Nella guerra scatenata dalla Curia Romana contro la Tradizione, la Vetus Ordo Missae e i Cattolici tradizionali, quale prospettive per «un rito tanto antico quanto nuovo» così martoriato e perseguitato?

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Il primo giorno dell’anno 2022, in occasione dell’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha detto: «Il Dio bambino nasce per non escludere nessuno!». Questa frase è antico come il Vangelo ed è la fonte della nostra Fede. Ma sappiamo anche, che da otto anni il Vicario in terra esclude tutti quelli che non gli piacciono, con cacciate, tagliate di testa, sacrifici sull’altare dell’ipocrisia, il famigerato “non si faccia più vedere”, rigidi e intolleranti proibizioni, commissariamenti, ecc. senza la “medicina della misericordia” somministrata ai nemici della Tradizione. L’ultimo esempio in ordine di tempo è la guerra che ha scatenato con i pasadaran della Curia romana, senza contemplare di fare prigionieri, contro la Tradizione, la Vetus Ordo Missae e i Cattolici tradizionali.

Motus in fine velocior

In questo stesso primo giorno dell’anno 2020, il collega e amico Aldo Maria Valli ha condiviso sul suo blog Duc in altum [QUI] la sua tradizione italiano dall’inglese di un articolo di Timothy Flanders pubblicato da OnePeterFive [1] [QUI]. Introducendo questo testo – di bilancio e prospettive della battaglia a difesa della Tradizione, che di seguito riportiamo – Valli commenta: “Dopo che tante maschere sono finalmente cadute”. Nessun male viene solo per nuocere… intanto, con le maschere cadute riconosciamo le facce. E non è un bel spettacolo.

Inoltre, sempre ieri Valli ha pubblicato un’intervista, che riportiamo di seguito, a Cristina Siccardi [2] sul suo libro dedicato alla Vetus Ordo Missae, Quella Messa così martoriata e perseguitata, eppur così viva! (Sugarco Edizioni 2021, 304 pagine) [3]. Questo testo, con la Prefazione di Don Davide Pagliarani, Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X [4], illustra la bellezza e la ricchezza del rito romano tradizionale della celebrazione della Santa Messa e dei sacramenti, così come sono stati celebrati dalla Chiesa Cattolica Romana per secoli, «un rito tanto antico quanto nuovo» come scrive l’autrice, riprendendo un’espressione cara a Sant’Agostino. Un libro quanto mai attuale, che offre un contributo significativo al dibattito attuale, nel momento in cui con la Traditionis custodes del Pontefice regnante e la Responsa ad Dubia della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti è stato compiuto un attacco rigido, intollerante e senza misericordia contro i Cattolici tradizionali, mandando al macero la Summorum Pontificum, con cui Papa Benedetto XVI aveva liberalizzato con saggezza e spirito pastorale il mai abrogato rito romano usus antiquior della liturgia del Santo Sacrificio dell’Altare.

Di fronte al baratro di accelerata de-cristianizzazione in tutta l’Europa, compresa l’Italia, con il crescente tracollo della frequentazione della Novus Ordo Missae, la Messa della riforma liturgica del dopo-Vaticano II, la Santa Sede lancia una guerra contro la Messa tradizionale, la Vetus Ordo Missae. Dopo quattordici anni di fervida vitalità con frutti straordinari, dal 2007 in poi, che ha formato in tutto il mondo un vasto bacino di sacerdoti e di fedeli dai diversi volti generazionali e sociali, questo «rito tanto antico quanto nuovo» viene nuovamente colpito al cuore.

Un breve video di una risata senza freni che ha coinvolto Papa Francesco, per una battuta del Primate anglicano Justin Welby: “Sai quale è la differenza tra un liturgista e un terrorista? Con il terrorista puoi trattare…”, avrebbe detto Welby. E il Papa è scoppiato a ridere seguito dal Primate anglicano. Il video è stato postato su Twitter da Greg Burke, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il 6 ottobre 2016. “Ci sembra che Papa Bergoglio si sia affidato mani e piedi alla peggior specie di terroristi – pardon liturgisti – in cui poteva imbattersi” (Marco Tosatti).

L’unico modo per perdere questa guerra è smettere di combattere
di Timothy Flanders
OnePeterFive, 30 dicembre 2021


