. “L’assenza di imparzialità e la manipolazione del principale testimone d’accusa non rappresentano semplici vizi formali, ma elementi che minano la validità dell’intero giudizio”, affermano gli avvocati di Mincione.

Un caso che travolge equilibri interni e internazionali

A preoccupare è anche il ruolo di Francesca Chaouqui, figura ricorrente negli scandali vaticani dell’ultimo decennio. La sua capacità di accedere a informazioni riservate, suggerire contenuti, manovrare il contesto, riapre interrogativi mai sopiti sul potere delle “reti parallele” nella Curia.

Intanto Becciu ha dato mandato ai suoi avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo di “intraprendere ogni azione giudiziaria necessaria per fare piena luce su condotte così sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità”.

Ma ormai il vaso di Pandora è stato aperto, e le domande sono più delle risposte: chi sapeva cosa, e quando? Le testimonianze sono state condizionate? Il processo è stato costruito su basi fragili, se non scorrette? Domande che attendono risposta in un’aula di tribunale. Ma anche nei corridoi del potere, dove la verità – spesso – fatica a farsi strada.

Il Papa e Becciu: la costruzione del colpevole
di Paolo Maninchedda
Sardegnaeliberta.it, 15 aprile 2025

L’acqua sporca della Nuova Sardegna

Ieri il giornale Domani, ha pubblicato questa inchiesta [VEDI SOPRA].

Cosa fa La Nuova Sardegna oggi? Oggi titola riportando la notizia di qualche giorno fa della condanna in appello di Becciu per aver abusato dello strumento processuale. In sostanza, Becciu aveva denunciato i suoi accusatori per aver complottato alle sue spalle e il tribunale di Como ha negato che questo sia avvenuto e quindi ha condannato Becciu alle spese processuali.

Tutto questo, però, è avvenuto prima che si scoprissero le carte svelate dal quotidiano Domani. La Nuova, con metodo deprecabile, per attenuare la portata di quanto rivelato da Domani, lo “mischia” con la notizia della precedente condanna. Peccato! Peccato che proprio le carte pubblicate da Domani diano ragione alla tesi del processo costruito a tavolino che i giudici di Como, sulla base delle carte vaticane, avevano respinto.

Le carte mutilate

Ecco, per capire a che punto è la notte nel vergognoso, per la Chiesa, caso Becciu, bisogna partire da qui, dalle carte del processo Becciu, funestate da quattro interventi normativi ad hoc di Papa Francesco e dagli OMISSIS del Promotore di Giustizia Dott. Diddi sulle prove presentate durante il processo.

Sono queste carte mutilate ad aver prodotto la sentenza di condanna di Becciu ed aperto anche la strada del processo di Sassari, sempre per peculato, a carico del Vescovo di Ozieri (spero che il vescovo sappia che spesso gli avvocati non difendono come dovrebbero i loro clienti e che è necessario studiare in proprio le proprie carte per riuscire a far lavorare bene gli avvocati).

Ebbene, adesso almeno una parte delle carte mutilate sono attingibili senza OMISSIS.

Ciò che era stato secretato dal Promotore di Giustizia Dott. Diddi (il PM del Vaticano) durante il processo Becciu, è stato depositato completamente desecretato dinanzi al Relatore Speciale dell’Onu che valuta l’indipendenza dei giudici nei processi.

Da parte di chi è avvenuto il deposito?

Da parte di Raffaele Mincione, finanziere, colpito da condanna della magistratura vaticana per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.

Quindi, la fattispecie del fatto è quella del condannato da un tribunale che si rivolge a un altro tribunale per chiedere giustizia e esibisce carte integre a fronte di quelle obliterate usate dal tribunale vaticano.

La chat svelata

Come è potuto accadere che un atto secretato in un processo vaticano sia stato depositato “in chiaro” in un altro procedimento.

È potuto accadere per la natura della prova.

Si tratta di una chat, cioè di uno scambio di messaggi.

Tra chi?

Tra Genoveffa Ciferri e Immacolata Chaoqui, due signore sconosciute ai più, ma non a chi si è occupato del processo Becciu.

La prima è un’amica di Monsignor Perlasca, il grande accusatore di Becciu, la seconda è una grande nemica di Becciu, entrata nel mondo del Vaticano con la nomina papale, nel 2013, a componente della Commissione per la trasparenza finanziaria (Cosea) e poi condannata a 10 mesi, nel 2017, per rivelazione di notizie riservate nell’ambito del processo Vatileaks 2.

