Sedicesimo giorno del #ArtsakhBlockade – Seconda parte. “Quello che si sta svolgendo nel Caucaso meridionale è un genocidio a lenta combustione”

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel sedicesimo giorno del #ArtsakhBlockade il regime autoritario dell’Azerbajgian continua con l’impiego di sedicenti ecoattivisti azeri ad interrompere l’autostrada Stepanakert-Goris, la #StradaDellaVita della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’Ambasciatore armeno in Grecia ha scritto oggi in un editoriale pubblicato su diversi organi di stampa (facciamo seguire il testo nella nostra traduzione italiana dall’inglese): «Quello che si sta svolgendo è un genocidio a lenta combustione. Una popolazione di più di 120.000 esseri umani può scomparire, essere completamente liquidata, senza che nessuno ne sia ritenuto responsabile. L’abbiamo già visto accadere agli armeni, ai greci, ai curdi e molti altri».

Mentre secondo la Dichiarazione Tripartita del 9 novembre 2020, il Corridoio di Lachin dovrebbe essere sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa e la Repubblica di Azerbajgian dovrebbe garantire il movimento sicuro di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin, il Primo Ministro armeno ha detto nell’incontro con il Presidente russo oggi a San Pietroburgo: «Ora si scopre che il Corridoio di Lachin non è sotto il controllo delle forze di pace russe». Ed è chiaro che l’Azerbajgian non ne garantisce la sicurezza, anzi lo tiene bloccato.

I camion sono rimasti bloccati a Stepanakert nelle ultime due settimane a causa di #ArtsakhBlockade (Siranush Sargsyan).

Il #ArtsakhBlockade prosegue da 15 giorni e viene ignorato da Berlino. Invece, il Cancelliere federale della Germania, Olaf Scholz, autorizza la vendita di armi all’Azerbajgian per annientare gli Armeni con armi tedesche. Esattamente come fece l’Impero tedesco nel 1914.

L’Azerbajgian ha promesso diritti e garanzie di sicurezza al popolo cristiano-armeno del Nagorno-Karabakh, poi lo ha bloccato e lo tiene sotto assedio per il sedicesimo giorno di seguito. Non è strano?

Oggi, molti cittadini dell’Artsakh hanno marciato dal memoriale “Siamo nostre montagne” all’aeroporto di Stepanakert. Lo scopo dell’azione era di incontrare il Comandante delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh, il Generale Andrey Volkov, e chiedere di adempiere alle disposizioni della Dichiarazione Tripartita del 9 novembre 2020. Tigran Petrosyan, l’iniziatore dell’azione, ha dichiarato in un briefing con i giornalisti che la marcia mostra la loro determinazione a combattere e le loro richieste. “La nostra gente, con le loro famiglie e i bambini, è rimasta ad Artsakh secondo la Dichiarazione del 9 novembre 2020. Ora i suoi punti vengono effettivamente violati. Ecco perché siamo arrivati a dire che anche noi siamo esseri umani, siamo un popolo e abbiamo dei diritti. Questa azione riguarda non solo la Russia, ma anche l’intero mondo civilizzato.
Ogni Stato che si considera democratico dovrebbe prendere immediatamente misure e spiegare ad Aliyev che non si trattano le persone in questo modo. Tutto ciò colpirà anche voi come un boomerang”, ha detto Petrosyan. I partecipanti all’azione hanno trasmesso la loro richiesta di incontrare il Generale Volkov al posto di blocco delle forze di mantenimento della pace russe, che si sono resi disponibile di incontrare i rappresentanti dell’azione.

Dopo l’incontro, Petrosyan ha detto ai giornalisti di aver trasmesso la richiesta dei manifestanti di incontrare il Generale Volkov e che rimarranno all’aeroporto fino a quando non lo avranno incontrato. “Dovremo incontrare in particolare Andrey Volkov in modo che possa trasmettere le nostre richieste ai suoi superiori. Aspetteremo che la strada si apra perché questa è la nostra giusta richiesta. Dovrebbero capire che qui vivono persone che chiedono la libertà e il diritto alla vita”, ha aggiunto Petrosyan.

