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Cambiare lo sguardo per una nuova Europa e una nuova Italia

In questa accesa campagna elettorale pochissimo abbiamo sentito parlare di giovani e fragilità, eppure sono questi alcuni dei punti principali su cui si può valutare l’investimento effettivo di una società rispetto al proprio futuro. Ormai da sette anni mi ritrovo a camminare a fianco a molti giovani all’interno di quel boschetto di disperazione ed è su di loro che oggi sento il bisogno di puntare un faro di luce.
I figli di Rogoredo hanno braccia segnate da domande senza risposte, pelle marchiata da una ricerca che non ha coordinate logiche, parole non dette, silenzi frastornanti e urla logoranti che scandiscono ore di attesa, secondi di tregua e innumerevoli minuti di paura. Oggi Rogoredo non è più la stazione, non è più la sede di Sky, non è più nemmeno ‘il boschetto’. Oggi Rogoredo è un disarmante rito, un atroce stile di vita, un terribile quesito esistenziale che non può lasciarci silenziosi e indifferenti.
Occuparsi di questi figli vuol dire incontrare quegli occhi, sostenere quelle schiene, stringere quelle mani, asciugare quelle lacrime, accompagnare quei passi che restano invisibili alle passerelle di chi si limita ad osservare e a pensare il ‘non luogo’ senza vedere le persone, a parlare dei giovani senza dedicare loro tempo. Come restare indifferenti a tale dramma? Ciò che sta accadendo ci mette di fronte ad una diversità esistenziale che ci interroga profondamente, ad una diversità di ‘scelte’ che ci obbliga a chiederci se, e come, entrarci in contatto.
Oggi Rogoredo è una lacerante domanda a cui dobbiamo dare ascolto e risposta, prima che il suo grido diventi così forte e profondo da trasformarsi solo in un fastidioso e indifferente rumore di fondo. Oggi Rogoredo è la punta dell’iceberg di un disagio che sempre più attanaglia i nostri giovani, invischiandoli in ragnatele di solitudine da cui non trovano via di scampo.
Il tema giovanile e quello dell’attenzione alla cura e al disagio non possono oggi passare in secondo piano quando si tratta di pianificare il futuro del nostro Paese. Per poter essere portatori di proposte credibili è necessario essere pronti ad investire pensiero e risorse in questa necessaria avventura che è l’accompagnamento dei nostri giovani verso il loro futuro.
Quali alternative concrete offrire loro? Quali possibilità? Quali valori guidano oggi la loro crescita? Dove sperimentano relazioni efficaci, attività promozionali, esperienze di volontariato che possano offrire loro chiavi di lettura e di approccio al mondo diverse? Il problema non è mai il sintomo ma la causa di esso, soffermarci sul tema droga diventa quindi pericoloso e riduttivo.
E’ sempre più fondamentale porsi le domande giuste ed essere pronti ad offrire le risposte necessarie a questo dilagante disagio, che non ha più nomi né confini, ma per farlo è fondamentale far ritornare questi temi all’interno della prima pagina delle agende politiche. Perché non sappiamo quando un giovane che oggi trova nella droga la sua strada deciderà di accendere la lampadina del suo cambiamento, la nostra mission oggi deve essere quella di esserci quando quel giovane sarà in ricerca dell’interruttore.
Papa Francesco: la diversità è una ricchezza per la pace