I nemici di Cristo contano sulla nostra memoria corta. Nell’era degli smartphone, per la gioia degli oligarchi e degli eretici, la tecnologia dà forma al pensiero al posto nostro. L’unico modo in cui possono vincere è spingerci a dimenticare le grandi opere dei nostri antenati e a perdere la speranza nelle promesse di Dio.
Se dimenticheremo, diventeremo spiritualmente esausti e smetteremo di combattere.
I nemici della Santa Chiesa sono deboli. Sanno che, se cercheranno di combattere lealmente, perderanno la guerra. Quindi per raggiungere i loro fini devono ricorrere all’inganno, ai giochi di potere, agli abusi spirituali. La loro tattica principale è la manipolazione dei nostri ricordi.
Tutto ciò è stato pienamente dimostrato con Traditionis custodes, che ha tentato di riscrivere la storia recente riguardo all’opera di Benedetto XVI basandosi su un’affermazione che lo stesso Benedetto aveva preventivamente giudicato “assolutamente falsa!”.
Quindi proprio ora che entriamo nel nuovo anno, ricordiamo le nostre radici, per non dimenticare. Come è scritto: “E così quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia; ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati” (Mc 4, 16,17).
Potresti essere nuovo nel movimento tradizionale. Forse hai appena scoperto la Messa in latino dei nostri padri e l’hai ricevuta “con gioia”. Ma se non diventerai radicato in tutto questo, cadrai e perderai la tua fede.
Quella del movimento tradizionale è una storia di rinascita. Fin dai suoi inizi molto umili con Una Voce, nel 1965, e dopo l’indulto del 1971, il movimento ha raggiunto, per grazia, l’obiettivo principale del Vaticano II: una nuova primavera della fede (come ha osservato di recente John A. Litwinski).
Anche se il Papa e la maggior parte dei vescovi lo hanno perseguitato, il movimento tradizionale è sopravvissuto ed ha prosperato. Come la Chiesa primitiva è scaturita dal seme del martirio, il movimento tradizionale è cresciuto e fiorito sotto la persecuzione. Dal Summorum Pontificum nel 2007, questa autentica primavera si è diffusa in un numero crescente di fedeli laici ravvivati ​​nella fede, con ordini religiosi in crescita e nascita di vocazioni sacerdotali.
Al contrario, gli sforzi dello “spirito del Vaticano II” per scendere a compromessi con il mondo hanno dato vita a una storia di declino. Vescovi e sacerdoti hanno continuamente cercato di trovare un modo per fare appello ai giovani affinché fossero significativi di fronte alla crescente indifferenza del mondo, ma le statistiche mostrano che le parrocchie del novus ordo, tranne alcune eccezioni, non sono fiorenti. La disapprovazione contro chiese e liturgia è stata un disastro, così che la generazione successiva non ha potuto sopportare di accettarla e tramandarla ai propri figli.
L’“autodemolizione della Chiesa” (come la definì Paolo VI) fu orchestrata da una “quinta colonna” diventata forte con il Vaticano II ma presente già da prima. Questi nemici dichiararono apertamente la loro intenzione di promuovere l’eresia all’interno della Chiesa e di minare, tra le altre cose, il dogma della Presenza Reale [QUI].
Questi malvagi hanno diffuso l’abuso della Comunione nella mano, accettato in tutto il mondo da pastori deboli che, rifiutandosi di difendere virilmente le pecore, si sono dimostrati mercenari in fuga dai lupi. Gli eretici hanno così potuto distruggere la fede a partire dai bambini.
I nostri padri, che hanno lottato per il rito romano e amato la Chiesa, di fronte ai lupi hanno sempre sostenuto la soluzione tradizionale: il salutare anatema caritatevole. Dietrich von Hildebrand consigliò a Paolo VI di applicarlo nel 1965, ma lui rifiutò, e così fecero tutti i suoi successori [QUI].
Ai lupi, al contrario, è stata data la “medicina della misericordia”, che ha fatto a pezzi la devozione dei fedeli e li ha allontanati dall’Arca della Salvezza.
Affermando di seguire il Vaticano II e di sperare in una nuova primavera, i vescovi hanno seguito il Concilio e il suo abbandono dell’anatema caritatevole. Ma allo stesso tempo, “nello spirito del Vaticano II”, hanno consentito ogni sorta di eresia e malvagità, anche in contraddizione con gli stessi documenti conciliari. Come ha sottolineato Ratzinger, l’attuazione della riforma liturgica da parte di Paolo VI ha di fatto tradito la Costituzione del Vaticano II sulla liturgia stessa, ed è per questo che Benedetto XVI è stato indotto a ripristinare la Messa vetus ordo auspicando una “riforma della riforma” e un “nuovo movimento liturgico”.
In nome del rinnovamento e di una nuova primavera, i vescovi hanno reso le chiese fredde, buie e senza vita ed hanno perseguitato i tradizionalisti con l’accusa di essere “contro il Vaticano II” quando in realtà i gruppi tradizionali accettano più dottrine contenute nel Vaticano II di quanto facciano tante parrocchie novus ordo.
Con troppo rare eccezioni, i vescovi non solo si sono comportati da mercenari, ma si sono lasciati trascinare da ogni vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore (Ef. 4, 14).
Tutto questo ha raggiunto il culmine nel 2020 ed è stato allora che la maschera è caduta.