Si è svolto oggi, 27 dicembre 2022 nel Palazzo Mikhail a San Pietroburgo un colloquio privato tra il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, e il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Pashinyan è arrivato a San Pietroburgo ieri, dove lo stesso giorno ha partecipato al primo giorno della riunione informale dei Capi degli Stati membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI).

Come ha informato il servizio stampa del Cremlino, aprendo l’incontro bilaterale con il Primo Ministro armeno, Putin ha sottolineato che lunedì 26 dicembre i tre leader «sono riusciti a parlare, noi tre». «Naturalmente, il problema principale è la risoluzione della situazione nel Caucaso meridionale, le relazioni armeno-azerbajgiane, tutto ciò che riguarda il Karabakh. Quindi, come abbiamo concordato, discuteremo tutti questi problemi in dettaglio».

Come ha riferito il governo della Repubblica di Armenia, nel suo discorso Pashinyan ha detto: «Grazie Vladimir. Prima di tutto vorrei ringraziarti per l’invito e l’organizzazione del vertice informale della CSI. Questa sta già diventando una buona tradizione. Certo, hai ragione, il problema principale al momento, il problema più urgente è la crisi che esiste nel Corridoio di Lachin. Come sai, il Corridoio di Lachin è chiuso da quasi 20 giorni. È la zona di responsabilità delle forze di pace russe nel Nagorno Karabakh. Vorrei ricordare che secondo la dichiarazione tripartita del Presidente della Russia, del Presidente dell’Azerbajgian e del Primo Ministro dell’Armenia, il Corridoio di Lachin dovrebbe essere sotto il controllo delle forze di pace russe e la Repubblica di Azerbajgian ha garantito il movimento senza ostacoli di merci e persone attraverso il Corridoio di Lachin. Ora si scopre che il Corridoio di Lachin non è sotto il controllo delle forze di pace russe. Voglio discutere di questa situazione e di quali opzioni sono disponibili. Grazie per l’incontro».

In precedenza il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva detto al Primo Canale della Russia che al vertice, che si tiene a San Pietroburgo il 26 e 27 dicembre, partecipano il Presidente russo, Vladimir Putin, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. “Formalmente, non abbiamo programmato un incontro trilaterale, ma dietro le quinte avranno l’opportunità di parlarsi”, aveva detto Peskov. Il fatto che il Presidente russo ha menzionato che i tre si sono parlato in modo informale, non è garanzia per “un qualche barlume di speranza per una soluzione della crisi” nel Caucaso meridionale, conoscendo parole, fatti e atti di Aliyev. In passato ha più volte firmato accordi di non usare la forza e di non minacciare di usare la forza per risolvere i conflitti, sempre e quasi immediatamente disattesi.

Gli Uffici dei Difensori dei Diritti Umani dell’Armenia e dell’Artsakh hanno pubblicato un rapporto aggiornato sulle conseguenze umanitarie del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Il rapporto ha riassunto i discorsi pubblici azeri e analizzato le dichiarazioni dei funzionari azeri, la cui conclusione è che la leadership politica azera ha preparato e diretto l’opinione pubblica verso il blocco del Corridoio di Lachin da novembre con i principali mezzi di informazione ufficiale, semi-ufficiale e di formazione dell’opinione pubblica del governo di Baku e l’uso di metodi collaudati per bloccare il Corridoio umanitario. I comprovati metodi per incitare e infiammare l’odio anti-armeno e l’odio etnico verso gli Armeni dell’Artsakh hanno continuato ad essere ampiamente utilizzati dalla macchina della propaganda del governo azero, cercando di collocarli nel contesto di falsi sentimenti ambientalisti. Il rapporto ha anche aggiornato i dati recentemente rivelati sui partecipanti alla finta azione ambientale e ha presentato lo stato dei diritti nelle condizioni della crisi umanitaria creata. Secondo la prassi consolidata, il rapporto sarà presentato alle organizzazioni e agli attori con mandati internazionali in materia di diritti umani, e sarà anche messo a disposizione delle istanze giudiziarie internazionali dove, tra l’altro, la richiesta dell’Armenia di fermare il blocco da parte dell’Azerbaigian dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e il mondo è iniziato.

