Un’eredità in profilo

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.12.2024 – Andrea Gagliarducci] – C’è un tempo e un luogo per ogni cosa, comprese le speculazioni sul prossimo Papa. Questa settimana ha visto un po’ di grano per il mulino, con la pubblicazione di una sorta di guida per gli elettori dei cappelli rossi che sceglieranno il successore di Francesco (e di Pietro) [QUI]. Ci arriveremo. Innanzitutto, dobbiamo considerare cosa rende il prossimo Conclave una questione così difficile, e analizzarlo ci riporta a quello che ha eletto Francesco.

L’elezione di Papa Francesco non è stata una sorpresa. Il suo nome era già circolato dopo il Conclave che ha eletto Benedetto XVI nel 2005, ed era la prima volta che il diario di un Conclave lanciava il nome di un candidato forte [QUI], come Bergoglio sembra essere stato in quel Conclave. In generale, questo tipo di notizie non favorisce i candidati. Il Cardinale Giuseppe Siri aveva la fama di essere stato il cardinale più chiacchierato come il “secondo” tra i più votati, dopo il Conclave che elesse Giovanni XXIII, ma anche in quello che elesse Paolo VI e perfino in quello che portò all’elezione di Giovanni Paolo II. Siri, però, non è mai diventato Papa.

Si potrebbe pensare che fosse stato lo stesso per Jorge Mario Bergoglio, ma non è andata così ai suoi tempi, né è andata diversamente solo per una serie di fattori contingenti che avevano cambiato il corso della storia.

Il primo è che ci trovavamo di fronte a un momento sconvolgente e del tutto inaspettato: la rinuncia di un Papa. La rinuncia ha allungato i tempi di preparazione dopo la fine del pontificato ma, allo stesso tempo, li hanno accorciati. I cardinali avevano l’idea di dover lasciare la Cappella Sistina con un nome e in fretta, per non avere gli occhi del mondo addosso sulla Chiesa, e per attenuare l’impressione di una Chiesa in crisi.

La Chiesa in crisi, l’idea di ciò, era la chiave per identificare il profilo del nuovo Papa. Doveva essere qualcuno che sapesse parlare ai media, dare l’idea di una Chiesa meno trionfante e più vicina ai poveri, un Papa del popolo e popolare che non avrebbe avuto paura di riformare. In quel momento, circolava la voce che “quattro anni di Bergoglio potessero bastare” [QUI]. Si parlava di un Papa che avrebbe dovuto riportare la Chiesa al centro buono dell’opinione pubblica e avviare le riforme.

Ci siamo trovati con un Papa che ha usato il potere in modo diverso dai suoi predecessori, sorprendendo tutti, e che, alla fine, ha cercato di fare una rivoluzione piuttosto che delle riforme. Da anni circolano voci su cardinali scontenti delle loro decisioni nel Conclave del 2013 che ha eletto l’uomo che è diventato Papa Francesco. Una citazione anonima circola almeno dal 2016, secondo cui un cardinale votante “non avrebbe votato per [Bergoglio]”, se avesse visto i dati sulle vocazioni nei seminari di Buenos Aires sotto la supervisione di Bergoglio.

Questo tipo di indiscrezione sembra piuttosto abilmente montato per disturbare il pontificato (ma non c’è bisogno di preoccuparsi: è successo con tutti i Papi, non solo con Francesco). È, tuttavia, il tipo di cosa che rivela un disagio, una preoccupazione, una paura per il futuro. Da qui, la domanda sul prossimo Papa.

Per quanto fastidiosa possa essere finché un Papa è ancora in vita, è comunque la domanda che tutti i cardinali si pongono. Se ci si ferma a pensarci anche solo per un secondo, si vede che fa parte del loro lavoro pensarci. Quando il Papa regnante raggiunge l’età di 88 anni e ha subito due importanti operazioni chirurgiche, diventa davvero gran parte del loro lavoro. Questa è una delle ragioni principali per cui è stata lanciata di recente un’iniziativa chiamata The College of Cardinals Report, sito creato per assicurarsi che i cardinali si conoscano tra loro.

Titolo sito

Criticato da vari fronti, perché è un’operazione per il Conclave nata mentre il Papa è vivo e vegeto, il sito non fa altro che delineare profili, punti di vista e storie(grafie) dei cardinali di Santa Romana Chiesa. È un database che consente a tutti di sapere tutto di tutti. Ed è facile capire da dove sia nata l’esigenza di gestire un’iniziativa di questo tipo.

La domanda sorge spontanea se consideriamo che Papa Francesco, in undici anni di pontificato, ha convocato dieci Concistori. Uno ogni anno, ad eccezione di quello post-COVID-19. Ha modificato radicalmente il Collegio Cardinalizio in termini di composizione. Non ha creato opportunità per i cardinali di conoscersi.

I Papi hanno praticamente sempre fatto affidamento su persone di cui si fidano. I Papi hanno praticamente sempre dato posizioni di potere a persone di cui si fidano. I Papi hanno quasi sempre elevato i loro fidati amici e consiglieri al rango cardinalizio, rendendoli stretti collaboratori. Papa Francesco fa l’opposto. Papa Francesco colloca i suoi Principi della Chiesa lontano dai centri di potere. I centri di potere finiscono per avere figure di seconda categoria o persone legate personalmente al Papa stesso ma senza una vera autorità sugli altri. Nessun metodo è perfetto.

Il punto è che un rapporto sui cardinali che risponde alla domanda che tutti gli uomini che alla fine siederanno nella Cappella Sistina per eleggere il successore di Pietro hanno in mente: chi siede accanto a me? E cosa pensano? E di chi tra loro posso fidarmi? Queste domande sono cruciali in un Conclave, soprattutto in un Conclave così nuovo e variegato.