Nella liturgia la distruzione è stata più cospicua, più intensa e più dolorosa per i fedeli perché essa non è altro che il trono di Cristo stesso nel Santissimo Sacramento, dove i fedeli vanno ad adorare il loro Re, per mantenere un’intima comunione con il divino e Sacro Cuore di Gesù. Il Santissimo Sacramento è il cuore pulsante della Chiesa. La grazia sacramentale è per il cristiano l’unica cosa di cui c’è bisogno (Lc. 10,42). Questo sacramento è più necessario dell’aria che respiriamo.
In effetti, il Vaticano II ha parlato in modo eloquente su questo punto: “Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana [i fedeli] offrono a Dio la vittima divina e se stessi con essa, così tutti, sia con l’offerta che con la santa comunione, compiono la propria parte nell’azione liturgica, non però in maniera indifferenziata, bensì ciascuno a modo suo. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santa comunione, mostrano concretamente la unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata” (Lumen gentium, 11).
Purtroppo, questo “augusto sacramento” per la maggior parte dei vescovi è diventato un “servizio non essenziale” e così nel 2020 essi hanno rapidamente chiuso la fonte e il culmine della nostra fede in tutto il mondo, piegandosi ai voleri dei governi e dei globalisti marxisti.
Dopo decenni in fuga, mentre i lupi distruggevano la fede nel Santissimo Sacramento, non è stato sorprendente scoprire quanto fosse debole la fede dei vescovi e quanto poco fossero disposti a combattere per le loro pecore, per dare loro il cibo celeste necessario al nutrimento dell’anima.
Il 2020, però, ha mostrato ai fedeli i sacerdoti e i pochi vescovi ancora cattolici, disposti a disobbedire alle leggi ingiuste (della gerarchia o del governo) per obbedire a Dio e salvare le anime.
Molti di questi sacerdoti e fedeli sono tradizionalisti che “offrono la vittima divina a Dio” secondo il rito dei nostri padri, l’antico rito romano contenuto nel Messale del 1962.
I tradizionalisti si rifiutano di assecondare i vescovi empi che dicono loro che il Santissimo Sacramento è un servizio non essenziale. Ecco perché i loro gruppi sono fioriti: molti fedeli hanno scoperto che le comunità tradizionali sono le uniche che offrono ancora la Santa Messa. La prova è, come ha osservato Matthew Plese in un importante articolo, che il movimento tradizionale, attraverso la rete online, ha prosperato durante il 2020.
Nel frattempo, Andrea Grillo e i suoi compari hanno fatto circolare una petizione per distruggere la Messa in latino, guadagnando in qualche maniera una maggiore influenza sulle persone chiave in Vaticano e mettendo così insieme gli imbarazzanti errori contenuti nella Traditionis custodes.
Se “esperti liturgici” hanno scritto quel documento, significa che di certo non hanno fatto i compiti.
Sappiamo che fin da quando il Cardinale Sarah fu rimproverato per aver pronunciato la formula “Riforma della riforma” nel 2016, uomini potenti stavano tentando di distruggere l’opera di Benedetto, e sembra che il Signor Grillo abbia finalmente ottenuto ciò che voleva.
Ma i nostri nemici ci hanno gravemente sottovalutato. Vinceremo (di nuovo) solo se combatteremo questa battaglia.
Adesso la situazione ci riporta per molti aspetti a quella dei nostri padri nel 1970, quando la Messa tradizionale fu apparentemente abrogata da Paolo VI. Ma noi siamo in una posizione migliore, perché abbiamo molto di più.
Abbiamo le loro stesse fatiche e sofferenze, che ci hanno tramandato il rito antico. Abbiamo l’opera di Papa Benedetto che ha rivendicato il nostro movimento basato sull’autorità della Tradizione (e non principalmente per riconciliare la FSSPX, come falsamente afferma Traditionis custodes). Abbiamo centinaia di pagine di studi che ripudiano le pretese liturgiche e storiche che un tempo convinsero Paolo VI a tentare l’abrogazione della Messa antica. Abbiamo cardinali, vescovi e sacerdoti che si battono contro la papolatria che difende gli errori di Traditionis custodes contro la Tradizione, la storia e la ragione stessa. Abbiamo padri cattolici disposti a essere uomini di Dio e a lottare perché i loro figli abbiano la Messa tradizionale. Ma, più di tutto questo, abbiamo la verità dalla nostra parte.
Nonostante il Papa, tutti i vescovi e tutti i governi del mondo ci molestino e ci chiudano fuori dalle nostre chiese, niente avrà la meglio sulla verità. Nessuna quantità di bugie avrà la meglio. “Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata” (Sal 3,7).
L’unico modo per perdere questa battaglia è perdere la speranza e smettere di combattere. La Madonna e tutti i santi ci stanno portando alla vittoria, nel 2022 e oltre. Non smetteremo mai di lottare. Vinceremo questa battaglia per la Tradizione e libereremo la Messa latina dai carcerieri [custodes] della Tradizione proprio come fecero i nostri padri prima di noi.
È con questo spirito dei nostri padri che salutiamo il nuovo anno solare e rendiamo grazie a Dio onnipotente, supplicandolo di perdonare i nostri peccati, perdonare i nostri nemici e darci la vittoria a Sua maggior gloria e per la salvezza delle anime. Riponiamo la nostra speranza in Dio, che è fedele alle sue promesse, come dichiara il Profeta: “Se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici e contro i suoi avversari porterei la mia mano” (Sal 81, 14-15).