Il Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha comunicato che «attraverso la mediazione del Comitato internazionale della Croce Rossa, il 25 dicembre, 10 tonnellate di merci umanitarie – medicinali, alimenti per bambini, forniture mediche – sono state consegnate ad Artsakh. I medicinali saranno distribuiti alle istituzioni mediche della Repubblica, soddisfacendo la domanda per 10 giorni» e che «apprezza molto il sostegno e l’effettiva cooperazione forniti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa nelle condizioni della crisi umanitaria creatasi nell’Artsakh».

Il prestigioso giornale francese Le Figaro ha fatto ampio riferimento al blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e alle sue ragioni. La giornalista Elizabeth Pearson ha parlato anche con Ruben Vardanyan, Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh. “In un paese autoritario dove la libertà di parola è soppressa, parlare di attivisti ambientali è ridicolo. Negli ultimi dieci anni non ci sono state assolutamente manifestazioni ambientaliste in Azerbajgian. Perché si sono svegliati all’improvviso?”, ha affermato il Ministro di Stato dell’Artsakh in una conversazione con Le Figaro.

Armenia: questi nebulosi “eco-attivisti” che bloccano il Corridoio di Lachin
di Elisabeth Pierson
Le Figaro, 26 dicembre 2022

(Nostra traduzione italiana dal francese)

Un centinaio di attivisti si sono messi di traverso nel Corridoio di Lachin, affermando di essere contrari alle operazioni minerarie nel Nagorno-Karabakh.

Con il pretesto di opporsi allo sfruttamento di una miniera d’oro, un centinaio di civili azeri vietano l’ingresso di ogni tipo di veicolo nel Nagorno Karabakh. Smascherando le molte persone che sostengono il regime al potere dell’Azerbaigian, gli armeni sottolineano l’astuzia di Baku.

C’è qualcosa di grottesco nella scena girata nel luogo del blocco vicino a Shushi. Una donna azera avvolta in una pelliccia e armata di altoparlante parla male di una miniera nel Nagorno-Karabakh che danneggia l’ambiente. Nella sua mano scuote una “colomba della pace”, che scuote la testa ad ogni scossa sotto la pressione della mano della donna. Quando l’uccello viene lanciato in aria, il piccione cade immobile a terra.

La scena sarebbe divertente se non testimoniasse una possibile crisi umanitaria, che si manifesta con l’isolamento di 120.000 Armeni nel territorio dell’Artsakh dal 12 dicembre. Quanto durerà il blocco? Con il pretesto di opporsi allo sfruttamento di una miniera d’oro nell’Artsakh, gli “attivisti” hanno allestito delle tende e organizzato un vero e proprio villaggio dall’altra parte della strada. Insieme a centinaia di altri civili durante il giorno, hanno trasmesso le partite di calcio della Coppa del mondo lì, oltre a organizzare feste natalizie sotto l’occhio vigile delle forze di pace russe. Dal 2020, assumendosi la protezione di questo stretto corridoio che collega l’enclave armena a Yerevan, le forze di pace russe sono impotenti ad aprire la strada.

Non è stato difficile individuare attivisti molto attivi sui social network. Il servizio armeno della stazione radio Azatutyun, basato sulle solite fonti aperte, ha notato che queste persone non avevano alcun interesse precedente per l’ambiente. Al contrario, nota che tutti questi attivisti hanno in comune “il sostegno alla famiglia presidenziale e l’orgoglio per i successi militari dell’Azerbajgian”.

Inoltre, il gruppo analitico armeno “Tatoyan Center for Law and Justice” ha sottolineato in un rapporto che la maggior parte di essi sono legati ai progetti finanziati dalla Fondazione Heydar Aliyev. La fondazione è un ente governativo guidato dal Primo Vicepresidente e First Lady dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva. Tra coloro che bloccano il Corridoio ci sono membri della Youth Support Union, una ONG che nel 2020 ha inviato una lettera al Presidente dell’Azerbajgian congratulandosi con lui per la sua vittoria nella guerra del Nagorno-Karabakh.