L’analisi offerta nel nuovo Rapporto non è esente da utopismo, o forse da qualche pio desiderio: vedere il Cardinale Angelo Bagnasco, ora ottantenne, come papabile, per esempio; o includere il Cardinale Mauro Piacenza e il Cardinale Robert Sarah, quasi ottantenni, tra coloro che potrebbero aspirare alla tonaca bianca. La questione, tuttavia, riguarda più del profilo del successore.

Siri ha detto che alcuni Papi sono già Papi e Papi nati in Conclave, ma tutti devono ancora imparare a essere Papa. Le vere domande dovrebbero riguardare la situazione della Chiesa, e in particolare, la situazione della Curia e dello Stato della Città del Vaticano. Il Papa lascia un’eredità di governo, spesso trascurata e solitamente sottovalutata.

Cosa dovrebbe guardare un eventuale “rapporto sul governo del Vaticano”?

Innanzitutto, la salute della giustizia vaticana. Dopo la controversa sentenza nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato – che, per la prima volta nella storia e per volontà del Papa, ha portato a processo un cardinale – e la sentenza sulla gestione dei fondi della Cappella Sistina, il Presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone si è dimesso. È la fine di una breve era in cui si è cercato di far coesistere il diavolo con l’acqua santa, ovvero il diritto italiano e la giurisprudenza vaticana, ovvero la volontà papale e la giustizia regale. Pignatone lascia dietro di sé una legge sugli appalti poi riformata e una riforma del sistema giudiziario che comprendeva misure particolarmente discutibili, come la presenza di un unico promotore di giustizia per il primo e il secondo grado o addirittura il ritorno a un sistema in cui giudici e promotori di giustizia vaticani erano tutti part-time, senza che nessuno si dedicasse completamente allo Stato.

Era la volontà papale, ma ha certamente indebolito lo Stato Pontificio. Ha indebolito anche la Santa Sede quando Papa Francesco è intervenuto con quattro rescritti nel processo in corso, cambiando (o esplicitando, secondo il Promotore di giustizia vaticano) le regole del gioco e consentendo intercettazioni e procedure investigative oltre le normali prerogative. Ma come si difenderà la Santa Sede a livello internazionale se lo Stato della Città del Vaticano si indebolisce?

C’è la situazione del governo della Curia. Il Papa lascia una Curia riformata sulla carta ma non nella cultura e nemmeno nel funzionamento. Le posizioni chiave devono ancora essere definite, mentre le questioni chiave sono praticamente scomparse dal radar. Non esiste un vero e proprio programma sulla dottrina sociale o sul diritto internazionale, ad esempio, nel nuovo super- Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale [*]. Ci sono un sacco di nuovi organismi da istituire, con o contro una sorta di gerarchia asimmetrica del Papa, che si applica mutatis mutandis anche al Vicariato della Diocesi di Roma. Nel Vicariato non ci sono più ausiliari ma vicari episcopali, e tuttavia c’è un nuovo ausiliare, ed è il vicegerente. Il Vicario è considerato uguale agli ausiliari e, quindi, sarà uguale al vicegerente ma superiore agli altri. In breve, è una grande confusione.

Poi, le riforme finanziarie sono caratterizzate da passi avanti (sulla base di solchi già tracciati) e passi indietro (causati dall’inadeguatezza di alcune proposte di riforma).

Infine, c’è la parte ideologica: la nozione fondamentalmente armata di sinodalità è già stata invocata per giustificare l’imposizione di punti di vista come questioni di politica. La politica, il cambiamento pragmatico, è più o meno il massimo a cui Francesco è stato disposto ad arrivare, ma ha ignorato le implicazioni dei cambiamenti pragmatici che ha permesso o incoraggiato o sofferto mentre affermava di non aver cambiato la dottrina. Dopo tutto, la dottrina non è cambiata, ma la percezione della dottrina è molto cambiata, almeno in alcuni ambienti.

Forse la domanda da porsi sul prossimo Papa non è cosa pensa a livello dottrinale, ma quale capacità avrebbe di sostenere il peso del prestigio della Santa Sede da ricostruire, di uno Stato della Città del Vaticano da rendere di nuovo indipendente, di una situazione economica che è improvvisamente diventata insostenibile al punto da chiedere ai cardinali di sostenersi con donazioni indipendenti e di un’organizzazione che non ricorda nemmeno lontanamente le glorie di quando la Chiesa era veramente ascoltata nel mondo, nonostante tutto nel mondo andasse contro la Chiesa? Nemmeno un profilo dettagliato dei cardinali può rispondere a queste domande. Ci vorrà una profonda conoscenza personale delle persone che, papabili o meno, sono giocatori chiave, e tutti dovranno scommettere su chi sarà il prossimo Papa. Ecco perché è così pericoloso per i cardinali non conoscersi. Lo Spirito Santo ha il suo bel daffare.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

[*] Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale è stato istituito dal Santo Padre Francesco con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio Humanam progressionem del 17 agosto 2016. Dal 1° gennaio 2017, nel Dicastero sono confluite le competenze del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, del Pontificio Consiglio Cor Unum, del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che in quella data hanno cessato il loro mandato. Il Dicastero è dunque chiamato ad esprimere la sollecitudine della Chiesa negli ambiti della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato, come in quelli che riguardano la salute e le opere di carità. Per un quinquennio, le competenze in materia di migranti, profughi e vittime della tratta sono state affidate ad una Sezione posta ad tempus sotto la guida del Sommo Pontefice, coadiuvato da due Sotto-Segretari. Dal 1° gennaio 2023 tale Sezione è confluita nel Dicastero.

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