Quella Messa così martoriata e perseguitata, eppur così viva!
Intervista a Cristina Siccardi
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 1° gennaio 2022


Cristina Siccardi, il titolo del suo libro, Quella Messa così martoriata e perseguitata, eppur così viva!, dice già molto: nel volume si fa la storia della Messa e si affronta la questione della riforma scaturita dal Concilio, una presunta primavera che si è rivelata invece un inverno, anche sotto il profilo liturgico. Il libro, inoltre, viene pubblicato mentre imperversano le polemiche in seguito alla pubblicazione della Lettera apostolica Traditionis custodes e dei Responsa ad dubia sull’applicazione del Motu proprio di Francesco. La Messa nella sua forma tradizionale è davvero perseguitata, eppure è più che mai viva e vitale, apprezzata anche da tanti giovani. Come si spiega questo fenomeno?

È la dimostrazione più emblematica che la Santa Messa in Vetus Ordo è il cuore della Fede, perché la lex orandi si lega indissolubilmente alla lex credendi: rendere culto a Dio nel solco della Tradizione significa rimanere fedeli al magistero di sempre della Chiesa; rendere culto all’uomo (come si legge nel discorso di Paolo VI per la chiusura del Concilio, del 7 dicembre 1965: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto») non è più difendere e rendere giustizia alla Cattolicità.
Oggi nessuno può più affermare che si tratta di un rito legato alla “nostalgia” delle generazioni passate, che in gioventù avevano vissuto la liturgia “antica”. Gli anziani dei nostri giorni sono quelli della rivoluzione del Concilio Vaticano II e della rivoluzione liturgica, coloro che continuano a perseguitare “quella” Messa, intorno al cui altare si sono innalzati campanili, basiliche, santuari, monasteri, abbazie, cattedrali… Il Vaticano II è l’unico Concilio della storia che non si è aperto per condannare errori teologici e dottrinali, ma per aprirsi al mondo, ai “lontani”, ai protestanti. Non è certo un caso che il primo documento dell’Assise, che ha puntato sull’ecumenismo, sia stata la Costituzione della Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, dove nel primo paragrafo si legge:
«Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti». L’obiettivo è fallito clamorosamente perché le premesse erano fallaci ed erronee; per questa ragione, come le statistiche evidenziano impietosamente, i seminari chiudono, le parrocchie vengono accorpate, già le diocesi (come quella di Cefalù) affidano le stesse a gruppi di laici. Così, mentre le chiese, soprattutto in Europa, periscono e vengono vendute sempre più, quelle di stampo tradizionale sono vitali e rigogliose.
L’intento è stato quello di allinearsi alla rivoluzione liturgica protestante, dove non è più il Santo Sacrificio dell’altare ad essere lo scopo principale del rito, bensì (seppure non negandolo, come fanno invece i luterani e tutte le credenze che da questo ceppo sono sorte) l’attenzione si è spostata sulla memoria eucaristica dell’Ultima Cena con tutto ciò che ne è conseguito: il sacerdote volta le spalle al tabernacolo per essere frontale all’assemblea; perdita di valore del tabernacolo fino a riporlo nella cosiddetta «riserva eucaristica»; abolizione della lingua sacra della Chiesa di Roma (lingua che richiama ad un più intenso rapporto verticale e trascendente con la Santissima Trinità, a differenza del vernacolare, che umanizza e non divinizza il momento liturgico, favorendo la distrazione orizzontale del fedele); perdita della sacralità e dell’adorazione del Corpo e Sangue di Gesù Cristo attraverso l’eliminazione di gesti, silenzi, genuflessioni, inginocchiamenti…; prendere in mano la divina Ostia nel momento in cui ci si comunica; violabilità laica del presbiterio; partecipazione dei laici alla ritualità (lettura della Parola di Dio; distribuzione della Comunione; ministranti – non più chiamati chierichetti – femmine); adeguamenti liturgici attraverso sia l’abbattimento degli altari (sostituiti dalle mense) e delle balaustre, sia l’aniconicità (tipicamente protestante) delle chiese di moderna fattura, sia la depauperazione dei paramenti sacri sacerdotali.
Il Novus Ordo Missae è il frutto di un impegno a tavolino di un’apposita Commissione liturgica – alla quale partecipò anche una delegazione di pastori protestanti –  presieduta da Monsignor Annibale Bugnini, al quale è stato dato ampio potere di manovra sotto i pontificati di Pio XII e di Paolo VI. Mentre il rito della Messa di sempre si è costituito, invece, mattone dopo mattone, dal momento della sua istituzione voluta da Cristo in poi, lungo i secoli della Tradizione della Chiesa: siamo, quindi, di fronte ad uno straordinario lavoro di cesello, che ha permesso una umana e divina stratificazione e sedimentazione liturgica. Una gemma di inestimabile valore che non potrà mai competere, per sodezza di Verità e per Bellezza somma, con il rivoluzionato rito. Dopo 14 anni di vita del motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, clero, religiosi e religiose, famiglie, bambini e giovani hanno conosciuto le meraviglie di tale Santa Messa, alla quale non potranno più rinunciare per nessuna ragione al mondo, ne va della loro coscienza.

Traditionis custodes è il frutto di un’operazione tutta ideologica, che nulla ha a che fare con la cura pastorale. Anzi, il provvedimento è animato da volontà punitiva, come confermano i Responsa ad adubia. Perché questo astio, e proprio da parte dei massimi vertici della Chiesa?

Accoglienza e misericordia per ogni realtà mondana sono gli atteggiamenti della Santa Sede contemporanea; tuttavia, non c’è alcun rispetto e riconosciuta dignità per l’identità Chiesa come sempre è stata intesa per duemila anni: la Tradizione è stata tradita e non vengono più trasmessi gli insegnamenti di sempre. Ecco che la Santa Messa di sempre crea imbarazzo, anzi, produce un vero e proprio terrore nelle alte gerarchie ecclesiastiche perché essa è lo specchio della Fede per quello che è veramente, scevra dalle sovrastrutture realizzate dai teologi novatori e dai pastori attenti alle dinamiche moderniste, politiche, sociologiche, psicologiche, ecologiche… piuttosto che alla cura delle anime.

Nel libro lei si occupa dei presupposti della riforma liturgica e di alcuni suoi protagonisti. Qual è il filo conduttore di questa storia?

I rivoluzionari il più delle volte espongono le loro istanze facendosi falsamente “portavoci del bene comune”, in realtà agiscono secondo le proprie soggettive ideologie, proprio come operò la Commissione pontificia liturgica, istituita il 28 maggio 1948, i cui membri erano: monsignor Alfonso Carinci, segretario della stessa congregazione; padre Ferdinando Antonelli Ofm, relatore generale della Sezione Storica; padre Joseph Löw Cssr, vice relatore; padre Anselmo Albareda y Ramoneda Osb, prefetto della Biblioteca Vaticana; padre Agostino Bea, rettore del Pontificio Istituto Biblico; padre Annibale Bugnini Cm, direttore delle Ephemerides Liturgicae, poi segretario della Commissione, un incarico che mantenne dal 1948 fino allo scioglimento della Commissione stessa, quando venne istituita la Commissione preparatoria per il Concilio nel 1960. In dodici anni di esistenza, dal 28 giugno 1948 all’8 luglio 1960, la Commissione si riunì 82 volte, agendo in assoluta segretezza. Tale Commissione godette della fiducia di Pio XII, che veniva informato dal Sostituto alla Segreteria di Stato monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e ogni settimana da padre Agostino Bea.
Nel caso della rivoluzione liturgica seguita al Concilio Vaticano II, il magistero di Paolo VI sostenne che occorreva sacrificare la lingua latina per il bene di una maggiore e più diffusa comprensione del contenuto della Messa. Tuttavia, la gente non ne sentiva assolutamente l’esigenza e non si avanzarono mai richieste in questo senso; men che meno mutare le formule, cambiare il Canone, cancellare segni e parole, stravolgere atteggiamenti sacerdotali e laici, tutti chiamati in definitiva e sostanzialmente ad essere più protestanti e meno cattolici.
Il filo conduttore di questa triste storia è stata la volontà da parte di alcuni esponenti della Chiesa conciliare (la minoranza, non la maggioranza) di variare in profondità l’istituzione religiosa romana e per fare questo era necessario andare all’anima del culto divino: la Messa. Già a partire dalla seconda metà del XIX secolo c’erano liturgisti desiderosi di aprirsi alle realtà liturgiche luterane, calviniste, anglicane… una sorta di grande tentazione cultuale per avvicinarsi ad esse senza più soggezioni. Uno scopo, dunque, tutto antropocentrico ed ecumenico, dagli orizzonti illusionistici ed utopici, i cui fallaci e dannosi risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Al contrario, il filo conduttore della Santa Messa di sempre è sempre e solo stata la maggior Gloria di Dio e la santificazione delle anime. Il comandamento dell’Antico Testamento «Ricordati di santificare le feste» si è perfezionato attraverso l’Incarnazione di Cristo per la salvezza eterna delle anime e incruentemente Egli viene crocifisso ogni volta che una Messa viene celebrata, per questo Gesù ha detto: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20). I protagonisti presenti nel libro, paladini della Tradizione – da san Francesco d’Assisi al cardinale John Henry Newman, da sant’Alfonso Maria de’ Liguori a Padre Pio da Pietrelcina, da san Filippo Neri a Monsignor Marcel Lefebvre… – sono coloro che maggiormente hanno lasciato pagine di assoluta credibilità sul rito liturgico bimillenario, un rito che ha prodotto conversioni, miracoli, santificazioni, vite pienamente realizzate e, quindi, che ha realmente «pescato uomini».