Pur se ancora afono, papa Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali sul tema ‘Indigenous Peoples Knowledge and the Sciences. Combining knowledge and science on vulnerabilities and solutions for resilience’ con particolare attenzione alle popolazioni indigene dell’America Latina, lanciando la proposta del dialogo con le conoscenze dei popoli indigeni come una via per una risoluzione non violenta dei conflitti, ma anche come contrasto alle nuove forme di schiavitù e alla povertà:
“Ricordo che anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (la FAO), tre anni fa, ha organizzato giornate di studio sui sistemi alimentari indigeni. Ne è nata una Piattaforma che riunisce scienziati indigeni e non indigeni, studiosi ed esperti, per stabilire un dialogo volto a garantire la salvaguardia dei sistemi alimentari delle popolazioni originarie.
Anche in continuità con quell’esperienza, accolgo con apprezzamento la vostra iniziativa che porta avanti tale ricerca. Direi anzitutto che questa è un’opportunità per crescere nell’ascolto reciproco: ascoltare le popolazioni indigene, per imparare dalla loro sapienza e dal loro stile di vita, e nello stesso tempo ascoltare gli scienziati, per imparare dai loro studi”.
E’ un’occasione per riconoscere che le ‘diversità’ sono una ricchezza: “Inoltre, questo seminario di studio lancia un messaggio ai governi e alle organizzazioni internazionali, perché riconoscano e rispettino la ricchezza della diversità all’interno della grande famiglia umana. Nel tessuto dell’umanità ci sono culture, tradizioni, spiritualità, lingue differenti che hanno bisogno di essere protette, perché la loro perdita costituirebbe per tutti noi un impoverimento della conoscenza, dell’identità, della memoria.
Per questo è necessario che i progetti di ricerca scientifica, e dunque gli investimenti, siano orientati sempre più decisamente alla promozione della fratellanza umana, della giustizia e della pace, così che le risorse possano essere destinate in modo coordinato a rispondere alle sfide urgenti che interessano la casa comune e la famiglia dei popoli”.
Però occorre una visione ‘alternativa’: “Ci rendiamo conto che, per realizzare tale obiettivo, si richiede una conversione, una visione alternativa a quella che oggi spinge il mondo sulla via di una crescente conflittualità. Incontri come il vostro vanno in questa direzione: infatti, il dialogo aperto tra i saperi originari e le scienze, tra le comunità di saggezza nativa e quelle scientifiche può contribuire ad affrontare in modo nuovo, più integrale e anche più efficace questioni cruciali come, ad esempio, quelle dell’acqua, del cambiamento climatico, della fame, della biodiversità. Questioni che, come ben sappiamo, sono tutte tra loro connesse”.
Questa visione di fraternità, proposta dal papa, è un antidoto alla guerra: “Grazie a Dio non mancano segnali positivi in tal senso, come l’inclusione da parte delle Nazioni Unite dei saperi indigeni quale componente centrale del Decennio Internazionale delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile. Un segno da promuovere e da sostenere, unendo insieme le forze.
Per questo, nel dialogo tra saperi indigeni e scienza, dobbiamo avere ben chiaro e tenere sempre presente che tutto questo patrimonio di conoscenze va utilizzato per imparare a superare i conflitti in modo non violento e a contrastare la povertà e le nuove forme di schiavitù. Dio, Creatore e Padre di tutti gli esseri umani e di tutto ciò che esiste, ci chiama oggi a vivere e a testimoniare la nostra vocazione alla fraternità universale, alla libertà, alla giustizia, al dialogo, all’incontro reciproco, all’amore e alla pace, evitando di alimentare l’odio, i rancori, le divisioni, la violenza e la guerra”.
In questo senso papa Francesco ha ribadito che l’umanità è custode e non padrona del creato, attraverso una conversione ecologica: “Dio ci ha fatto custodi e non padroni del pianeta: siamo chiamati tutti a una conversione ecologica, impegnati a salvare la nostra casa comune e a vivere una solidarietà intergenerazionale per salvaguardare la vita delle generazioni future, invece che dissipare le risorse e aumentare le disuguaglianze, lo sfruttamento e la distruzione… La Chiesa è con voi, alleata dei popoli indigeni e del loro sapere, e alleata della scienza per far crescere nel mondo la fraternità e l’amicizia sociale”.
Mentre ieri i vescovi italiani hanno ringraziato papa Francesco per gli 11 anni di pontificato: “Riforma è la conversione missionaria cui siamo tutti chiamati. Chiesa è la comunità dei discepoli missionari che vivono il Vangelo. Beatissimo Padre, ogni anniversario è occasione preziosa per testimoniare l’affetto verso le persone care, ma anche il momento in cui esprimere la propria gratitudine per i doni ricevuti nel tempo. Nel fare memoria di quel 13 marzo 2013 rinnoviamo dunque l’impegno ad annunciare il Vangelo in questa nostra storia. Siamo convinti che questo sia il regalo più bello che possiamo donarLe: ‘Evangelii gaudium’, la gioia del Vangelo”.
(Foto: Santa Sede)
Centro Astalli: la migrazione è complessità da studiare

Presentato a Roma il rapporto annuale del Centro Astalli: nel 2022 sono stati 18.000 gli utenti degli 8 enti della loro rete territoriale, di cui 10.000 a Roma, evidenziando che nel 2022 il numero di persone in fuga nel mondo ha superato la soglia dei 100.000.000 ma solo una piccola percentuale di questi cerca una vita migliore in Europa.