A loro volta, i media azeri dipingono queste persone come attivisti coraggiosi. “La società civile dell’Azerbajgian ha mostrato la sua forza, la sua cultura e la sua maturità. E la sua unità”, nota felice, ad esempio, il sito di notizie Day.Az, uno dei tanti media di stanza nel corridoio per coprire l’operazione di blocco. “Le organizzazioni non governative, gli attivisti pubblici, i volontari e i giornalisti del Paese sono stati uniti dalla stessa spinta a realizzare gli interessi nazionali”.

Day.Az non esita a menzionare un certo Telman Kasimov nelle prime file di coloro che hanno bloccato il Corridoio. Dopo aver ricevuto molta attenzione da parte dei media, nel 2020, quest’uomo è apparso sulla sua pagina Facebook in uniforme militare, sulla quale era presente la seguente scritta: “Lunga vita all’Azerbajgian! Il Karabakh appartiene all’Azerbajgian”. Continuando a scorrere la sua pagina, possiamo vedere come viene fotografato con orgoglio accanto a Ramil Safarov, dichiarato eroe in Azerbajgian nel 2004 per aver ucciso con l’ascia un ufficiale armeno durante un corso di addestramento della NATO.

In uno dei post sulla sua pagina Facebook, lo stesso Telman Kasimov espone il logo dei Lupi Grigi, gruppo nazionalista turco, estremista di destra, che si è assunto la responsabilità di numerose violenze contro le minoranze etniche in Turchia, in particolare armeni. Il simbolo del gruppo, due dita rivolte verso il cielo e un muso formato da altre tre dita, è più volte visibile nelle foto del blocco del Corridoio.

“In un Paese autoritario, dove la libertà di parola è soppressa, è ridicolo parlare di attivisti ambientali”, ha detto Ruben Vardanyan, Ministro di Stato dell’Artsakh, capo della Protezione civile, in una conversazione con Le Figaro. “Negli ultimi dieci anni non ci sono state assolutamente manifestazioni ambientaliste in Azerbajgian. Perché si sono svegliati all’improvviso?”, chiede il Ministro di Stato, precisando di essere pronto ad accettare in qualsiasi momento una commissione investigativa internazionale per dimostrare che tutte le condizioni ambientali necessarie per l’attuazione dell’industria mineraria sono mantenute.

La miniera d’oro in questione è quella di Kasheni, che si trova in una parte del territorio lasciato alla Repubblica di Nagorno-Karabakh nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco del 2020.

“Questa miniera d’oro è una goccia d’acqua nell’oceano, una piccola cosa per l’Azerbajgian, già ricco di gas e petrolio. Ma per l’Artsakh è una delle scarse risorse economiche che ci rimangono”, afferma Hovhannes Gevorgyan, rappresentante della Repubblica di Nagorno Karabakh in Francia. “Se Baku la prende sotto controllo, significa privare 1.800 dipendenti e altrettante famiglie delle loro fonti di reddito. È un mezzo in più per soffocare economicamente il nostro territorio».
CivilNet, un’agenzia di stampa armena indipendente, ha rivelato che il governo azero ha recentemente venduto la licenza mineraria di Kashin a una società britannica. Dovremmo vedere una connessione con la richiesta degli attivisti di privare gli Armeni del funzionamento della miniera, ovviamente per motivi ambientali?

Gli attivisti, a loro volta, hanno espresso la loro disponibilità ad andare fino in fondo. “Nessuno ha intenzione di ritirarsi. La nostra gente è pronta a continuare la protesta fino a raggiungere il proprio obiettivo”, ha dichiarato Telman Kasimov in un’intervista a Day.Az il 22 dicembre. “Non ho intenzione di fare previsioni sulla durata. Posso solo confermare che, nonostante il freddo, la determinazione delle persone che hanno manifestato sulla strada per Lachin è incrollabile”.

L’Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Grecia, Cipro e Albania, Tigran Mkrtchyan, ha scritto un editoriale intitolato Pulizia etnica o ultima resistenza per la sopravvivenza? che è stato pubblicato in greco su To Vima (La Tribuna), il quotidiano con la maggiore diffusione in Grecia, che si rivolge ad un pubblico intellettuale di fascia alta e su cui scrivono editorialisti di rilievo. L’editoriale è stato pubblicato in contemporanea anche su Greek City Times e altri quotidiani e siti web in Grecia, Cipro e Albania, in greco, inglese e albanese. Inoltre, è stato pubblicato in armeno sulla pagina Facebook dell’Ambasciata armena in Grecia [QUI].

Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, con una bandiera azerbajgiana nella città occupata di Sushi.

Pulizia etnica o ultima resistenza per la sopravvivenza?
di Tigran Mkrtchyan [*]
Greek City Times, 27 dicembre 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Negli ultimi giorni, 120.000 uomini, donne e bambini armeni sono rimasti deliberatamente intrappolati dall’Azerbajgian nella loro patria ancestrale, l’Artsakh (Nagorno-Karabakh). L’Azerbajgian li ha bloccati e ora sono completamente scollegati dal mondo esterno.

Si sta svolgendo una catastrofe umana.

Il 12 dicembre 2022, un gruppo di pseudo-ambientalisti azerbajgiani, spinti da false preoccupazioni ecologiche, ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica ancora di salvezza umanitaria rimasta che collega l’Artsakh al mondo esterno.

Il blocco azero è in flagrante violazione della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che afferma senza mezzi termini:

  1. il Corridoio Lachin rimarrà sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa;
  2. la Repubblica di Azerbajgian garantirà movimento sicuro di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin.

Il blocco ha lasciato gli Armeni all’interno dell’Artsakh isolati e con risorse essenziali limitate: cibo, medicine e carburante stanno diminuendo a causa delle gelide condizioni invernali. L’Azerbajgian ha anche interrotto per diversi giorni la fornitura di gas (fornito dall’Armenia e che attraversa l’area controllata dall’Azerbajgian) all’Artsakh per esacerbare la sofferenza umana.

Scuole hanno dovuto chiudere per mancanza di riscaldamento e gli ospedali hanno dovuto lottare per curare i pazienti congelati, alcuni dei quali non possono ancora essere trasferiti in Armenia per cure salvavita.

Questo blocco non è il primo tentativo dell’Azerbajgian di infliggere massicce sofferenze umane agli Armeni dell’Artsakh.

Negli ultimi 30 anni, l’Azerbajgian ha bombardato gli Armeni dell’Artsakh in tre guerre. Tre generazioni di Armeni dell’Artsakh hanno subito morte e stenti, pogrom e massacri e continuano a vivere sotto la costante minaccia di annientamento da parte dell’Azerbajgian. Ma hanno resistito.

Nonostante la firma della Dichiarazione Trilaterale di cessate il fuoco del novembre 2020, l’Azerbajgian ha perseguito incessantemente vari mezzi per creare condizioni di vita estreme e insopportabili per la popolazione armena del Nagorno-Karabakh, tra cui provocazioni militari, intimidazioni psicologiche e terrore, sparatorie contro edifici civili, e tagliando ripetutamente il gas nelle gelide temperature invernali.

L’Azerbajgian continua a usare ogni strumento del suo arsenale per sterminare e/o espellere gli Armeni dalla loro patria. L’Azerbajgian non accetta che esista un’entità come il “Nagorno-Karabakh” che mostri chiaramente le sue intenzioni genocide.

Il blocco dell’Azerbajgian non è un atto isolato: fa parte di una politica sistematica e coerente volta alla pulizia etnica del Nagorno-Karabakh dalla sua popolazione indigena armena. L’isteria anti-armena, l’incitamento all’odio e l’armenofobia istituzionalizzata rendono dolorosamente chiare le intenzioni dell’Azerbajgian.

Con la sua distruzione e profanazione del patrimonio religioso e culturale armeno, la sua cancellazione di secolari cimiteri e croci di pietra, e la sua cancellazione di tutto ciò che è armeno dai territori attualmente sotto la sua occupazione, l’Azerbajgian sta manifestando non solo la sua politica di pulizia etnica, ma il suo intento di commettere un altro genocidio contro il popolo armeno.

L’Azerbajgian, infatti, non ha fatto mistero di volere il Nagorno-Karabakh senza Armeni. È il territorio che cerca; lo sterminio degli Armeni un mezzo a tal fine. Per gli Armeni questo è un momento esistenziale, una questione di vita o di morte, mentre lottano in condizioni incessantemente insopportabili e disumane per il diritto stesso di vivere nella loro antica patria.