Un capitolo del libro è dedicato a quello che viene definito “il dramma dei Francescani dell’Immacolata”. Che idea si è fatta di questo caso?

I Francescani dell’Immacolata, fondati da Padre Stefano M. Manelli, che meritoriamente hanno individuato nella Santa Messa in Vetus Ordo il perno cruciale della Fede integra e non spuria, rappresentano la persecuzione contemporanea ai danni di tutti coloro che sono in cerca della Verità (l’unica Verità, a dispetto della religione relativista, ecumenica e interreligiosa) esaustivamente rivelata dal Figlio di Dio. Tornando alle Fonti francescane, quindi all’autentica figura di san Francesco d’Assisi e alla sua opera co-redentiva, i Francescani dell’Immacolata hanno dimostrato che non si può slegare il rito dalla dottrina, se ciò avviene l’ambiguità e l’inganno sono manifesti. Per aver compiuto questo percorso di pulizia liturgica e avanzando delle critiche al problematico Concilio Vaticano II, la Santa Sede li ha commissariati e puniti senza misericordia.  Ma la Santa Messa di sempre continua a mietere abbondantemente sia vocazioni che fedeli. Questa è la Primavera della Chiesa, non certo il Concilio Vaticano II, che si è trasformato in un sistema di autodemolizione, come già aveva evidenziato Paolo VI il 7 dicembre 1968 di fronte ai membri del Pontificio Seminario Lombardo.

Nella prefazione don Davide Pagliarani, superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, scrive che “la Santa Messa non può essere compresa e valorizzata se la missione della Chiesa è percepita come apporto socio-umanitario o come impegno ecologico; non è possibile vivere pienamente la Santa Eucaristia se non si è disposti ad uscire dall’indifferenza e dalla tiepidezza; soprattutto non ci si può avvicinare a questo mistero senza la Fede”. In tutto il mondo molti fedeli attratti dalla Tradizione lo hanno capito, mentre i pastori sembrano prigionieri di vecchi schemi che hanno fallito. Saranno i fedeli laici, paradossalmente, a salvare la Messa sottraendola alle deviazioni e agli abusi?

Sono innanzitutto i sacerdoti a salvare la Messa per quella che è autenticamente, ovvero quei sacerdoti che non tradiscono la propria identità – il ministro di Dio esiste ontologicamente perché esiste il Santo Sacrificio dell’altare – e proseguono nell’amministrare i sacramenti secondo i crismi non modernisti-protestantizzanti, ma secondo i parametri della Tradizione della Chiesa, la sola che custodisce il deposito della Fede. Come sempre è avvenuto nei momenti di crisi della Chiesa (si pensi all’Arianesimo e al Protestantesimo), i fedeli laici uniti ai loro sacerdoti costituiscono la resistenza necessaria e militante affinché la Grazia santificante possa agire nella restaurazione di tutte le cose in Cristo, riportando ordine, armonia e la vera pace in Lui, perché «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
Come Cristo è stato perseguitato fino alla morte in Croce, così la Sua Messa viene martoriata e crocifissa, perché non c’è nulla di più ostile alle forze del male che l’Offerta dell’Agnello Immolato, rinnovata sugli altari, quella che riproduce il Calvario per la salvezza di ogni anima. Non si tratta perciò di uno scontro solo fra uomini di Chiesa, ma anche di forze soprannaturali.