Qui dobbiamo prendere fiato, perché i giornali italiani hanno sempre dipinto la Dott.ssa Chaoqui come un personaggio bozzettistico, una signora che rocambolescamente sarebbe entrata nelle grazie del Papa e poi altrettanto rapidamente ne sarebbe uscita.

A me non pare che sia così.

Non si arriva a quei livelli per caso, per di più se si è donne in un ambiente maschilista e sessista come quello vaticano.

Dipingere la Chaouqui come una gossippara è come fraintendere i Servizi Segreti con Dagospia.

La Chaouqui, ogni volta che è entrata nei radar dei mezzi di informazione, si è rivelata per essere una persona che dispone di un’agenda di tutto rispetto, capace di attivare contatti con ambienti forti e sensibili con una rapidità non comune. Insomma, la Chaouqui non è certamente una macchietta, una comparsa carnevalesca, è una donna esperta in comunicazione e informazione, ottimamente inserita nei circuiti delle informazioni e delle comunicazioni. La Chaouqui è un’avversaria irriducibile di Becciu perché lo ritiene responsabile del suo allontanamento dalle stanze vaticane.

Genoveffa Ciferri, invece, è l’amica e sodale di Mons. Perlasca (il memoriale del quale è l’atto di accusa principale nel processo Becciu) che si fece ricevere a casa dal cardinale e gli dichiarò guerra in faccia e apertis verbis proprio animata dalla volontà di difendere Mons. Perlasca.

Il nesso omesso Come si è arrivati a legare la Ciferri con la Chaoqui?

Durante il processo, è stato interrogato Mons. Perlasca il quale, incalzato dai difensori di Becciu, ha ammesso due cose:

1) di non aver redatto da solo il suo memoriale;

2) di averlo fatto su suggerimento di una persona che per lungo tempo lui ha pensato essere un anonimo e segretissimo ex magistrato in pensione e poi, proprio due giorni prima dell’interrogatorio, ha scoperto essere la Chaouqui.

Chi è stato il trait d’union tra la Chaouqui e Perlasca?

La signora Ciferri.

Quindi, l’atto di accusa di Perlasca nasce da una collaborazione stretta tra Chaouqui, Ciferri e Perlasca. Fin qui, niente di nuovo rispetto a quanto emerso nel processo. Quando, però, la chat tra la Chaouqui e la Ciferri viene acquisita agli atti del processo, il Promotore Diddi, censura 119 messaggi su 127 o giù di lì. Perché?

Ecco, adesso sappiamo il perché. Dalla chat riassunta da Domani emerge con chiarezza che la Chaouqui comunicava alla Ciferri ciò che l’Accusa avrebbe fatto prima che lo facesse, a patto che Perlasca facesse ciò che la Chaouqui ordinava di fare. Il giornalista di Domani sottolinea proprio questo aspetto: la Chaouqui è sempre un passo avanti, guida il testimone, preannuncia le mosse del Promotore di Giustizia e della Gendarmeria vaticana e i fatti le danno sempre ragione, cioè la accreditano come persona ben informata e ben inserita. Mons. Perlasca dice ciò che gli vien chiesto di dire con la promessa che sarebbe uscito dall’inchiesta, e puntualmente esce dall’inchiesta. La Ciferri chiede che i conti personali di Perlasca vengano dissequestrati e puntualmente i conti vengono dissequestrati ecc. ecc. Ciò spiega perché uno dei messaggi della Chaouqui alla Ciferri reciti: «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di desecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine». Se mai non avessimo capito il perché degli OMISSIS apposti sulla chat durante il processo vaticano, adesso lo sappiamo.

La sequenza delle frasi non è un fatto casuale. La Chaouqui è preoccupata che emerga che dietro Perlasca c’è stata una collaborazione di più persone ed è ancor più preoccupata che questa collaborazione si riveli partecipata, anche indirettamente, dal Promotore di giustizia. Poi, però, si tradisce e dice che se si capisse che erano “tutti d’accordo”, includendo evidentemente il Promotore, il complotto contro Becciu sarebbe dimostrato.

Resta, in questo verminaio permesso e protetto dal Papa, una macchia vera e scura sul Giubileo, una questione che ancora non so spiegarmi. Mincione ha ottenuto la chat dalla Ciferri. Perché la Ciferri fa questa operazione verità? Lo capiremo nei prossimi giorni o mesi, intanto possiamo già osservare come la macchina del fango italiana stia facendo fatica a fare marcia indietro: una vittima da lasciare appesa per il collo alla torre più alta è sempre comoda.

Chi tace è complice
e altrettante colpevole

Indice – Caso 60SA [QUI]