Quello che si sta svolgendo è un genocidio a lenta combustione. Una popolazione di più di 120.000 esseri umani può scomparire, essere completamente liquidata, senza che nessuno ne sia ritenuto responsabile. L’abbiamo già visto accadere agli armeni, ai greci, ai curdi e molti altri.

Il Ministero degli Esteri della Grecia ha invitato “le autorità azere a garantire la libertà e la sicurezza di movimento e trasporto, in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin senza alcuna precondizione in conformità con la Dichiarazione Tripartita del 9 novembre 2020. La popolazione locale dovrebbe essere risparmiata dalle difficoltà e angoscia”.

Tali dichiarazioni e appelli all’Azerbajgian sono stati rilasciati da Unione Europeae Stati Uniti, Canada, Santa Sede, Francia, Cipro, Paesi Bassi, Germania, Svizzera, Regno Unito, Lituania, Estonia, ecc. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite discuterà la questione in una riunione speciale. Tutte queste dichiarazioni sottolineano che la continuazione del blocco minaccia di provocare una catastrofe umanitaria.

In effetti, è già in preparazione, poiché un paziente è deceduto a Stepanakert a causa del blocco. L’Azerbajgian finge di non dare ascolto a quegli appelli e ha fatto circolare due pseudo-argomentazioni:

  1. L’Azerbajgian non ha bloccato il Corridoio di Lachin.
  2. Non è il governo, ma sono degli “ecologisti” a protestare.

Dalle reazioni internazionali è chiaro che nessuno, anche in Azerbajgian, crede a queste argomentazioni.

Mentre il mondo si prepara a festeggiare il Natale o Capodanno quest’anno, la popolazione armena in Artsakh rimane sotto la minaccia imminente di sterminio, isolata e tagliata fuori dal resto del mondo.

È necessaria un’azione urgente e decisa da parte della comunità internazionale per prevenire un’altra sconvolgente tragedia. Il mondo civilizzato e le organizzazioni internazionali specializzate devono intervenire per arginare ogni ulteriore escalation della situazione e salvare il popolo dell’Artsakh dallo svolgersi del genocidio, al quale cercheranno di opporsi con un’ultima resistenza per la sopravvivenza.

[*] Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Grecia, Cipro e Albania.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian rappresenta da tempo le comunità dell’Armenia sotto falsi nomi inventati di Azerbajgian, creando così l’impressione che quei territori dell’Armenia appartengano all’Azerbajgian. La Fondazione Centro per la Legge e la Giustizia “Tatoyan” ha rilasciato al riguardo una dichiarazione.

«Attiriamo l’attenzione della comunità internazionale su questo fatto e affermiamo con sicurezza che questo fa parte della politica ostile e di odio per gli Armeni delle autorità azere, mostra le loro reali intenzioni e aspirazioni nei confronti del territorio sovrano dell’Armenia”, si legge nella dichiarazione.

In particolare, studi della Fondazione “Tatoyan” mostrano che nei rapporti ufficiali del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian Jermuk si chiama İstisu nella loro lingua, Sisian si chiama Qarakilsə, Vaghatur si chiama Vağudi, Vardenis si chiama Basarkeçer, Norabak si chiama Azizli, Verin Shorzha si chiama Yukhari Shorzha, ecc.

Invece, ignorando i nomi storici degli insediamenti armeni dell’Artsakh, cercano di presentarli in false versioni azere, ignorando completamente i diritti e gli interessi del popolo armeno nativo (ad esempio, Martakert si chiama Ağdəra, Martuni si chiama Xocavənd, ecc.).

La dichiarazione afferma che questo fatto è un’altra prova che l’Azerbajgian non si sta preparando per la pace con l’Armenia, inoltre, anche se viene firmato un trattato di pace, questo documento non funzionerà fino a quando la comunità internazionale non adotterà misure efficaci per eliminare la politica di guerrafondaia e ostilità delle autorità azere.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Free Webcam Girls
151.11.48.50