[1] OnePeterFive ha per missione “ricostruire la cultura cattolica e restaurare la tradizione cattolica”: «Cosa significa essere Cattolico? È una grande domanda. Con oltre un miliardo di sedicenti Cattolici nel mondo, saremo ovviamente un gruppo eterogeneo di persone. Ma la bellezza della nostra fede è che è veramente universale, per tutti gli uomini, in ogni momento, in tutto il mondo. I quattro segni della Chiesa sono che è Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Ma purtroppo, nella nostra epoca attuale, gran parte della nostra unità è andata perduta. Dobbiamo tornare alle origini. La fede nella Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. Una comprensione delle Quattro Ultime Cose, e che il Paradiso non è una conclusione scontata. Aderenza agli insegnamenti tradizionali sulla moralità sessuale in un mondo deciso a trascinarci lontano da loro. Una conoscenza adeguatamente fondata del pensiero della Chiesa sulla libertà religiosa e sulla giustizia sociale, e su come queste influiscano su coloro che vivono nelle rovine post-cristiane e decostruzioniste della civiltà occidentale. Il ripristino della Tradizione a lungo abbandonata che un tempo rendeva forte la Chiesa, e può farlo di nuovo. Le statistiche non sono buone. L’insegnamento cattolico fondamentale tra i Cattolici autoidentificati è ai minimi storici. L’ortodossia liturgica è un concetto in via di estinzione. Abbiamo una crisi vocazionale che nasce direttamente dalla crisi del santuario e della famiglia. E i governi del mondo si avvicinano ogni anno a dichiarare il credo cattolico un crimine d’odio. Desideriamo il ritorno della Cristianità. Di un ordine sociale fondato su una corretta comprensione di Dio, della sua Chiesa, del suo insegnamento e della legge naturale. Ma per arrivarci, abbiamo molto lavoro da fare. OnePeterFive esiste come luogo per iniziare a ricostruire l’ethos cattolico. Non siamo qui solo per concentrarci sui problemi, ma per offrire soluzioni concrete. Vogliamo restaurare la cultura cattolica, ricostruire la Chiesa come patrona delle arti, rinvigorire la famiglia e le tradizioni che la mantengono forte, riformare la liturgia, sostenere le vocazioni, rispolverare le antiche devozioni e renderle nuovamente attuali. Vogliamo aiutare a infondere nel mondo musica meravigliosa, arte ispiratrice, famiglie che pregano insieme, parrocchie incentrate sull’Eucaristia, comunità forti e una nuova generazione di Cattolici che possano portare efficacemente il messaggio del Vangelo a un mondo ostile a quel messaggio. I nostri scrittori provengono da ambienti diversi, ma condividono un obiettivo comune: lavorare insieme per ripristinare la bellezza, la maestà e la gloria della Chiesa Cattolica come principale forza del bene in un mondo decaduto. Abbiamo molto lavoro da fare. Non c’è tempo da perdere».

[2] Cristina Siccardi è nata a Torino il 2 maggio 1966, è sposata e ha due figli. Laureata in Lettere con indirizzo storico, dopo molte esperienze in campo culturale e giornalistico, è oggi vicedirettore della rivista online «Europa Cristiana», docente all’Accademia di alti studi «Schola Palatina» e collabora con diverse testate, fra cui «Radici Cristiane», «Corrispondenza Romana», «Radio Roma libera» e «Radio Buon Consiglio», dove tiene la rubrica domenicale Fede e Bellezza. È membro delle Accademie Paestum, Costantiniana, Ferdinandea, Archeologica Italiana, Bonifaciana. Il 26 novembre 2010 ha ricevuto il Premio «Bonifacio VIII» della Città di Anagni. Ha pubblicato più di 60 opere, alcune delle quali tradotte anche all’estero, di carattere biografico, storico e spirituale, con particolare riguardo alla Storia della Chiesa.
Fra le sue opere ricordiamo: Giulia dei poveri e dei re. La straordinaria vita della marchesa di Barolo (1998); Elena. La regina mai dimenticata (2002); Giovanna di Savoia. Dagli splendori della reggia alle amarezze dell’esilio (2002); Mafalda di Savoia. Dalla reggia al lager di Buchenwald (2004); Paolo VI. Il papa della luce (2008); Madre Teresa. Tutto iniziò nella mia terra (20102); Nello specchio del Cardinale John Henry Newman (2010); Mons. Marcel Lefebvre. Nel nome della Verità (2010); Il Cardinale Guglielmo Massaja, missionario in Africa. Nella solitudine della Croce (2011); Giovanni Paolo II. L’uomo e il Papa (2011); Maestro in sacerdozio. La spiritualità di Monsignor Marcel Lefebvre (2011); Fatima e la Passione della Chiesa (2012); L’Inverno della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II (2013); San Francesco. Una delle figure più deformate della storia (2019); Casa Savoia e la Chiesa. Una grande, millenaria Storia europea (2020).
Dal suo studio dedicato alla principessa Mafalda è stata tratta la fiction per Canale 5 Mafalda di Savoia. Il coraggio di una principessa, prodotta da Angelo Rizzoli e diretta dal regista Maurizio Zaccaro.

[3] Quella Messa così martoriata e perseguitata, eppur così viva!
Sono sempre meno le persone che vanno a Messa e non è semplice, per un credente che oggi pratica ancora la fede, comprendere che cosa essa sia veramente e pienamente. Le statistiche sono impietose e raccontano di un tracollo in accelerazione, aggravato dall’attuale situazione pandemica, che ha sconvolto tutti gli ambiti della vita, compresa quella spirituale. Secondo le statistiche annuali pubblicate dalla Conferenza Episcopale, tutta l’Europa è coinvolta da questo fenomeno, compresa l’Italia. La generazione sessantottina sta ben lontana dalle chiese, mentre i nipoti del Cattolicesimo progressista, malpreparati dal punto di vista catechetico, non sanno né farsi il segno della croce, né dare un senso alla loro vita «Cattolica». Di fronte a questo baratro di massiccia ateizzazione, la Chiesa frena bruscamente sulla Messa tradizionale, l’unica che, dopo il Sommurum Pontificum di Benedetto XVI, stava raccogliendo straordinari frutti in quattordici anni di applicazione. Il polo d’attrazione gravitazionale della Chiesa è sempre e solo stata la Santa Messa: un rito non costruito a tavolino, come invece è accaduto con la rivoluzione liturgica del 1969, ma che si è formato solo intorno all’altare, mattone dopo mattone. Proprio per questa Messa, martoriata e perseguitata dai protestanti nel XVI secolo e dai novatori degli anni Sessanta del XX per un Cattolicesimo svenduto al mondo, si sono innalzate cattedrali, abbazie, santuari, monasteri… dando vita e vigore all’immensa Civiltà europea cristiana. L’antico rito di Santa Romana Chiesa, mai abrogato, a molti pastori di oggi fa paura e in queste pagine tentiamo di spiegarne il perché, attraverso le fonti storiche.

Cooperatores Veritatis – In questo video Cristina Siccardi presenta suo libro “Quella Messa così martoriata e perseguitata, eppur così viva!”, esponendo in modo garbato e semplice le cose, che le rendono comprensibili anche per gli ascoltatori comuni, senza formazione teologica e liturgica. Inoltre è bellissimo sentir delle cose belle di fede cattolica (come per esempio quando si parla di Maria Santissima come Nostra Signora Mediatrice di tutte le Grazie, Corredentrice e Avvocata per il Popolo di Dio [QUI], che aiutano a conservare più viva che mai la nostra Fede e il nostro Credo interamente, senza cancellazioni né aggiunte.

«La Santa Messa è il sacrificio di Cristo compiuto sulla croce e che adesso viene perpetuato sui nostri altari non trovo di meglio che presentarti ciò che dice il Catechismo Romano. Non si tratta di ripetere il sacrificio di Gesù, che è stato compiuto una volta per sempre, come dice l’epistola agli Ebrei. E neanche di rinnovarlo, sebbene talvolta venga usata anche quest’espressione che di per sé sarebbe impropria. Ma di offrirlo di nuovo da parte nostra. L’unica differenza, come dice la dottrina della Chiesa, sta in questo: che sulla croce era offerto in maniera cruenta e cioè attraverso lo spargimento di sangue; sull’altare invece viene offerto in maniera incruenta, senza spargimento di sangue. Come del resto senza spargimento di sangue è offerto adesso da Cristo in Cielo.
Fatta questa premessa ecco dunque che cosa dice il Catechismo Romano: “Il sacrificio della Messa e quello della Croce non sono e non possono essere che un solo e identico sacrificio, come una e identica è la vittima: Gesù Cristo, immolato una volta sola sulla Croce con sacrificio cruento. La vittima cruenta del Calvario e quella incruenta della Messa non sono due vittime, ma una sola, il cui sacrificio – dopo il comando di Gesù: Fate questo in memoria di me – si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia.
Uno e identico è pure il sacerdote, cioè Gesù Cristo medesimo. I sacerdoti che celebrano la Messa, infatti, non agiscono in nome proprio, ma «in persona di Cristo», quando consacrano il suo corpo e il suo sangue. Lo provano le parole stesse della consacrazione, poiché il sacerdote non dice: ‘Questo è il corpo di Cristo’, ma ‘Questo è il mio corpo’; in quel momento, cioè, la persona medesima di Gesù, resa presente mediante il sacerdote, converte la sostanza del pane e del vino nella vera sostanza del suo corpo e del suo sangue.
Con ciò è chiaro – come insegna ancora il Concilio di Trento – che il sacrificio della Messa non è soltanto un sacrificio di lode e di ringraziamento, né semplicemente una commemorazione del sacrificio della Croce, ma un vero e proprio sacrificio di propiziazione che ci rende Dio ben disposto a nostro favore e benigno.
Se quindi noi offriamo questa Vittima santa con cuore puro, con viva fede e con intimo dolore dei nostri peccati, infallibilmente otteniamo da Dio la misericordia e la grazia di cui abbiamo bisogno. Dio infatti si compiace talmente di questa Vittima divina, che ci perdona i nostri peccati e ci concede il dono della grazia e la penitenza necessaria.
Perciò la Chiesa afferma in una sua solenne preghiera: ‘Ogni volta che noi celebriamo la memoria di questa Vittima, noi compiamo l’opera della nostra redenzione’ (Domenica IX dopo Pentecoste).
La virtù di questo sacrificio giova, poi, non solo a chi lo offre e a chi lo riceve, ma a tutti i fedeli; siano essi ancora vivi sulla terra o, se già morti, attendano ancora la loro completa purificazione. È infatti dottrina di tradizione apostolica che la Messa si offre utilmente anche per i defunti, oltre che per i peccati, le pene, le espiazioni, le angustie e le calamità dei vivi. Quindi tutte le Messe sono di utilità comune, in quanto sono dirette alla comune salvezza e salute dei fedeli” (238).
Sul fatto che il sacrificio di Gesù sia il sacrificio perfetto basti osservare che è tale sia per la perfezione di Colui che l’ha offerto, sicché in quanto tale ha un merito infinito, e sia anche per i motivi per cui è stato offerti. Li compendia tutti. È infatti simultaneamente sacrificio di adorazione, di lode, di ringraziamento, di espiazione dei peccati e di implorazione di grazia.
Il Catechismo Romano dice: “La Vittima divina era del resto prefigurata da tutti i sacrifici offerti prima di Gesù, in quanto tutti i benefici in essi simboleggiati o espressi sono contenuti in modo perfetto e infinitamente più reale nel sacrificio dell’Eucaristia” (237).
Si dice giustamente che “l’altare è la fonte di tutte le grazie” perché ogni grazia ci è stata meritata dal Sangue di Cristo, dal suo sacrificio. In questo senso giustamente si dice anche che l’Eucaristia o la S. Messa è “la sorgente di ogni benedizione”. Pertanto ogni volta che vai a Messa – sebbene inconsapevolmente – vai ad attingere alla sorgente di ogni benedizione» (Padre Angelo Bellon, OP).

[4] Prefazione
Cristina Siccardi propone ai lettori un nuovo libro su un soggetto antico e in particolare, come scrive l’autrice, «un rito tanto antico quanto nuovo», riprendendo un’espressione cara a Sant’Agostino. Si tratta di un testo che ha per obiettivo di illustrare la bellezza e la ricchezza del rito tradizionale della Messa, così come è stato celebrato dalla Chiesa per secoli. Nello stesso tempo il presente testo fornirà, inevitabilmente, un contributo significativo al dibattito attuale, alquanto acceso, sull’uso del medesimo rito.
Di primo acchito, sorprende il fatto che un tema così sublime possa essere oggetto pure di una diatriba. Questo dato evoca una pagina del Vangelo, anch’essa sublime e drammatica allo stesso tempo: l’annuncio che Gesù fece del dono dell’Eucaristia e della Santa Messa di cui l’Eucaristia è il frutto. Ci riferiamo al famoso discorso contenuto nel capitolo sesto di San Giovanni in cui Nostro Signore, dopo aver sfamato cinquemila uomini con cinque pani e due pesci, promette il dono del Pane di Vita, cioè della Sua Carne e del Suo Sangue come nutrimento per le nostre anime. Questa promessa, lungi dal consolidare attorno a Nostro Signore gli animi della folla entusiasta che lo seguiva da tempo, provoca il primo «scisma» consistente e significativo di una buona parte dei discepoli, che trovano le parole di Nostro Signore troppo dure e, in ultima analisi, inaccettabili, perché inintelligibili. Si tratta della prima grande prova che Nostro Signore incontra nella Sua vita pubblica. Ma che cosa impediva a queste anime di dare fiducia al Salvatore allorché questi aveva profuso tra loro la propria generosità, operando innumerevoli guarigioni e miracoli di ogni tipo? Che cosa impediva loro di credere in Nostro Signore, quando, fino ad allora, avevano ritenuto le Sue parole e la Sua dottrina come celestiali? La risposta a questo quesito contiene in germe un dramma ancora attuale e che resterà tale fino alla fine dei tempi.
La promessa di Nostro Signore non poteva essere accolta da anime ancora troppo terrene, troppo fiduciose in un messianismo mondano e puramente temporale. La stessa divina promessa non poteva essere accolta da anime fondamentalmente tiepide o indifferenti, prive di spessore profondo e della disponibilità necessaria per lasciarsi coinvolgere totalmente da ciò che Nostro Signore prometteva. Soprattutto la promessa di Nostro Signore non poteva essere accolta senza la Fede. A questo proposito, è opportuno notare come Nostro Signore nel discorso sul Pane di Vita esiga innanzitutto un atto di Fede, già sufficientemente reso possibile dai precedenti prodigi operati in Galilea. Questa esigenza appare come assolutamente prioritaria. Gesù non si dilunga e non transige: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 51). Non è fornita nessuna spiegazione ulteriore, potenzialmente utile ai razionalisti di allora.
Ancora oggi, dopo duemila anni, il Santo Sacrificio della Messa e la Santa Eucaristia rappresentano ciò che di più sublime esista sulla Terra e ciò che di più prezioso Nostro Signore abbia lasciato alla sua Chiesa. Nello stesso tempo, purtroppo ancora oggi, questo tesoro rappresenta un bene inintelligibile per la maggior parte degli uomini e pure dei cristiani. La storia non cambia. Non si può capire nulla del dono della Santa Messa se non si è disposti ad uscire da una prospettiva intramondana: in altri termini, la Santa Messa non può essere compresa e valorizzata se la missione della Chiesa è percepita come apporto socio-umanitario o come impegno ecologico; non è possibile vivere pienamente la Santa Eucaristia se non si è disposti ad uscire dall’indifferenza e dalla tiepidezza; soprattutto non ci si può avvicinare a questo mistero senza la Fede.
È con queste tre disposizioni che il libro di Cristina Siccardi è stato concepito ed è stato scritto. Sono esse a conferirgli il suo vero valore. Pertanto, è con queste stesse tre disposizioni che questo testo deve essere accolto per poter essere apprezzato in tutta la sua profondità e per poter cogliere il messaggio di cui è foriero.
In questo saggio si offrono risposte serie e concrete, che partono da una esplicita considerazione: «Sempre meno persone si recano a Messa e, comunque, per chi pratica ancora il precetto di santificare la domenica, non è semplice comprendere che cosa essa sia veramente e pienamente. Le statistiche sono impietose e raccontano di un tracollo in accelerazione della sua frequentazione […]. L’ateizzazione di massa degli ultimi cinquant’anni trova il suo catalizzatore proprio nel rifiuto della Messa; mentre prima era stata la Santa Messa ad impedirla. […] Non è una teoria, un’ipotesi, è semplicemente la realtà dei fatti: la Messa non è più la Messa, come la fede non è più la Fede».
Mai come oggi l’umanità si è sentita smarrita e in balìa del nulla, con la sensazione che non esistano più punti di riferimento stabili e significativi. Questa terribile sensazione di smarrimento coinvolge pure i cristiani: essi per primi non sanno più dove stiano andando, perché non sanno più esattamente da dove vengano. La Chiesa appare come irrimediabilmente divelta dalla luce del proprio passato e immessa in un vicolo cieco; tra i filosofi laici à la page, c’è chi parla già di decostruzione del cristianesimo e si domanda se la Chiesa Cattolica esisterà ancora alla fine del ventunesimo secolo. È impossibile bendarsi gli occhi e negare questa crisi e la sua portata; sappiamo, però, benissimo che la Chiesa durerà per sempre e questa certezza è superiore ad ogni debolezza ed obiezione.
Ma come è possibile assicurare e accrescere in noi stessi questa certezza, allorché attorno a noi tutto sembra crollare? Oggi come nel passato il nostro punto di riferimento rimane il medesimo. Il Vangelo lo indica. Quando Nostro Signore, nel culmine della sua prima grande prova, domandò agli Apostoli se pure loro avessero intenzione di allontanarsi da Lui dopo l’incomprensibile promessa del dono dell’Eucaristia, San Pietro rispose in nome degli altri Apostoli, ma anche di tutti noi. Le sue parole devono essere le nostre, costante- mente riattualizzate: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6, 68-69). Questo medesimo Salvatore che ha parole di vita eterna lo incontriamo ancora ogni giorno. Come ha fatto con ogni anima nel corso della storia, Egli continua a istruirci, a sostenerci, a fortificarci, a comunicarci la Sua stessa vita attraverso il Santo Sacrificio della Messa. È la Voce di sempre che continua ad esprimersi come sempre, attraverso la Messa di sempre.
Don Davide Pagliarani
Superiore generale della FSSPX
Menzingen, 3 settembre 2021, Festa di San Pio X

Maria Santissima
Nostra Signora Mediatrice di tutte le Grazie,
Corredentrice e Avvocata per il Popolo di Dio
prega per noi
interceda per noi presso l’Altissimo

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